Estratto dell’articolo di Emilia Costantini per il Corriere della Sera
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Una vita lavorativa che inizia con il cambio di nome: da Patrizia Vistarini a Mita Medici. Perché?
«Non fu una mia scelta e, i primi tempi che mi chiamavano col nome d’arte, non mi giravo nemmeno, non capivo che stavano chiamando me. Avevo 16 anni quando venni scritturata per il mio primo film, Estate, accanto a Enrico Maria Salerno e fu il grande Piero Gherardi, che firmava le scenografie, a suggerirmi il cambio nome. Ero stata scelta per aver vinto, l’anno prima, il concorso Miss Teenager Italiana al Piper Club e la pellicola era scandita da brani di musica beat. Piero era sicuro che sarei diventata un mito e allora esclamò: devi chiamarti Mita! Lo guardai sconcertata e replicai: ma che stai a di’? Alla fine, mi convinse».
E il cognome Medici?
«Sul set mi divertivo a parlare in toscano: ho ascendenze familiari toscane, pur essendo una romana de Roma... E pensare che, essendo minorenne, non potei andare a vedere il film che era vietato! Io impersonavo una ragazza che seduceva il compagno della propria madre».
Un esordio molto movimentato, a cominciare dalla celebre discoteca romana...
«Facevo parte di un gruppetto di ragazzine agguerrite e, per entrare, facevamo finta di essere più grandi: all’epoca si diventava maggiorenni a 21 anni! Superammo i controlli all’ingresso, fingendo di essere le nipoti dei fondatori del locale, Crocetta e Bornigia. Una volta la guardia di turno mi chiese il documento e, quando lesse la mia vera età, mi fece cenno di seguirlo in Questura».
Avvertirono i genitori?
«Macché! Il tizio, vedendomi impietrita, si mise a ridere, era uno scherzo, per farmi spaventare».
Passato lo spavento, lei poi diventa addirittura la Ragazza del Piper...
«Quando divenni Miss Teenager, fui mandata a Los Angeles per rappresentare la categoria per l’Italia, e una sera ne combinai una delle mie. Eravamo tante ragazze di varie nazionalità, riunite in un hotel a Hollywood e guardate a vista. Avevo voglia di conoscere la città, eludo la sorveglianza e comincio a vagare finché sento una musica: in un grande spiazzo si stava esibendo una band, dove spiccava un ragazzo con la sua voce forte. Anni dopo scoprii che era Jim Morrison, il frontman dei Doors!».
Come fece a rientrare in hotel? Sempre di nascosto?
«Mentre, estasiata ascoltavo il concerto, mi sento agguantare alle spalle: una guardia dell’hotel mi aveva beccato e mi riportò indietro».
Insomma, Mita la ribelle?
«Certamente una contestatrice... ho vissuto la giovinezza negli anni della grande contestazione e dell’emancipazione. Eppure non ne avevo bisogno, avevo una famiglia tutt’altro che convenzionale».
Grazie al suo spirito libero ha conquistato Califano?
«Fu Gianni Minà a presentarci. Non sapevo chi fosse il Califfo: io 19 anni, lui 12 più di me, tra noi fu un colpo di fulmine. Andammo a vivere insieme, in una palazzina a Roma dove abitavano Renzo Arbore, Shel Shapiro, Bracardi... un’allegra combriccola che condivideva la passione per la musica. Poi accadde che...».
Vi siete lasciati.
«Per una sua stupida bugia. Mi disse che doveva partire per lavoro e invece una sera lo trovo nel ristorante che, oltretutto, frequentavamo insieme, con una ragazza. Un vero cretino: lui resta di sasso, io gli auguro buon appetito e sparisco».
Il Califfo non fece nulla per riconquistarla?
«Andò persino da mia madre, scongiurandola di aiutarlo a convincermi, ma aveva tradito la mia fiducia».
Con Adriano Panatta?
«Un altro amore finito per il suo tradimento: stavolta con Loredana Berté che gli avevo presentato io...».
E con Sergio Rubini?
«Era più piccolo di me, secco secco... Nacque una relazione mentre facevamo uno spettacolo di Andrea Camilleri: una sera, dietro le quinte, mi mise il suo palmo della mano in testa. Lo guardai, pensando: che tipo strano! Abbiamo convissuto, poi mi lasciò per tornare da Tina, una ragazza norvegese con cui aveva avuto una storia».
Poco fortunata in amore?
«Ho avuto storie bellissime, ho ricevuto più di una proposta di matrimonio, ma mi faceva paura l’idea e sono una single incallita. La mia vita è un viaggio».
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