Antonio Riello per Dagospia
antonio riello late modern symbols
A scuola ci hanno raccontato che gli antichi Egizi si arrabattavano a scrivere con i Geroglifici. Era automaticamente implicita la convinzione della superiorità del nostro tipo di scrittura: quello egizio era un sistema assai primitivo e limitato mentre nel nostro mondo (grazie ai Fenici) disponiamo di alfabeti universali facilmente in grado di comunicare qualsiasi idea (anche la più astratta). I "disegnini parlanti" (tecnicamente: pittogrammi) insomma sembravano roba pacificamente consegnata all'Archeologia.
Ma il potere dell'immagine simbolica - pieno di suggestione e di sintesi - è sempre rimasto in qualche modo intatto (e in agguato). L'Araldica ha sfornato per molti secoli stemmi di potere e di appartenenza. Le casate nobiliari e le dinastie regnanti continuano peraltro ad esibirli con inossidabile orgoglio.
I Windsor nel loro blasone, senza dover usare troppe parole, hanno il Leone (che sta per l'Inghilterra) e l'Unicorno (che sta per la Scozia) per chiarire immediatamente cosa è loro. La City di Londra segna ancora oggi i propri confini utilizzando le sculture di un feroce dragone. Come del resto la "Lupa Capitolina" sta per Roma e il "Biscione" per Milano. In un mondo dove l'analfabetismo era comunque endemico la potenza di un'immagine non aveva eguali: più immediata e più democratica (non occorreva saper leggere).
royal coat of arms of the united kingdom
Invece dopo le grandi campagne europee di alfabetizzazione nell'Ottocento la rappresentazione simbolica perde la sua importanza. Solo in una Modernità matura, siamo nei primi decenni del Novecento, la cultura di massa ri-inizia lentamente ad avere a che fare con simboli capaci di veicolare in una solo sguardo identità complesse. Sono le riviste e la grafica pubblicitaria nei giornali che innescano il processo.
Si inizia dai loghi storici delle grandi aziende. Esempio tipico: il tripode iscritto in una cerchio di una nota casa automobilistica tedesca. Con la possibilità di includere, in questo ambito, anche tutti quei loghi industriali dove viene comunque scritto - o accennato - il nome dell'azienda (come nel caso della FIAT o della Coca Cola): le lettere, praticamente cristallizzate nel logo, acquisiscono uno status quasi araldico che trascende il processo della scrittura/lettura.
In parallelo la politica inizia a sfornare icone piene di "valori" per la gente del popolo. La Falce & Martello viene usata fin dal 1848 (!) dai rivoltosi francesi (in lotta contro Luigi Filippo I) per rivendicare l'identità del popolo lavoratore. A seguire partiti Comunisti e Unione Sovietica. I fascisti ci provano con il Fascio Littorio (sembra di derivazione etrusca) e i nazisti con l'infausta Svastica (molto probabilmente di origine asiatica). Perfino i fascisti ungheresi per non essere da meno si inventarono qualcosa: la "Croce Frecciata". Le stelle sono invece per tutti: Stati Uniti e Cina Comunista ne hanno fatto (e ne fanno) un ampio uso.
Ma è la svolta causata dalla recente Civiltà Digitale che ha sminuito drasticamente il potere della lettura e ha potenziato quello delle icone (paradosso: in una situazione di globale alfabetizzazione). Prima attraverso l'operatività del Personal Computer e poi, in particolare, grazie all'uso massiccio di "telefonini" e smartphone. Strumenti di facile ed economico accesso che hanno infatti reso possibile utilizzare una infinita serie di immagini preconfezionate capaci di esprimere non solo concetti complessi, ma anche perfino le loro sfumature.
A partire dalla Generazione Y (i nati cioè tra 1980 e 1994) si è evidenziato in effetti un progressivo allontanamento dalla scrittura, bilanciata da un uso intensivo degli intuitivi e accattivanti "emoticons". Una pratica che, tra l'altro, ha il non trascurabile vantaggio di poter facilmente superare le barriere linguistiche. Un travolgente ecumenismo visuale che rende arcaico e desueto perfino l'uso del Globish (Global English) la lingua del Web.
Di fatto però si sta procedendo speditamente verso una comunicazione visiva High Tech che richiama certi aspetti pre-alfabeto dell'Era Neolitica: i simboli delle chat (spesso oggi anche autoprodotti) consentono un'informazione facile ed intuitiva, ma nel contempo abbastanza selettiva (ieratica, se non addirittura criptica).
In pratica un linguaggio capace - a differenza della scrittura - di escludere neofiti e intrusi. Innocenti ed universali simbolini possono essere re-interpretati grazie a codici specifici con significati noti solo a chi è "nel giro". Lingue segrete (o quasi): un po' quello che succedeva con gli alchimisti e i cultori di esoterismo.
Negli ultimi tempi è l'attivismo politico il grande fruitore di questo tipo di linguaggio. Ad esempio la clessidra-in-un-cerchio è diventato l'emblema condiviso dei movimenti ecologisti più estremi (Extinction Rebellion ed altri). Negli ultimi mesi l'uso di vari emoticon raffiguranti un'anguria è diventato virale. Sta a significare un esplicito appoggio alla causa palestinese (colori e forma richiamano la bandiera dell'Autorità Palestinese), senza però che delle parole accompagnino questa dichiarazione di supporto: un modo per dribblare eventuali censure.
Sempre sullo stesso tema in queste settimane ha iniziato ad apparire un triangolo rosso con la base in alto (era stato anche il segno dei deportati politici nei lager nazisti). Un'epifania attualmente piuttosto gettonata su social e graffiti: significa, nel linguaggio di Hamas e affini, "colpire Israele".
Infine da segnalare la riconoscibilissima silhouette del Kalashnikov (il fucile d'assalto sovietico AK 47) che ha sviluppato una sua propria ambivalenza: può significare speranza e riscossa (è finita anche in parecchie bandiere, compresa quella di Hezbollah e delle FARC colombiane) oppure paura e terrorismo. Dipende solo dalla prospettiva di chi guarda.
Da parte sua, la galassia - più o meno clandestina - dei gruppi di estrema destra ha sviluppato un complicatissimo dizionario visivo ad uso dei social. In Europa furoreggiano le Croci Celtiche e le Lamda Identitarie. Negli Stati Uniti il vocabolario è piuttosto affollato e complesso: il tradizionale segno di "OK" fatto con le mani, su certi circuiti on line, viene ambiguamente tradotto come "WhitePower".
Un personaggio dei cartoon Boys Club, "Pepe the Frog", viene spesso malignamente ri-utilizzato come meme per propaganda razzista (a dispetto del suo creatore). Il Triskele (che ricorda da vicino lo storico simbolo triangolare della Sicilia) chiama a raccolta i suprematisti bianchi e così anche il Valknot (di derivazione scandinava) è un simbolo artatamente "mascherato" di odio razziale. Spesso queste forme di messaggi cifrati diventano anche tatuaggi.
Le derive complottiste e/o "negazioniste" non si fanno certo mancare la loro simbologia, a volte anche ispirandosi a popolari videogame come Assassin's Creed: l'icona triangolare di Abstergo è ormai un classico.
L'ICONOCRAZIA DIGITALE è insomma una realtà. Viviamo tutti all'interno di un dominante "paesaggio di informazione iconica". La maggior parte di noi (sicuramente i meno giovani) fatica in molti casi semplicemente a rendersi conto della sua esistenza. E, al momento, è arduo stabilire se sia un nuovo progressivo "vocabolario visivo universale" per il XXI Secolo o il ritorno di una caotica (ed oscura) Babele.
Per chi volesse approfondire:
1) https://www.adl.org/sites/default (con il HATE SYMBOLS DATABASE)
2) Branding Terror, Artur Beifus & Francesco Trivini Bellini, Merrel Inc, New York
3) Dizionario dei Simboli, Jean Chavalier & Alain Gheerbrat, Rizzoli BUR, Milano
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