AVETE ROTTO LE PALLE PER GIORNI A CRISTINA D'AVENA POI LEI SUL PALCO DELLA FESTA DI FRATELLI D’ITALIA HA ESIBITO UNA GONNA ARCOBALENO GORGHEGGIANDO LA SIGLA DI “LADY OSCAR” E HA PARLATO DI "AMORE UNIVERSALE", AMMICCANDO ALLA CAUSA GAIA – NONOSTANTE AVESSE DETTO DI AVER ACCETTATO “UN INVITO PER CANTARE, NON PER MILITARE SOTTO UNA BANDIERA”, LA D’AVENA ERA STATA TACCIATA DI POCA COERENZA DALLA SINISTRA E DAL MONDO LGBTQ DI CUI E’ UNA ICONA RICONOSCIUTA – VIDEO

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Concetto Vecchio per “la Repubblica”

 

cristina davena alla festa di fratelli d italia 1 cristina davena alla festa di fratelli d italia 1

Hanno cambiato sarto. Completi ministeriali. Cravatte in maglia di lana. Pose benedicenti. I ministri e sottosegretari di Fratelli d'Italia si sono fatti Stato. Li riconosci perché arrivano con l'assistente al seguito, ma sempre un passo indietro. Di colpo si formano assembramenti, vortici di lodatori. Chi c'è nascosto in quel crocchio?, chiediamo.

 

«È Lollobrigida », risponde un militante campano. Sotto il tendone Francesco Lollobrigida, gran visir dell'Agricoltura, il cognato «di Giorgia», ha una parola per tutti. Quando lo vede arrivare Elisabetta Gardini gli va incontro per la foto ricordo.

 

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Ricercatissimo anche Nello Musumeci. La Sicilia che fu missina vuole salutarlo. «Mittisti a nicchia ie panza », dice Nello a un vecchio conoscente che è venuto ad omaggiarlo, «sei ingrassato»; il signore ossequioso gli presenta la moglie e il figlio, Musumeci mette la mano sulla testa del ragazzino, e all'amico con sussiego: «Mi raccomando, riguardati». Sono scene che si vedevano ai congressi della Dc.

 

Fratelli d'Italia festeggia dieci anni. Kermesse di tre giorni in piazza del Popolo. L'anniversario coincide con la presa del potere.

 

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Scrosci di pioggia da un cielo color petrolio sullo struscio natalizio di via del Corso. Hanno impiantato un enorme tendone con la scritta: «Dieci anni di amore per l'Italia ». Il capo dell'organizzazione - Giovanni Donzelli, 47 anni, faccia da scugnizzo - corre da un punto all'altro. «Donzelli!», lo evoca Ignazio La Russa quando sale sul palco. «Dov' è Donzelli? Facciamogli l'applauso, ha lavorato come un matto». E non si capisce se parla Gnazio o Fiorello. Il presidente del Senato duetta con Bruno Vespa, La Russa gli dà del tu, più tardi il ministro Piantedosi risponderà alle domande di Maurizio Belpietro.

 

Dibattiti iper istituzionali, uno rimpiange il vento ribaldo di Atreju, anche se La Russa non si contiene: invoca il semipresidenzialismo, rivela che Berlusconi fu contento della scissione, ringrazia l'opposizione che l'ha votato, insiste con la mini naia; come se fosse il capo politico e non la seconda carica dello Stato. «Non sono un semaforo», si difende. «In aula darò più ragione all'opposizione che alla maggioranza, ma fuori dirò sempre la mia».

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Per il resto è come se un mese di governo avesse mutato l'antropologia, reso più patinati i gesti. Il potere leviga. Anche i giovani volontari con le tute blu sembrano disorientati dinanzi al cambiamento.

 

Il tendone è pieno zeppo, va detto, ma di ceto politico. Sparuti bambini giocano nella casetta degli elfi. Sono spariti gli hobbit. «La piazza è la casa dei patrioti», si legge in un tazebao che racconta per immagini l'irresistibile ascesa dell'estrema destra nostrana: dall'1,96 per cento preso nel 2013 a palazzo Chigi. C'è pure un cartonato sgradevole con la scritta «Candidati anche tu alle primarie della sinistra: occhi di tigre, soldi dal Qatar, stivali di Soumahoro, cane della Cirinnà».

 

Pochi vi badano. La sinistra è all'anno zero e FdI, recita l'ultimo sondaggio, sopra il trenta per cento. Infatti il vecchio Riccardo De Corato, prima tessera del Msi nel 1967, rimpiange «i comunisti come Quercioli, avversari duri che conoscevano la politica, andavano a Mosca e tornavano che parlavano con la esse sovietica, però li dovevi temere, questi del Pd che mi tocca ascoltare a Montecitorio mi annoiano. Per non parlare dei Cinquestelle.

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Anche La Russa sembra rimpiangere quei tempi là. Dice: «A Milano quando ero ragazzo, il prefetto Mazza censì ventimila militanti di sinistra e mille ragazzi di segno opposto: noi».

 

La prima giornata tiene banco per l'esibizione di Cristina D'Avena, criticata sui social. Si è difesa: «Da quarant' anni canto in tutti i posti dove sono ben voluta e accolta. Nelle piazze dei paesi, nei palazzetti delle città, nei teatri, in televisione, nelle feste Lgbtq+ e anche alle Feste dell'Unità». Era con Federico Palmaroli, in arte Osho, il vignettista del momento. Ma la vera star è Giorgia Meloni, si capisce. Parlerà domani pomeriggio. Per i suoi è come Messi. Nel menzionarla suonano la fanfara. Musumeci non lesina aggettivi col cronista: «Determinata, tenace, preparata ». Una la cui preparazione «mette in crisi gli avversari». Oggi sono attesi Crosetto e Tajani, Nordio con Travaglio, Tremonti con Giletti. E Calderoli.

 

Il clou però è il dibattito sul «nuovo immaginario italiano», con il ministro della cultura Sangiuliano che ha radunato Alessandro Giuli, Pietrangelo Buttafuoco. E Pupi Avati. Urge ripassare Gli intellettuali di Gramsci.

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