Federico Pontiggia per il “Fatto Quotidiano”
Uno spettro si aggira per il cinemino nostro: e se poi tanto cavalli di razza non fossero? Se Garrone, Moretti e Sorrentino, già allegramente maltrattati dal Festival di Cannes, non avessero poi partorito tutti ‘sti capolavori? Boh. Anzi, bah. Il pubblico ignorantissimo ma sovrano propenderebbe per il certificato di mediocritas, e nemmeno aurea: se il metallo nobile sulla Croisette non è pervenuto, il box office patrio non ha lavato l’onta. Poveri loro e, sì, poveri noi.
Alla non-notizia dell’inserimento in Concorso a Cannes 68, i tre moschettieri si abbracciarono compatti a uso fotografico, ma sappiamo com’è finita: tre a zero, Palma al centro, ovvero alla Francia (Deephan di Jacques Audiard). Non per infierire, ma i registi de Il racconto dei racconti, Mia madre e Youth forse se la sono cercata: il mezzano Nanni sicuramente, perché come altrimenti si dovrebbe leggere il suo “Da Cannes accetto tutto” inopinatamente proferito alla vigilia?
Fatto sta, il festival di Thierry Fremaux l’ha preso in parola, estendendola a Matteo e Paolo: tre scippati forse, certamente tre ignorati, almeno a dar retta alla giurata picassiana per fattezze e almodovariana per filmografia Rossy De Palma. Se in Francia li hanno trascurati, la pacca sulla spalla del botteghino nostrano non è così stentorea:
su Mia madre l’effetto Cannes è stato trascurabile, e alla settima settimana di programmazione veleggia verso (3.414.797 euro) i tre milioni e mezzo, ben distante dai sei milioni e otto de Il Caimano e dai cinque e otto di Habemus Papam;
Il racconto dei racconti, costato dodici (e quel meraviglioso incosciente di Garrone li ha messi anche di tasca sua), s’è timidamente affacciato (2.511.773 euro) oltre quota due milioni e mezzo, sancendo la disaffezione del nostro pubblico per il fantasy che non sia Tolkien visto da Peter Jackson o Game of Thrones, il nanismo endemico al nostro sistema produttivo (due camere e tinello per le commedie; due pianti e un cero per i drammi) e la grave discrasia percepita tra genere e autorialità;
Youth – La giovinezza è per distacco il capofila, e con 4.677.459 ha nel mirino Il giovane favoloso di Mario Martone, che con oltre sei milioni è il campione nazionale della stagione per qualità artistica e quantità di incassi.
Reduce dal trionfo ai Nastri d’Argento e ai Ciak d’oro, il biopic leopardiano è il più serio contendente di Mia madre nella corsa all’Oscar per il film straniero: la traduzione italiana di Best Foreign Language Film è invero erronea, tanto che tra i tavoli dei Ciak, i premi del mensile diretto da Piera Detassis, si discettava di chi tra Sorrentino e Garrone potesse meglio rappresentarci nella corsa agli Academy Awards. Ebbene, nessuno dei due: i loro film sono parlati in lingua inglese, semmai concorreranno alla pari con americani e anglofoni tutti.
matteo garrone il racconto dei racconti a cannes 2
Tutto il resto è Checco Zalone, l’atteso salvatore della patria, il solo che possa levarci da questa terra di mezzo di premi mancati, incassi non pervenuti e galli spiumati di un pollaio sempre più piccolo.
GENNARO NUNZIANTE E CHECCO ZALONE
Ora arriveranno i David di Donatello e i Nastri a suturare l’orgoglio ferito, poi – e le avvisaglie ci sono già tutte – la consueta siccità estiva, che la stagione ormai dura da ottobre a maggio: sotto l’ombrellone i sempiterni Vanzina, un pugno di blockbuster (Jurassic World, l’ennesimo Mission Impossible), scarti di magazzino e il nulla. Finché non arrivi Checco nostro, con la collaudata coppia Gennaro Nunziante (regista) e Pietro Valsecchi (produttore), l’inedita triade Norvegia, welfare e posto fisso e la solita, cara, vecchi missione: levare le pezze dal culo al cinema italiano tutto.
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