Estratto dell’articolo di Paolo Festuccia per “La Stampa”
Stavolta la toppa è peggio del buco. A Palazzo Chigi si corre ai ripari, a viale Mazzini diranno che è colpa dell'ultimo burocrate della Rai che mette sulla stessa bilancia uno scrittore come Antonio Scurati con l'ultimo corrispondentino della provincia, altri rilanceranno che mille 800 euro per un testo di un minuto (o poco più) sono troppi soldi ed è eticamente sbagliato, e altri ancora che dietro la manina del burocrate impiegato c'è invece la mano lunga di chi muove i fili di viale Mazzini per conto della premier Giorgia Meloni. Tutto e il contrario di tutto.
C'è un dato che però non sfugge: se Giorgia Meloni "corre" ai ripari pubblicando sui suoi profili social il testo della scrittore c'è allora il segno che chi governa e, forse, pensa di governare in futuro la Tv pubblica per conto della destra è più realista del re. E forse dannoso per il re, in questo caso la regina.
Certamente, chiunque abbia mosso le fila, se c'è un regista, perché se non ci fosse sarebbe anche peggio, è un «dilettante alla sbaraglio» si commenta nel quartier generale della Rai.
Ma se l'Amministratore delegato, Roberto Sergio non sapeva «di quanto è accaduto o stava accadendo», qualcun altro certamente sapeva. In due, comunque, la Rai non si governa. «Lasciamo stare, questa questione, quello che è accaduto non può finire qui…». Roberto Sergio è imbufalito: «Per lunedì ho chiesto una relazione, saranno presi provvedimenti drastici». È in treno, con la linea telefonica che va e viene.
Sembra assurdo ragionare di censura per un grande scrittore che vende migliaia di copie con i suoi libri come Antonio Scurati. Eppure però è così. «Surreale – dice Roberto Sergio – surreale come sia potuto accadere, è necessario approfondire e dare risposte. Chi ha sbagliato paga». Non solo per il «come», ma anche «per il fatto in sé». Pausa, «evidentemente per problemi burocratici aziendali». Ma quali problemi burocratici? Scurati e il 25 Aprile possono essere «problemi burocratici?».
Mah. «Nessuno mi ha informato. Ho appreso del caso Scurati dal post che la giornalista Serena Bortone ha pubblicato profili social». Punto. «Si doveva agire diversamente». E come? «Possiamo anche discutere sulla richiesta di mille e 800 euro per un minuto in trasmissione, se fosse esagerata o meno o non compatibile con gli standard Rai, e quindi anche eticamente inaccettabile, ma certamente non lo avrei censurato».
Come dire, e da qui, la necessità di chiarire cosa sia accaduto, «se avessi avuto contezza» sulla trattativa con lo scrittore, «la questione avrebbe avuto un esito diverso». «Io lo avrei mandato in onda e avrei chiesto a Serena Bortone, nel caso fosse stato necessario, un riequilibrio ai sensi della normativa che disciplina la par condicio…».
Ma il problema, «il nodo è un altro - riprende l'amministratore delegato della Rai –. Da settimane la Rai è vittima di una guerra politica quotidiana con l'obiettivo di distruggerla». Già. Ma chi vuole distruggerla? Il governo? L'opposizione pare difficile, visto che in questa fase non tocca palla e anche il cosiddetto fortino di Raitre è stato letteralmente smantellato in meno di due anni con buona pace di chi ha fatto armi e bagagli e ha traslocato (non ultimo Amadeus prima ancora Fabio Fazio, Massimo Gramellini), e allora chi?
Roberto Sergio da consumato democristiano non indica tracce né identikit dei presunti mandanti e killer di viale Mazzini, ma rilancia: «Io non ho mai ricevuto interventi o telefonate dalla maggioranza di governo per condizionare scelte su programmi, conduttori o argomenti di qualunque genere» ma resta difficile, comunque, credergli.
Nella storia della Rai, tutti i leader politici chiamano, spingono e condizionano. Certamente, alla Rai i nemici non sono mai mancati ma forse stavolta, se ci sono mandanti per «uccidere la Rai» come sostiene Roberto Sergio, forse vanno ricercati tutti al settimo piano.
giampaolo rossi roberto sergio carlo conti foto di bacco
È lì, infatti, che si consumano le scelte, è lì nel cuore del potere di viale Mazzini che si disegnano scenari, ed è lì che nascono e muoiono carriere. E forse dopo l'ennesima, clamorosa gaffe "politica" sul caso Scurati, anche il governo, che è il vero azionista della Tv pubblica (secondo la vigente legge), sarà costretto a rivedere qualche piano.
Non solo sul fronte della possibile futura governance, ma anche su quello delle risorse che con il taglio del canone hanno subito una considerevole sforbiciata: e senza risorse, senza format, e con gli artistiche che scappano tentati da concorrenti e competitor globali la corsa della Rai rischia di arrestarsi.
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