Renato Franco per corriere.it - Estratti
È iniziata con «Vorrei ma non posto», è finita con «Sexy Shop»: otto anni di amore (e poi anche di affari) condensati in due brani, uno per conquistarla, l’altro per mollarla. Il privato che diventa pubblico.
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Fedez aveva cominciato cantando che «il cane di Chiara Ferragni ha il papillon di Vuitton e un collare con più glitter di una giacca di Elton John». Ovvero spargendo la sua ironia sulla donna che ha costruito il suo impero sull’apparenza della moda: «hi guys», selfie, adv e bonifico. Swipe e si ricomincia.
Un mondo in cui lui ha felicemente nuotato, basti pensare al periodo in cui era uno spot ambulante, griffato «Supreme» e il sorriso a bancomat. Perché «comunista col Rolex» — cuore a sinistra, portafoglio a destra — è un autoscatto in cui il suo ritratto è nitido, non perché i soldi siano una colpa, ma l’ostentazione continua, quella sì.
Come l’arte di rivendicare un certo gusto — esagerato — per le contraddizioni. Citava Kurt Cobain quando diceva: «Se vuoi rompere un sistema devi fingerti parte dell’ingranaggio». Il fatto è che uno ci è rimasto schiacciato, l’altro sta fingendo da dio.
In fondo, ma anche in superfice, pure «Vorrei ma non posto» era l’apoteosi della contraddizione — l’invito a vivere piuttosto che a condividere i ricordi — per uno che ha trasformato in reality semi-permanente la sua vita e quella dei suoi figli è ancora una volta un cortocircuito, un ossimoro mediatico.
Di contraddizione in contraddizione: i bambini super esposti durante il matrimonio e ora rinchiusi in un cono d’ombra come mafiosi al 41 bis (prima le foto solo di spalle, ora vietate pure quelle, un giorno li faranno parlare con la voce alterata come nei documentari sui pentiti) in una battaglia legale dove non si capisce di cosa devono discutere visto che sono entrambi ricchi sfondati (lei chiederebbe gli alimenti a lui...).
Bella — detto davvero senza ironia — l’ultima foto insieme sul profilo di Fedez, entrambi a torso nudo, a lui spunta l’elastico della tuta, a lei quello delle mutandine mentre lui le piazza la mano sul culo. Chissà se pensava già che stava sfiorendo (lei, non il culo) come scrive in «Sexy Shop», l’ultima canzone, quella dell’addio. «Una storia infinita che poi è finita, ho male alle dita, perché farci del male è una fede nuziale con il foro d’uscita. Per ogni tua amica assetata di fama eri acqua sorgiva. Mani di fata io ti ho sfiorata e tu sei sfiorita».
Potrebbe sembrare un’ammissione di colpa (il suo tocco nero), ma conoscendo il tipo poco incline a dire chiedo scusa, ho sbagliato, vien da pensare non sia esattamente un complimento. Eppure lui alla Stampa ha detto che crede di «aver scritto le barre più educate e precise che si potessero fare rispetto al rapporto fra me e Chiara.
Nei suoi confronti voglio esprimere solo e unicamente rispetto, perché non ho nulla da dire ed è giusto così. Non ho certo intenzione di buttare merda sulla madre dei miei figli». Salvo poi ammettere: «Quello che ho scritto sarà un po’ cattivo, ma non inelegante».
Giunta all’epilogo, la loro è una storia che racconta meglio di tante altre il mondo di oggi. Se una volta Flaiano scriveva «i fatti miei non li racconto, quelli degli altri non li voglio sapere», oggi viviamo invece in un eterno presente personale, l’ego come merce in vetrina, «appaio dunque sono», quindi «vorrei e posto», la perfetta rappresentazione della società dell’immagine (sempre photoshoppata, che se no uno pensa male) dove conta solo il primo e unico comandamento dei social: non avrai altro Io all’infuori di Me. Due ego di troppo in una vita di coppia.
fedez emis killa 2 chiara ferragni 2 chiara ferragni 1 fedez emis killa 1 fedez 2 fedez