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giorgia meloni festa delle forze armate foto lapresse
Come mai Giorgia Meloni ha deciso di incontrare in modo riservato e irrituale il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli? Un tipino multi-tasking che prima ha provato a farsi candidare dal Pd di Matteo Renzi, poi si è paraculato l'ex ministro della giustizia Andrea Orlando e Luciano Violante (che resta il suo vero mentore), infine è atterrato via Zaia alla Lega di Salvini, con l'appoggio di Graziano Debellini, gran visir di Comunione e Liberazione in Veneto.
La mossa della Statista del Colle Oppio puntava a dimostrare che il Consiglio Superiore della Magistratura, oggi, non sarà più quello visto durante l’epoca dell'egemonia Pd. Con Pinelli al timone, è il ragionamento della Fiamma Tragica di Palazzo Chigi, il CSM può finalmente entrare in contrapposizione, anche polemica, con i magistrati.
Un piano che omette un dettaglio fondamentale: il capo del Csm è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il faccia a faccia tra la premier e Pinelli è stato un colloquio di cortesia, ma è stato organizzato in gran segreto perché è assolutamente irrituale che un premier riceva un “sottoposto” del Presidente senza avvertire prima il Colle.
SERGIO MATTARELLA FABIO PINELLI
E infatti, le toghe hanno interpretato l’incontro come un ''atto ostile''. La consuetudine vuole infatti che il vicepresidente del Csm, quando incontra le autorità, informi preventivamente il Comitato di Presidenza.
Nei Palazzi del Potere ipotizzano che lo scaltro Pinelli abbia avvertito il Quirinale ma solo a livello informale dell’incontro a Palazzo Chigi, ma la sua mossa, evidentemente, non è stata per nulla gradita da Mattarella.
E infatti subito qualche uccellino che svolazza sul Colle più alto ha spifferato tutto a “Repubblica” e “Stampa”. E infatti una comunicazione ufficiale di Palazzo Chigi è arrivata solo dopo la notizia pubblicata dai quotidiani del gruppo Gedi.
alfredo mantovano giorgia meloni
Questo episodio dimostra, per l’ennesima volta, il rapporto complesso, difficoltoso e sempre più zoppicante che il Governo Meloni ha con il Deep State.
Anche Silvio Berlusconi, che voleva cambiare l’Italia e la Costituzione, spesso esondava dai canoni istituzionali, ma aveva la fortuna di avere al suo fianco Gianni Letta, che ammortizzava e normalizzava le sue sparate, curando i rapporti con le istituzioni, la magistratura, gli alti burocrati e le autorità, a partire dal Quirinale.
gianni letta silvio berlusconi
Ora a Palazzo Chigi non c’è più il proteiforme Letta (e nemmeno un Franco Fratini), ma il sottosegretario Alfredo Mantovano, che è molto diverso dall’ex direttore del “Tempo”. Letta infatti conosceva bene Roma, i suoi riti, i sujoi ristoranti, i suoi salotti (Angiolillo in primis).
Non a caso l'Eminenza Azzurrina si era formato alla scuola andreottiana del "'A Fra', che te serve?'' (motto: ''Il nemico non si combatte ma si seduce o si compra. Altrimenti gli avversari si coalizzano e ti fanno il culo...'').
Mantovano invece è l'anti-Letta per eccellenza: schivo, distante dai compromessi, non ama la mondanità, non intrattiene rapporti, lontanissimo dai centri nevralgici e mondani del potere capitolino, dove ci si attovaglia e si smussano gli attriti, e dunque manca un vero referente al Governo Ducioni (come fu anche Franco Frattini per il Cav) per un dialogo tra Deep State ed esecutivo.
FABIO PINELLI SERGIO MATTARELLA fabio pinelli vice presidente del csm foto di bacco