Massimo Sideri per “CorrierEconomia - Corriere della Sera”
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Non è eccessivo definire quello che si consumerà giovedì 4 febbraio, in seno all’Auditel, un evento storico: è la prima volta — di fatto — che si procede all’elezione del presidente, se si esclude la votazione di 32 anni addietro che portò Giulio Malgara ad occuparne la poltrona fino alle dimissioni.
Come fondatore dell’Auditel nel 1984 il suo risultato elettorale era scontato. D’altra parte allora c’era Bettino Craxi al governo, Giovanni Paolo II era solo al sesto anno dei suoi 27 di Pontificato, ed Edwin Moses vinceva i 400 metri ostacoli alle Olimpiadi di Los Angeles. Piccolo particolare ulteriore: mancavano ancora cinque anni all’invenzione da parte di Tim Berners-Lee, allora sconosciuto ricercatore del Cern, del world wide web.
Dunque, dicevamo, un evento storico. Anche se potrebbe essere non meno scontato: dopo lo scandalo dell’Audigate dello scorso ottobre, rivelato dal Corriere , e l’inquinamento del panel delle famiglie da cui dipende lo share dei programmi tv e, dunque, a cascata, gli investimenti pubblicitari, il soggetto forte è l’Upa, presieduta da Lorenzo Sassoli de Bianchi. E proprio il patron della Valsoia sembra in pole position per occupare anche la casella Auditel.
LORENZO SASSOLI DE BIANCHI UPA
C’è un precedente, l’unico possibile: anche Malgara nel 1984 guidava l’Upa. In ogni caso manca poco per scoprirlo: il presidente deve essere votato da Upa, Assocom e Unicom, ma è chiaro che in questo momento di crollo della credibilità dell’audience c’è bisogno anche di un nome gradito un po’ a tutti.
«Largamente condiviso», come si dice nel diplomatese di questi casi. L’Auditel è un piccolo impero, il cui valore economico (per le rilevazioni del 2015 le emittenti televisive hanno sborsato 18 milioni di euro alla società) non rispecchia minimamente il potere che in realtà ha, nascosto com’è nelle pieghe della governance ancor più che nel totem-audience.
Per come è nata, negli anni in cui la tv privata, al tempo sostanzialmente la Fininvest di Silvio Berlusconi, si contrapponeva all’ex monopolista mamma Rai, l’Auditel è sempre stata la stanza di compensazione dello scontro fino a diventare una diarchia contro i nuovi entranti (non è di certo un caso che negli ultimi anni lo scontro più agguerrito sia avvenuto con Sky).
È lì dentro, negli uffici di via Larga a due passi dalla Madonnina milanese, che sono stati lavati i panni sporchi in questi 32 anni. Non è un caso che Malgara fosse da sempre considerato un imprenditore vicino a Berlusconi (rischiò anche di diventare presidente Rai). E forse la sua più grande vittoria del 1984 fu quella di ottenere una sede a Milano, vicino a Fininvest e lontano dalla sede Rai di Roma. Anche se, come detto, ormai la battaglia si consuma su altre direttrici ed è più di difesa condivisa che di sgambetti tra i due super soggetti.
La prima patata bollente del nuovo presidente sarà quella di chiudere la questione dell’Audigate. È in corso, a spese della Nielsen, la sostituzione del panel principale che era stato inquinato (per chi non lo ricordasse un invio di email aveva permesso a blocchi di mille persone di sapere quali fossero le altre famiglie del panel, laddove la segretezza è un elemento inscindibile dall’attendibilità del campione, anche per evitare pressioni). Il risanamento completo è stato promesso per prima dell’estate. E la clessidra si sta svuotando velocemente.