1 – ADDIO A DURANTE NAPOLI E L' AMERICA LE SUE PASSIONI
Antonio D’Orrico per il “Corriere della Sera”
L' apparizione di Francesco Durante assieme ad Alessandra, la ragazza che sarebbe diventata sua moglie, in bianco e abbronzati, splendenti negli occhi e nel sorriso, fece sensazione tra le persone riunite sulla terrazza di un palazzo nobiliare palermitano per la serata di gala del Premio Mondello nel settembre 1985.
Inge Feltrinelli notò nella coppia «qualcosa di Fitzgerald». E anche Bernard Malamud, il grande scrittore vincitore quell' anno del premio, commentò ammirato confermando l' impressione che quel giornalista italiano, profondo conoscitore della letteratura americana, gli aveva fatto durante un' intervista nel pomeriggio.
Francesco Durante se n' è andato ieri mattina all' improvviso, appena dopo il rito dei giornali e del caffè, nella sua Capri o, per meglio dire, Anacapri (una distinzione a cui teneva), dove era nato il 25 settembre del 1952. Poi visse l' infanzia e l' adolescenza a Pordenone coltivando una passione per la musica che quasi soppiantò quella letteraria. Formò anche una band, di cui era il frontman, e fu la vedette di un locale del posto fino a quando lo spodestò un nuovo gruppo. Non c' era gara: erano i futuri Pooh.
Francesco cantava con voce da crooner . Cavalli di battaglia: i Beatles e Cat Stevens. Non era la sua sola virtù. Quella vera, però, era un' altra. Francesco era detentore di una prosa tra le più belle in circolazione: elegante, sinuosa e, nello stesso tempo, aderente alla verità delle persone e delle cose. Sapeva raccontare terremoti (come fece da inviato del «Mattino»), romanzi e scrittori (come fece per «Grazia», «D» di «Repubblica», «Corriere del Mezzogiorno»).
Si divise, equamente, tra giornalismo ed editoria libraria. Fu a fianco, alla fine degli anni Ottanta, di Leonardo Mondadori nella coraggiosa avventura della casa editrice Leonardo. Qui rispolverò Philip Roth (tra i pochissimi allora a considerare già il più grande scrittore americano). E fece risorgere (non c' è altra parola) un autore gigantesco e cancellato come Domenico (don Mimì) Rea. Lo riportò ai fasti che aveva conosciuto nel dopoguerra, spronandolo a scrivere Ninfa plebea , romanzo che vinse lo Strega (per la cronaca), ma che, soprattutto (per la storia), fece riemergere archeologicamente alla luce una civiltà intera, una letteratura preziosa e furente, simile a un culto pagano antico.
Eppure Francesco sapeva essere modernissimo, ultra contemporaneo. Portò per primo in Italia Bret Easton Ellis e Don DeLillo. Scoprì e propagandò John Fante e gli altri italo-americani. E prestò il suo stile da crooner della pagina al più bel libro scritto in questi anni su Napoli, sulla sua meraviglia e la sua dannazione, che intitolò genialmente e laconicamente: Scuorno . Cose che rimangono solide come le rocce dei Faraglioni. Come rimarranno, nel cuore degli amici, le tenere notti ad Anacapri, i bagni proibiti nella Grotta Azzurra, le conversazioni brillanti e interminabili con Giuliano Zincone, Ruggero Guarini e don Mimì. E rimarrà Imagine , come la cantava lui. Addio, fratello mio gentile.
2 – ADDIO A FRANCESCO DURANTE, FIRMA AL SERVIZIO DELLA CULTURA
Titti Marrone per “il Messaggero”
Facciamo così: diciamo che Francesco Durante si è addormentato nel sole abbagliante e ingannevole di una Bella Giornata anacaprese per andarsene da un' altra parte, irrequieto com' era, altrove ma sempre in cerca del bello. Perché scrivere che per un malore improvviso se n' è andato nella sua Anacapri Francesco Durante, che aveva solo 66 anni e ancora tantissimo da dire e fare e inventare, obbliga a un' acrobazia immaginativa difficilissima. Il 2 agosto era tornato ad Anacapri dal festival di Potenza dopo un ritiro nella Torricella Peligna di John Fante dove si era appartato per concludere il suo ultimo libro.
Francesco era un prisma luccicante e un principe della cultura. Scriveva libri e editoriali, organizzava festival letterari, traduceva autori americani e italoamericani, faceva conoscere alla cultura italiana il minimalismo e ne traduceva gli autori, John Fante, Bret Easton Ellis, Raymond Carver e altri, curava Meridiani su Mimì Rea e Fante, lanciava iniziative editoriali, scopriva talenti letterari, musicali e teatrali, incantava gli studenti del suo corso al Suor Orsola Benincasa sulla letteratura italoamericana su cui ha scritto vari libri: insomma apparteneva alla rarissima genìa dei Kulturträger, «portatori di cultura».
Al Mattino, su cui ha scritto solo l' altro giorno un editoriale come sempre mai banale sull' ultimo scempio estetico inflitto a Napoli, arrivò nel 1980, quando era direttore Roberto Ciuni. Aveva 28 anni e già una buona pratica giornalistica, avendo esordito al Messaggero Veneto e al Piccolo di Trieste. Poiché era nato ad Anacapri ma cresciuto a Pordenone, da papà salernitano e mamma caprese, sempre avrebbe conservato quel certo timbro nordico che sulle prime ispirava un po' di soggezione ai colleghi della cronaca regionale.
TRAGHETTATORE
Francesco amava raccontare che il suo traghettatore verso la lingua e la cultura materiale napoletana era stato Michele Bonuomo, e che memorabili furono i primi anni 80, nella redazione Cultura guidata da Carlo Franco: allora, si realizzò uno dei più ricchi inserti culturali mai visti nel giornalismo italiano, il Mattino del Sabato, con la grafica visionaria di Carlo Monti e una redazione scoppiettante.
Prima prese a collaborare con Tullio Pironti guidandolo verso la scoperta di grandi firme, come Bret Easton Ellis di cui nel 1985 tradusse Meno di zero, segnalando anche da critico letterario a una distratta editoria nazionale la new wave del minimalismo. Ma a un certo punto dovette essere proprio la città, oltre che il giornale, a stargli stretta: nei primi anni '90 se ne andò a Milano dove per un po' fu redattore capo nei «femminili» Grazia, La Repubblica delle Donne e Marie Claire.
Finché non avvenne, a Capri, l' incontro con Leonardo Mondadori, che lo nominò direttore editoriale della casa editrice nuova fiammante con il suo nome, Leonardo. Anche lì sfornò titoli importanti, come Ninfa plebea di Domenico Rea.
L' IMPEGNO
Passò a fare il redattore capo centrale al Corriere del Mezzogiorno, per poi tornare a scrivere sul Mattino, da critico letterario. Ma a assorbire molto del suo impegno era la creatura a cui aveva dato vita sette anni fa con Ines Mainieri, Salernoletteratura, quest' anno arrivato a oltre 30mila presenze in dieci giorni di eventi.