“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti” e pubblicato da “Italia Oggi”
(http://www.stefanolorenzetto.it/telex.htm)
Incipit di un editoriale dell’ex ministro Giovanni Tria sul Sole 24 Ore: «Nella ripresa economica che, con forza differenziata, è in atto nelle principali economie, si aggira un convitato di pietra: l’inflazione».
Quello che si aggirava per l’Europa, se non ricordiamo male, era uno spettro (del comunismo, secondo Il Manifesto di Karl Marx e Friedrich Engels), sicuramente assai più agile del convitato di pietra.
Quest’ultimo, più che aggirarsi, giaceva nella tomba, dalla quale il drammaturgo spagnolo Tirso de Molina lo fece uscire nel 1616 per trascinare all’inferno Don Giovanni, con grande soddisfazione di Molière, Lorenzo da Ponte, Wolfgang Amadeus Mozart, Carlo Goldoni e altri, che in seguito s’ispirarono al personaggio assassinato riapparso come statua sepolcrale.
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Sul Fatto Quotidiano, nella sua rubrica Il chierico vagante, Fabrizio D’Esposito si occupa del cardinale Raymond Leo Burke e dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, schierati «sul fronte antibergogliano».
A proposito del secondo, si legge che «la multiforme galassia farisea e clericale dei cattolici ha assunto come proprio manifesto un’altra sterminata lettera del monsignore intitolata Libera nos a male, “Liberaci dal male”».
Tutto si può dire di Viganò, tranne che non conosca il latino e il Pater noster. Infatti la lettera del presule s’intitola Libera nos a malo. Più che un chierico vagante, D’Esposito pare un chierico svagato.
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«La mia mente non ha azzerato il sequestro ma la mia vita prima». Così La Verità titola un’intervista con Augusto De Megni, sequestrato all’età di 10 anni dall’Anonima sarda, vincitore nel 2006 del reality show Grande fratello.
Premesso che la «vita dopo» del soggetto in questione ci pare persino peggio, constatiamo che in certe redazioni non è in uso l’italiano che fu di Giacomo Leopardi («A patto di riavere la vita di prima», Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere) e Luigi Pirandello («Ma a tutti ormai pare così, la vita di prima, signora Cia!», Come tu mi vuoi).
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Repubblica online, ore 12.30: «Roma, crolla il tetto di una palazzina: la diretta». Cavolo! Devono avere un informatore «in Altissimis».
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Didascalia dalla Stampa: «Umberto Bossi mentre legge un giornale in clinica dopo il ricovero per l’ictus celebrale che lo colpì nel 2004». Dev’essere quello che ti coglie durante la celebrazione della messa.
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Titolo sopra la testata del Fatto Quotidiano: «Record di assunzioni “stagionali” nel 2021: nei primi sei mesi sono stati ben 500 mila. Chissà se i liberisti del divano e i nemici del Rdc ne daranno notizia». Se lo faranno, si spera che rispettino il genere del verbo, visto che assunzioni è femminile.
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In un intervento scritto per Il Giornale, Silvio Berlusconi sostiene che la civiltà dell’Europa e dell’Occidente è nata «dall’incontro fra il pensiero giudaico-cristiana e la cultura greco-romana». Il gender dilaga.
Poco più avanti l’ex premier aggiunge: «Questo è il grande insegnamento del messaggio cristiano rivolto a tutti, credenti e non». Ma l’avverbio negativo olofrastico (detto così perché, da solo, costituisce un’intera frase) in italiano è soltanto no. Quindi bisognava scrivere «credenti e no».
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Nel recensire su Tuttolibri della Stampa il libro L’invenzione degli italiani di Marcello Fois, il critico letterario Ernesto Ferrero annota: «Esilarante il racconto iniziale del De Amicis ventenne, reduce da Custoza, che va a trovare il vecchio Manzoni abbigliato da giardiniere e si commuove sino alle lacrime».
Tenuto conto che Edmondo De Amicis si collegava «direttamente al messaggio civile dei Promessi sposi», come scrive Ferrero, non si capisce perché un simile fatto susciti «ilarità, allegria» e risulti «divertente, spassoso» (sono le definizioni che lo Zingarelli 2022 dà dell’aggettivo esilarante). Tutto previsto in Cuore, comunque: «Quell’infame sorrise».
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Da Libero, editoriale del direttore Alessandro Sallusti: «Strano davvero questo silenzio, per di più da parte di testate che non hanno mai lesinato a fare paginate di documenti giudiziari».
Lesinare è vero transitivo, come ci ricorda Giovanni Verga: «Gli lesinava le buone parole e tutto il resto» (Per le vie. Il canarino del n. 15); «Gli lesinava il soldo per la pipa» (Per le vie. L’osteria dei “Buoni amici”). La costruzione più corretta era a portata di mano: «Non hanno mai lesinato paginate di documenti giudiziari».
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Titolo della rubrica Tuttifrutti di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera: «Il murales coperto con tanta ipocrisia». Come evidenziato più volte in questa rubrica, murales è il plurale dello spagnolo mural, perciò non va usato in riferimento al singolare, come in questo caso.
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Dalla Gazzetta di Mantova: «Secondo Raduno città di Mantova ieri organizzato dal club auto e moto storiche 8Volanti Tazio Nuvolari. Le auto storiche si sono ritrovate in piazza Sordello e alle 10 sono partite verso Colorno, dove hanno pranzato e visitato la reggia». Immaginiamo che il desinare sia stato a base di gas e carbonella. Di sicuro la visita era guidata.