Barbara Visentin per il Corriere della Sera
Alle nove di mattina Alice Cooper risponde al telefono con voce energica e pimpante. È in Svizzera, reduce da un concerto con i suoi Hollywood Vampires, eppure sta già facendo interviste da un po'.
«Da quando non bevo, cioè da 37 anni, mi alzo presto tutti i giorni. Dormo solo quattro ore per notte, mentre quando bevevo dormivo molto di più», spiega.
Le nottate brave da vampiro sono lontane. Erano gli anni '70 quando il re dello shock rock, con i suoi occhi cerchiati di nero e l' aria inquietante, dava il via a una sorta di club alcolico-musicale: si ritrovava a suonare in un locale di Los Angeles con altre star e faceva entrare solo chi dimostrava di saper bere più degli altri. Di quegli originali Hollywood Vampires che hanno contato tanti nomi eccezionali (da John Lennon a John Belushi a Keith Moon degli Who), molti hanno perso la vita prematuramente, spesso a causa di eccessi e dipendenze.
Così, nel 2015, Cooper ha pensato di celebrarli, mettendo in piedi un supergruppo cover insieme a Joe Perry, chitarrista degli Aerosmith, e all' attore Johnny Depp, strappato ai set e al codazzo di gossip per tornare al suo primo amore, la chitarra. «È molto divertente averlo nella band - racconta il rocker, 70 anni -.Tutte le ragazze sono protese a fissare il suo lato del palco. Il pubblico è curioso di vederlo suonare e credo che rimanga scioccato quando si rende conto che è davvero un bravo musicista». D' altra parte, rimarca, «io l' ho scelto perché è bravo, non perché è Johnny Depp. Tutti sappiamo che è un grande attore, ma lui è un chitarrista eccellente da ben prima e preferisce stare in una rock band che recitare».
Se il nome di Depp fa da calamita per il pubblico, sul palco il Pirata dei Caraibi vuole stare quasi in disparte, concentrato solo sulla sua sei corde: «L' ho convinto a cantare un paio di canzoni - ride Cooper -, ma ho dovuto insistere perché mi ha detto "io sono un chitarrista, non canto". Allora gli ho risposto: "Ma Johnny, hai fatto Sweeney Todd! Un film in cui hai cantato dall' inizio alla fine...". E lui ha dovuto cedere».
Durante i travolgenti concerti degli Hollywood Vampires - in arrivo a Lucca il 7 luglio e a Roma l' 8 - si può allora ascoltare Johnny che si cimenta sulle note di Heroes di David Bowie. Ma in scaletta trovano posto tanti altri omaggi eccellenti, «Un modo per far rinascere alcuni personaggi del rock e farli sentire ai giovani - racconta Cooper -. Facciamo pezzi dei Doors, degli Who e così via e dovreste vedere le facce dei ragazzi: sono entusiasti».
Fra i brani originali, invece, un titolo emblematico: My Dead Drunk Friends, una dedica agli amici rimasti vittime dell' alcol: «Quando la gente mi chiede cosa non rifarei nella mia vita, rispondo che non comincerei a bere. Ma la verità è che riuscendo a uscirne ho imparato molto su me stesso», riflette Cooper.
Oggi, infatti, i musicisti più giovani si rivolgono a lui come a un consulente: «Quando mi chiamano e mi dicono che hanno un problema, rispondo che sono già a metà strada perché l' hanno ammesso. A quel punto posso consigliare loro di andare da un medico o da qualcuno che li aiuterà per il resto del percorso, ma deve essere il diretto interessato a contattarmi. Se lo chiamassi io sarei solo un altro nemico».
Nella sua generazione, ricorda, «siamo stati molto eccessivi. Potevamo avere alcol, droghe, donne, tutto ciò che volevamo. E ne abbiamo approfittato. Se io e alcuni altri siamo sopravvissuti è perché abbiamo imparato a fermarci.
Ho dovuto smettere di bere 37 anni fa, altrimenti sarei morto come Jim Morrison o Jimi Hendrix».
Oltre a dare nuova vita a questi miti, gli Hollywood Vampires si sono però messi a lavorare sulla loro musica originale: «Abbiamo finito il secondo album, uscirà a novembre o dicembre. Ci sono solo brani scritti da noi, estremamente hard rock - anticipa -. Ne faremo sentire tre per la prima volta proprio ai concerti in Italia. E l' anno prossimo saremo di nuovo in tour».
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