ADRIANA, L'ULTIMA MUSA DI HEMINGWAY – IN UN LIBRO LA STORIA DEL LEGAME CHE UNI’ LA SPLENDIDA 18ENNE ALLO SCRITTORE – LUI MANIFESTAVA IL PROFONDO SENTIMENTO PER LEI MA SOSTENEVA DI NON POTERLA SPOSARE "PERCHÉ SONO UNA MERDA E PERCHÉ SONO BLOCCATO DALLE DIFFICOLTÀ DI UN REGOLARE MATRIMONIO CON MISS MARY, CHE PURE AMO”

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Mirella Serri per la Stampa

 

Glielo scrisse più volte ricordando il loro primo incontro: «Per me fu come essere stato colpito dal fulmine». E un temporale c' era veramente quando Ernest Hemingway, ai primi di dicembre del 1948, in prossimità di Fossalta di Piave, fece salire sulla Buick dai sedili rossi la splendida diciottenne tutta gocciolante e intrisa d' acqua. Il «fulmine» si chiamava Adriana Ivancich, aveva occhi da cerbiatta, gambe lunghe e naso appuntito. Era anche dotata di un «torso procace»: lo sottolineò un po' acida Fernanda Pivano, la «voce italiana» di Ernest, traduttrice e grande amica che non apprezzò mai questa giovane donna.

 

Ribattezzata dallo scrittore americano «daughter», figlia, o «black horse», cavallo nero, dal colore dei capelli corvini, la fanciulla procurò al futuro premio Nobel una ferita d' amore destinata a non rimarginarsi («per tanto tempo ho cercato di guarire ma è stato inutile», le comunicò Ernest).

 

Ma la fascinosa e ingenua presenza della giovane («dimmi che mi credi quando ti dico che quando siamo andati la prima volta a caccia insieme non sapevo quasi chi tu fossi e che ho accettato il tuo invito a pranzo perché mi eri simpatico. Mi aveva divertito il tuo berretto celeste», gli scriveva Adriana), fu estremamente stimolante e grazie a lei videro la luce gli ultimi capolavori dello scrittore.

 

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Dal 1949 al 1955 Hemingway le indirizzò una larga messe di epistole: adesso Andrea di Robilant, in Autunno a Venezia (Corbaccio, pp. 320, 19,90), utilizzando proprio questa intensa e appassionata corrispondenza fino a oggi in gran parte inedita (è conservata a Austin presso l' University of Texas) ha ricostruito il legame tra «Hemingway e l' ultima musa» come recita il sottotitolo del suggestivo e intrigante racconto di amore e di morte.

 

Dalla crisi al Nobel Quale fu dunque il vero rapporto che unì Adriana all' autore di Addio alle armi ? Il vecchio «Papa» - come lo chiamavano gli amici - si trovava per un periodo di riposo a Cortina. Ma, dopo il folgorante incontro con l' ex allieva delle suore di Nevers conosciuta attraverso amici comuni, si organizzò per un soggiorno in Laguna. Facendo in modo che la quarta moglie, Mary Welsh, rimanesse nello chalet tra le montagne.

 

Aveva perso la testa per Adriana. Stava peraltro attraversando una terribile crisi: aveva quasi raggiunto la soglia dei 50, era considerato dalla critica statunitense un vecchio arnese, un reperto del passato e faticava a trovare una nuova ispirazione. Il suo matrimonio, come disse ad Adriana, era poi giunto al capolinea mentre lei aveva «sempre più potere sul suo cuore maledetto».

 

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L' intimità tra il corteggiatore americano e la giovane crebbe di giorno in giorno. Dopo una sosta all' Harry' s Bar, la seconda casa del romanziere, si rifugiavano in una discreta gondola dotata di bottiglie di whisky e di un' accogliente cabina. Adriana nel suo libro di memorie La Torre bianca - nome dello studio di Hemingway vicino alla sua villa cubana - parlò di un rapporto platonico. Comunque Ernest, ringiovanito e rinvigorito, riprese la penna in mano e durante la permanenza a Venezia compose Di là dal fiume e tra gli alberi , dove Renata, l' amante del cinquantenne colonnello, era la copia di Adriana (per lo scandalo sollevato dal romanzo lo scrittore ne vietò la pubblicazione in Italia).

 

Tra il 1950 e il '51 la ragazza fu ospitata da Ernest e da sua moglie a Cuba. Ancora una volta ebbe il ruolo di musa: prese forma Il vecchio e il mare , che ricevette il premio Pulitzer nel 1953 seguito dal Nobel nel 1954. Nelle calorose missive indirizzate a Adriana, Hemingway mise a nudo la sua natura estremamente passionale, generosa (anche in termini economici) e contraddittoria: manifestava il profondo sentimento per lei ma sosteneva di non poterla sposare «perché sono una merda e perché sono bloccato dalle difficoltà di un regolare matrimonio con Miss Mary, che pure amo».

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Augurava al suo grande amore di trovarsi un marito ma sperava il contrario, asseriva di volersi dedicare di più all' adorata veneziana che nutriva ambizioni letterarie e componeva versi, ma riconosceva di essere un giramondo inaffidabile. «Mi sei mancata ogni minuto dal momento in cui ci siamo lasciati a Le Havre», «Tu sei la mia vita», declamava con le valigie in mano.

 

«Ho guardato la morte» Dopo due terribili incidenti aerei in Uganda, in cui Ernest e Mary rischiarono la vita, lo scrittore invierà questo biglietto a Adriana: «Non ti ho mai amato così tanto come nell' ora della mia morte». Aggiungendo: «Le due volte che sono morto ho avuto un solo pensiero: vorrei non dover morire per non far soffrire Adriana». Erano parole profetiche: anche Adriana si avvierà sulla strada di un terribile disagio psichico dopo aver saputo che Ernest il 2 luglio 1961 aveva rivolto contro sé stesso la canna del suo fucile. Come lo scrittore, sarà sottoposta a elettrochoc e a 53 anni, nel 1983, uscirà a piedi nudi sul prato della villa tra Capalbio e Orbetello e si impiccherà a un albero. La donna condivise così con Hemingway l' assunto che lo aveva perseguitato tutta la vita: «Morire è una cosa molto semplice. Ho guardato la morte e lo so davvero»

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