Renato Franco per il ''Corriere della Sera''
Domenica Massimo Giletti chiude su La7 la stagione di Non è l’Arena.
Qual è il suo bilancio?
«Sono già proiettato al futuro, sono sempre alla ricerca del domani e godo poco il presente, però è stata un’annata straordinaria, abbiamo chiuso con una media del 7% di share. Sono orgoglioso del mio gruppo di lavoro».
La scarcerazione di 300 mafiosi, le dichiarazioni del magistrato Di Matteo «fatto fuori» dal ministro Bonafede, la prima intervista a Palamara: nelle ultime settimane ha fatto diversi scoop.
«Io ho un unico obiettivo: tentare di raccontare la verità attraverso le nostre inchieste. La storia di Bonafede conferma che la verità è un’utopia, soprattutto quando tocca il potere dei palazzi. Ho una tristezza personale addosso nel vedere che ci sono ancora troppi misteri: il mantra di Casaleggio era che al minimo dubbio non bisognava avere dubbi. Ma vedo che il palazzo continua a non dare risposte. Sembra di vivere storie passate, il che significa che è cambiato poco o nulla: chi sta al potere prende i germi del potere».
Grazie per l’ottimismo, a sentirla non c’è nessuna speranza.
«Mi è rimasta impressa una frase della moglie di Totò Riina: alla fine scoprirete che i peggiori non siamo noi. Ma noi dobbiamo andare avanti, la speranza è nella foto che ho nel mio studio: gli occhi di Falcone e Borsellino, quel sorriso deve guidarci».
Lei di solito affrontava anche temi leggeri, la pandemia ha cambiato la scaletta?
«Ogni stagione ha un suo percorso, quanto è successo non poteva non influire sul racconto, sarebbe stato stonato e fuori luogo affrontare certi temi: il Covid ha infettato anche la scaletta».
A proposito: con i virologi non è stato tenero...
«La scienza è in continuo divenire, procede per test e tentativi, non arriva subito al risultato: quello che contesto ai Burioni, ai Pregliasco è che non abbiano avuto l’onestà di dire: abbiamo sbagliato».
Lei è uno che divide.
«Ognuno di noi ha un suo modo di essere, io sono un po’anarchico, vado controcorrente. Nella liturgia televisiva questo viene spesso criticato, ma ho un pubblico che mi segue per quello che faccio».
Non ha invitato troppe volte Salvini e Meloni?
«Farne una questione numerica è riduttivo: i politici di sinistra fanno scelte diverse da quelli di destra, che tendono ad andare più spesso in televisione. Zingaretti, per dire, è più cauto, anche se da me è venuto due volte. La vera cosa importante è una: le domande che si fanno».
La Lega la vorrebbe candidato sindaco a Torino, è vero?
«Mio fratello ebbe un voto nullo quando ci fu l’elezione di Mattarella. Mi sembra che in famiglia abbiamo già dato...».
Da lei gli animi a volte sono accesi: è voluto o casuale?
virginia giuffre messaggio a massimo giletti
«Nella tv italiana la dialettica è sempre stata molto accesa, penso che la passione sia sempre un vantaggio, poi gestirla è il compito di chi fa questo lavoro: l’importante è riportare il discorso al contenuto di cui si discute».
La domenica è il giorno più difficile per gli ascolti: la fiction su Rai1, Fazio e Barbara D’Urso...
«Con il calcio sarà ancora più complesso, ma mi sono sempre piaciute le sfide difficili, anche Cairo disse che era una follia, ma io scelsi la domenica per misurami con Fazio».
Perché?
«Misurarsi con i numeri uno è sempre molto più interessante e stimolante. Quando portai La7 al 13% e battemmo Rai1 fu una soddisfazione enorme».
Le piace Fazio?
«Ha tantissimi meriti e un modo di fare tv diverso dal mio: io faccio inchieste, lui fa intrattenimento».
E Barbara D’Urso?
«È un tesoro per Mediaset, è una stacanovista straordinaria, il problema è che se fai tanta quantità inevitabilmente perdi di qualità».