Marco Molendini per Dagospia
Le storie disperate spesso possono più del talento. Nel senso che il dramma finisce per prendere il sopravvento su tutto il resto. Succede spesso nella musica piena di vite brevissime e tormentate, lampi accecanti, intensi come la voce di Janis Joplin che grida Try (Just a little bit harder) fino a sgolarsi bruciando le corde vocali.
Mi sono chiesto spesso, come per altri artisti, insomma per quella biografia del maledettismo, quanto pesi sul giudizio l'inquietudine personale, la vicenda di una esistenza affrontata con ferocia, deliberatamente consumata in 27 anni e conclusa con un cocktail di eroina, morfina e Southern comfort.
Se non fosse finita così, quale sarebbe oggi il ricordo di Janis? La domanda, ogni volta, ottiene una risposta inequivocabile, a raccontarla è una discografia brevissima, due album con i Big Brother e due da solista, gonfiata poi dopo la sua scomparsa con 27 fra live e raccolte, e da qualche video dove il suo grido ritrova il corpo, il viso sofferente di una donna più adulta dei suoi anni, incorniciato da una selva di capelli rossi che esaltano il suo spirito primordiale.
la stanza di janis joplin al landmark hotel di los angeles 1
Ecco, allora, la risposta: viene da una Summertime lunare strozzata in gola, dal canto amaro di Piece of my heart, dalla forza lancinante di Ball and chain canzone della blueswoman dell'Alabama Big Mama Thorton o da Me and Bobby Gee di Kris Kristofferson, con cui ha avuto una love story. La storia di Janis non poteva che essere irrimediabilmente questa: veloce come un grido, brutale come la disperazione, spericolata come il talento.
janis joplin alla jefferson high school
Paradossalmente, le vite spezzate aiutano la memoria, che trova la strada spianata dai confronti, i confronti con gli anni che passano, le epoche che cambiano, gli stili che si succedono.
La ragazza venuta dal Texas è spuntata al momento giusto, la sua stella è bruciata in quel triennio in cui è successo tutto, il tempo che ha visto una generazione decisa ad alzare la voce, che aveva voglia di protestare, che considerava lo sballo parte di quella protesta, il sesso come un manifesto, lo slogan peace & love il suo credo.
E lei ha alzato la voce più degli altri, ha protestato, si è sballata, ha esaltato la sensualità, ha lottato per la pace, l'amore e l'uguaglianza. Lo faceva con il suo grido di ragazza bianca che cercava di avvicinarsi il più possibile al graffio dei suoi idoli neri, lo screaming di Otis Redding, la potenza di Bessie Smith, il blues del Delta di Lead Belly, la fierezza di Odetta.
Incarnazione bianca di un destino nero, versione scorretta dell'altra pasionaria della canzone in prima linea di quegli anni, Joan Baez dal canto cristallino, così lontano dal suo rantolo gonfio di angoscia.
Il lamento di una donna confusa, infelice che aveva due sole medicine, la musica e la droga. L'urlo femminile di un'epoca, di una generazione, il primo se si escludono le sue eroine dalla pelle nera che non potevano far altro che gridare per essere ascoltate e per raccontare il proprio tormento.
janis joplin sul palco a woodstock
Si, le vite difficili spesso si sono sovrapposte alle capacità artistiche, a volte le hanno oscurate: il mito che si spalma sull'artista. Il rischio lo hanno corso tutti quei ragazzi del cosiddetto club dei 27, incatenati da un destino comune: da Jim Morrison a Kurt Cobain fino all'ultima maledetta, Amy Winehouse.
Ricordati, rimpianti, celebrati, esaltati, cantati, sfruttati, assicurazione sulla vita dell'industria discografica dove ogni dramma è un business che si basa su un privilegio enorme che appartiene agli artisti: riescono a non morire anche quando muoiono.
Janis Joplin, da quell'ultimo suo giorno infernale, proprio cinquant'anni fa, il 4 ottobre 1970 quando venne trovata incastrata fra il comodino e il letto nella sua stanza del Landmark hotel a Hollywood, è diventata un simbolo, spesso chiamata in causa per paragoni inesistenti (quante volte abbiamo sentito parlare della nuova Janis Joplin appena una si mette a gridare).
jimi hendrix filma janis joplin e sam andrews
Ancora oggi i suoi dischi continuano a vendere, a essere consumati (su Spotify ci sono più di 4 milioni di persone che sentono ogni mese le sue canzoni) e continuano a uscire libri e articoli.
Qualche mese fa è stata pubblicata una biografia molto accurata che proclama l'accuratezza fin dal titolo, Janis -La biografia definitiva, scritta da Holly George Warren, mentre proprio per il cinquantenario della sua scomparsa ecco un'edizione limitata dedicata ai superfan, dove è riprodotto il taccuino con i suoi appunti privati. Ma l'industria del ricordo, lo sappiamo, non vive di soli anniversari.
janis joplin al chelsea hotel 3
Forse, per ricordare la ragazza texana che sorrideva con tutta la tristezza possibile, la cosa migliore, dopo aver ascoltato la sua voce, è sentire Chelsea Hotel #2 di Leonard Cohen. I due si trovarono nella primavera del '68 nell'hotel di New York amato dagli artisti da Patti Smith a Robert Mappelthorpe, a Dylan Thomas, a William Burroghs, a Bukowsky, a Kerouac. Lui viveva nella stanza 424. Lei nella 411.
janis joplin e kris kristofferson
Si incontrarono in ascensore. Sono finiti a letto. Due anni dopo lui ha scritto la canzone per ricordarla: «I remember you well in the Chelsea Hotel/You were famous, your heart was a legend/You told me again you preferred handsome men/But for me you would make an exception»: Ti ricordo bene al Chelsea hotel/tu eri famosa, il tuo cuore era una leggenda/mi hai ripetuto che preferivi gli uomini belli / ma che per me avresti fatto un'eccezione. Ha raccontato di quella notte Cohen: «Le ho chiesto: stai cercando qualcuno? Lei ha risposto: Si, sto cercando Kris Kristofferson. E io: Little Lady sei fortunata, Kris Kristofferson sono io. Erano tempi generosi».
Ha raccontato Janis Joplin di quella corsa in ascensore: «Io vivo in modo facile. Lo fa un sacco di gente. Così ti trovi lì, che ti sbatti, ti dai. E poi, all'improvviso alle quattro del mattino capisci che quel culo flaccido, quel motherfucker sta dormendo accanto a te. Mi è accaduto. Due volte: con Jim Morrison e Leonard Cohen.
HOLLY GEORGE-WARREN - JANIS, LA BIOGRAFIA DEFINITIVA
E' strano, sono gli unici due che mi vengono in mente, fra la gente conosciuta, con cui ci ho provato, senza che mi piacessero davvero... solo perché sapevo chi erano e volevo conoscerli... e tutti e due non mi hanno dato nulla». E' vero Janis consumava la disperazione con la droga e il sesso. Una volta, raccontano le cronache, ci provò con un altro personaggio conosciuto: invitò a cena George Harrison e Pattie Boyd. Guardò George negli occhi e gli disse: «Ho sempre desiderato scoparti». Lui fece appello al suo spirito british: «Se mi dici così, non credo che sarei all'altezza delle tue aspettative»
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