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1 - WASHINGTON POST, ROBERT WINNETT NON SARÀ IL NUOVO DIRETTORE
Will Lewis e Robert Winnett - washington post
(ANSA) - Robert Winnett "ha deciso" di non accettare il posto di direttore del Washington Post che gli era stato offerto dal Ceo Will Lewis. Lo ha reso noto il quotidiano della capitale americana. Sia Winnett che Lewis nelle ultime settimane erano finiti nella bufera per pratiche giornalistiche poco etiche nel corso del loro lavoro con media britannici. Winnett restera' al Daily Telegraph dove ricopre il posto di vice direttore: "Siamo felici che abbia deciso di restare con noi", ha detto Chris Evans, il direttore della testata vicina ai Tory.
L'annuncio di oggi fa seguito a settimane di bufera al Post, scatenate dalle dimissioni di Sally Buzbee, la prima donna al timone del giornale. La Buzbee aveva lasciato il posto dopo aver litigato con il Ceo Lewis quando lui le aveva detto che mettere il piazza il suo nome come parte in causa in vecchi scandali del gruppo Murdoch in Gran Bretagna "non faceva notizia".
Poco conosciuto nel mondo dei media degli Stati Uniti, Winnett era stato nominato due settimane e mezzo fa da Lewis che lo aveva 'cresciuto' come reporter investigativo al Sunday Times e al Daily Telegraph. Lewis a sua volta era stato chiamato in novembre dal proprietario del Washington Post Jeff Bezos per rimettere in sesto le fortune economiche del giornale che solo l'anno scorso ha registrato perdite per 77 milioni di dollari. "Rob Winnett e' un uomo di talento. La loro perdita e' un guadagno per noi", ha detto Evans nel memo allo staff del Daily Telegraph di cui oggi il Washington Post ha dato notizia.
2 – UN «AUTO-WATERGATE» DENTRO IL WASHINGTON POST: GUERRA PER IL FUTURO DEL GIORNALE
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Era cominciata come la protesta di una redazione considerata a lungo una gloria nazionale – quella del Washington Post, il giornale che mezzo secolo fa sfidò Richard Nixon costringendo il presidente degli Stati Uniti a dimettersi per lo scandalo Watergate – per la rimozione della sua prima direttrice, Sally Buzbee: lite aperta con William Lewis, l’arcigno amministratore (ed ex managing editor del Wall Street Journal di Rupert Murdoch) chiamato a gennaio da Jeff Bezos a rimettere ordine in un giornale in crisi.
Il miliardario che 11 anni si presentò come editore filantropo, ora, non più affascinato da quella storia gloriosa, guarda ai numeri ed è stufo di ripianare perdite. E, allora, fuori la Buzbee, dentro un direttore americano transitorio fino alle presidenziali del prossimo novembre. Poi arriverà Robert Winnett, britannico come Lewis, che sarà il nuovo direttore. […]
La redazione è infuriata perché la direttrice che è stata messa alla porta ha fatto per tre anni un ottimo giornale che ha vinto sei premi Pulitzer. Un giornale che ha perso metà della sua audience dal 2020, mentre i conti dell’ultimo anno sono in rosso per 77 milioni di dollari, replica Lewis che davanti all’assemblea dei redattori parla di revisione radicale del modo di fare informazione e di ampio ricorso agli strumenti dell’intelligenza artificiale.
[…] sotto la brace ha continuato a covare il fuoco di un allarme anche politico per la «britannizzazione» della stampa Usa (direttori inglesi anche in molte altre testate, dal Wall Street Journal al Daily Beast, a Bloomberg) e, soprattutto, per l’arrivo di un amministratore e di un direttore conservatori in una testata che è sempre stata progressista.
Ed ecco divampare un nuovo incendio: il New York Times e lo stesso Washington Post hanno messo in pista squadre di giornalisti investigativi e nel week end sono usciti sulle due testate articoli che ricostruiscono le carriere di Lewis e Winnett.
Successi e molte luci, ma anche le ombre di professionisti di rango che, divorati dall’ambizione, ignorano le regole etiche del giornalismo, usano metodi illegali per raccogliere informazioni sui «ricchi e famosi», versano centinaia di migliaia di sterline a informatori che rubano notizie e documenti su personaggi di grande peso: dagli ex premier Tony Blair e Gordon Brown a Paul McCarney a un ex capo dell’MI6, il servizio segreto di Sua Maestà britannica.
Lewis, che viene dai giornali di Murdoch, 12 anni fa è stato anche coinvolto nello scandalo che ha spinto il principe Harry, un membro della famiglia reale, a denunciare il gruppo dell’editore australiano, sostenendo di essere stato spiato. Impegnatosi davanti alla redazione a rispettare l’autonomia dei giornalisti, l’amministratore delegato del Washington Post, arrivato da pochi mesi, era già da tempo nel mirino: è accusato di aver fatto pressioni interne per evitare che le notizie sul caso giudiziario britannico che lo coinvolge finissero sul suo giornale.
Che, ad esempio, ha ignorato la richiesta del principe Harry e dell’attore Hugh Grant di coinvolgere anche Lewis nella loro azione legale contro il gruppo Murdoch.
Pare che il capoazienda avesse anche scoraggiato la Buzbee dall’indagare sul suo controverso passato giornalistico dopo le prime indiscrezioni pubblicate dal Npr, il sito della radio pubblica Usa. Cosa che metterebbe sotto tutt’altra luce anche l’uscita di scena della prima direttrice della storia del quotidiano.
Ora, in piena tempesta, Lewis non ha potuto impedire che i suoi stessi redattori indagassero sul suo passato. L’inchiesta, firmata da quattro dei più esperti giornalisti investigativi, ricostruisce parte di quelle oscure vicende di vent’anni fa attraverso le bozze di un libro mai pubblicato scritto da John Ford, un attore fallito diventato informatore di Winnett, reo confesso di aver rubato e trasmesso alle sue testate informazioni usando metodi illegali.
Una storia che va avanti per anni, coinvolge anche Lewis e si dipana attraverso due giornali conservatori britannici: il Daily Telegraph (del quale ancora oggi Winnett è vicedirettore) e il Sunday Times di Murdoch. Lewis, Winnett e Ford si sono rifiutati di collaborare alle inchieste del Post e del New York Times.
Ora i giornalisti del Post chiedono al loro capoazienda di rispondere a una serie di domande sulla correttezza dei suoi comportamenti etici. L’hanno messo con le spalle al muro o sta per arrivare la controffensiva di un publisher che dal 2014 a poco tempo fa ha guidato il Wall Street Journal senza mai comprimere l’autonomia dei giornalisti? E Bezos, che tiene molto alla sua immagine, come si comporterà: ingredienti per un altro serial televisivo alla Succession. Ancora in piena evoluzione.