Lena Dunham per La Repubblica
Venni a Hollywood che avevo 23 anni. Avevo fatto un film a basso budget, vinto un premio in un festival prestigioso, trovato un agente e fatto un contratto con una tv, tutto nel giro di sei mesi. Sapevo, nei limiti in cui una ventitreenne può sapere qualcosa, che le cose mi stavano andando parecchio bene.
Rimbalzavo da una riunione all' altra con la gioia di Cenerentola al ballo. Queste riunioni, quasi sempre con uomini, erano piene di atti di sessismo spicciolo: mi suggerivano di scrivere una commedia incentrata sul «modo in cui il ciclo delle donne si sincronizza e diventano pazze per una settimana », erano cene che andavano avanti troppo a lungo, con la costante insistenza che dovevo essere «pronta a tutto a letto».
La scorsa settimana è venuta fuori la notizia che Harvey Weinstein molestava donne da anni. Abusi, minacce e coercizioni sono la norma per molte donne che cercano di fare affari o di fare arte.
Weinstein sarà anche l' uomo più potente mai smascherato come predatore sessuale a Hollywood, ma di certo non è l' unico a cui sia stato consentito di fare il bello e il cattivo tempo. Il suo comportamento, tacitamente ratificato per decenni, è un microcosmo di quello che succede da sempre nella Mecca del cinema, e di cosa significa per una donna, in qualsiasi contesto, essere molestata sul luogo di lavoro.
Hollywood ha un' altra occasione, l' ennesima, per dire con chiarezza cosa dovremmo e non dovremmo accettare come società. Siamo un' industria che tende a sinistra e non tolleriamo che gli abusi sessuali siano trattati come "chiacchiere da spogliatoio". Allora perché questo assordante silenzio, soprattutto da parte degli uomini del settore?
Ignorare i comportamenti sbagliati rimane la mossa tipica degli uomini di Hollywood. Sento storie, dalle vittime stesse, in quantità tale da trasmettere la netta sensazione di una distopia. L' anno scorso sono stata sessualmente molestata dal regista di uno spettacolo, e la risposta dei poteri costituiti è stata di difenderlo, indagare ferocemente sulle donne e aspettare secoli prima di farlo andare via.
Le accuse contro Weinstein, così chiaramente tratteggiate e così assolutamente raccapriccianti, sembravano impossibili da contestare o ignorare. Mi aspettavo che la reticenza che hanno sempre mostrato gli uomini potenti di Hollywood sarebbe stata spazzata via di fronte alla rivelazione di questo segreto di Pulcinella.
Parlo degli uomini perché sono quelli che hanno meno da perdere e più possibilità di cambiare le cose. Ma dopo giorni siamo ancora qui che aspettiamo che i collaboratori più potenti di Weinstein dicano qualcosa. Qualunque cosa. Voi, uomini di Hollywood, di cosa siete pentiti?
Cosa vi rifiuterete di accettare ancora? Che cosa direte per riempire il vuoto e cambiare lo standard? Siete spaventati perché avete accettato un incarico in un comitato organizzatore, o un bicchiere di champagne e una pacca sulla schiena?
Siete imbarazzati perché comparite in una foto accanto a lui o perché lui ha donato soldi alla vostra organizzazione o vi ha fatto ottenere la nomination all' Oscar? Partite dal presupposto che la faccenda è triste, ma non un vostro problema? Sfortunatamente è un problema di tutti noi.
Il problema degli agenti, che mandavano le loro clienti a incontrarsi con un uomo che sapevano essere un predatore sessuale, che le palpeggiava sul set dei suoi film. Il problema dei produttori, che chiudevano gli occhi Il problema degli attori, che sentivano le voci, ma tornavano nei loro camerini a giocare a "fantafootball".
Il problema dei media specializzati, che non pubblicavano quello che scoprivano perché temevano di perdere il favore di Weinstein. Non è, come qualcuno ha insinuato, il problema delle donne che hanno paura di rivelare pubblicamente le loro storie o che hanno raggiunto un accomodamento finanziario con Weinstein.
Il silenzio di Hollywood non fa che rafforzare la cultura che impedisce alle donne di parlare. Quando rimaniamo zitti, stiamo mettendo un bavaglio alle vittime. Fare rumore serve a far cambiare le cose. Far cambiare le cose è il motivo per cui raccontiamo storie. Non vogliamo dover raccontare storie come questa ancora e ancora. Fate sentire la vostra voce.