Mario Giordano per “la Verità”
Caro Belpietro, scusami se ti importuno per un fatto personale, ma ci tenevo a dirti che sono stato censurato. No: stavolta non sono stati i poteri forti dell'economia e della politica, che ci hanno provato tante volte con noi (e tu lo sai bene): stavolta è stato l'Ordine dei giornalisti. Il Consiglio di disciplina della Lombardia, infatti, l'altro giorno ha deciso di impartirmi una bella «censura», una sanzione che già dal nome la dice lunga sulla sua assurdità.
L'Ordine dei giornalisti che, in teoria, dovrebbe battersi per la libertà di espressione, in ogni sua forma e modalità, scende invece in campo per dispensare censure, mettendo il bavaglio a chi esce dal sentiero del politicamente corretto. La mia colpa, infatti, sarebbe quella di aver dato spazio nella trasmissione che conduco su Rete4 a Vittorio Feltri. Il reato gravissimo che si configura, quasi una novità assoluta per il diritto internazionale, è quello di «incauta ospitata». Mentre lo scrivo rido per non piangere.
Lo so, caro Belpietro, che considerati i rapporti che intercorrono fra voi due ultimamente, anche tu vorresti condannarmi per avere invitato Feltri. Ma, avendo lavorato con te per tanti anni e avendo la fortuna di stare al tuo fianco in questo giornale, so anche che ami la libertà al di sopra di ogni cosa. E che dunque troverai assurdo tanto quanto me il fatto che il nostro disordinato Ordine arrivi al paradosso di censurare un iscritto (nel caso me medesimo, per l'appunto) non per un suo pensiero ma per il pensiero di un altro. Ti pare?
Già l'Ordine dei giornalisti che censura un giornalista è una follia. Ma l'Ordine dei giornalisti che censura un giornalista soltanto perché ha osato dare la parola a un altro giornalista (iscritto per anni all'Ordine dei giornalisti e direttore di molti giornalisti) è roba da chiamare subito l'ambulanza, sperando nella rapida riapertura dei manicomi.
La frase per cui sono stato punito è quella pronunciata da Feltri durante una trasmissione del 21 aprile scorso. Si era in piena polemica tra sud e nord, Vincenzo De Luca contro la Lombardia, etc e io, oltre alla colpa di invitare il fondatore di Libero, mi sono macchiato pure del reato di incauta domanda. Infatti ho osato porgli una questione di stretta attualità, cosa evidentemente ritenuta riprovevole dai giudici dell'Ordine. Nella sua risposta, infatti, Vittorio si è lasciato scappare la frase contestata: «Io non credo», ha detto, «ai complessi di inferiorità, credo che i meridionali in molti casi siano inferiori».
vittorio feltri a fuori dal coro 1
In seguito ha spiegato che intendeva parlare della inferiorità economica, senza alcun riferimento, ovviamente, all'antropologia. Ma tant' è: quella espressione isolata e fatta rimbalzare su tutti i social ha scatenato un'onda di polemiche, tanto che io stesso mi sono affrettato a chiedere scusa in tutti i modi (con video sui social e con ripetuti messaggi in tv), nel caso qualcuno si fosse sentito offeso. In un mondo normale la vicenda si sarebbe chiusa qui. Capita a chi fa il nostro mestiere che una frase non esca bene o venga male interpretata, e che susciti reazioni che non immaginavamo.
Ci si spiega, si chiede scusa e stop. Invece in questo clima da regimetto contro ogni voce dissenziente dal cloroformio unico (vedi legge Zan) si è pensato bene di approfittarne per dare una botta in testa a chi cerca di essere, almeno un po', fuori dal coro. E qui viene il bello, caro Maurizio. Perché, durante la trasmissione, quando Feltri ha pronunciato la famosa frase, io ho preso immediatamente le distanze. «Mi fai arrabbiare i telespettatori», gli ho ripetuto due volte. E poi ho concluso: «Questo non lo puoi dire». Però per l'Ordine dei giornalisti la frase «questo non lo puoi dire» non era una dissociazione abbastanza netta per il fatto che l'ho detto «sorridendo» e «ammiccando». Giuro.
Parole testuali della decisione di censura. Quindi provo a ricapitolare: vengo condannato dall'Ordine dei giornalisti non per un mio pensiero, ma per il pensiero di un altro, dal quale io mi sono dissociato ma, a parere dei censori, in modo non abbastanza duro. Ma cosa avrei dovuto fare? Più che interromperlo con un «questo non lo puoi dire»? Avrei dovuto sputargli in un occhio? Spaccare la telecamera? Insultarlo in diretta? Chiedere l'intervento dei caschi blu dell'Onu? Aspetto spiegazioni dalla prossima sentenza creativa. Da questa ti segnalo solo un ulteriore passaggio.
Durante il «processo» (un'udienza simile a quella dei tribunali del popolo) uno dei pubblici accusatori mi ha chiesto se io, prima di invitarlo, sapevo che Feltri è un «soggetto a rischio». Domanda demenziale cui ho avuto il torto di rispondere con sincerità: Feltri non è un «soggetto a rischio» ma esprime opinioni forti da sempre, è per questo che in tv funziona, è per questo che lo chiamiamo. Ovviamente hanno usato la mia sincerità come corda per impiccarmi. Chiaro, no? Sapendo che Feltri esprime opinioni forti non dovevo invitarlo. O, almeno, impedirgli di parlare.
Dal che deduco l'idea di giornalismo che sorregge l'Ordine dei giornalisti: una minestrina riscaldata in cui tutti ripetano a pappagallo le parole d'ordine del politicamente corretto. Guai a uscire dal seminato. Guai ad andare controcorrente. Guai ad avere opinioni forti. Per l'amor del cielo, Feltri può piacere o no, e come ognuno di noi ha tanti pregi e pure qualche difetto. Ma accidenti: ha fondato giornali, li ha diretti con successo, ha segnato con i suoi titoli la storia del Paese e di questa professione, ha assunto e dato lavoro a centinaia di cronisti (compreso il sottoscritto).
Possibile che l'Ordine dei giornalisti consideri una colpa invitarlo in tv? Vanno in onda, a ogni ora del giorno, terroristi, delinquenti, fannulloni, falsari, abbiamo assistito a interviste a mafiosi e camorristi, non parliamo di corrotti e prostitute che imperversano dappertutto. Possibile che io venga censurato per aver ospitato Feltri? Scusami direttore se ti ho ammorbato con una questione personale, ma alla fine credo che non sia soltanto personale. Viviamo in un brutto clima e tu ne sei stato testimone, pagandolo più volte sulla tua pelle, direttamente.
Una volta non era così. Una volta eravamo più liberi di parlare, di esprimerci, anche di sbagliare e chiedere scusa, senza avere i censori che ti condannano soltanto perché usi la parola «zingaro» o «clandestino». O perché sostieni che per fare un figlio ci vogliono mamma e papà. O perché inviti qualcuno che non piace alla gente che piace. E mi fa orrore che l'Ordine dei giornalisti che dovrebbe tutelare la nostra libertà sia diventato invece un organo di questa orrenda censura.
PROTESTA DELLE EDICOLE MERIDIONALI CONTRO LIBERO E VITTORIO FELTRI 1
Pensavo poco fa che, dopo il matrimonio e la nascita dei figli, ho sempre considerato come giorno più bello della mia vita quello in cui ho ottenuto il tesserino bordeaux da professionista. Ricordo che telefonai a mio padre piangendo di gioia. Ne sono sempre andato orgoglioso. Ma ora mi domando se abbia ancora un senso. In questi ultimi tempi molti dei ragazzi della mia trasmissione che vanno in giro a raccontare pezzi di realtà dimenticati da tutti sono stati aggrediti, minacciati, insultati. Mai una volta ho sentito una persona dell'Ordine spendere una parola per difenderli. Ora però scendono in campo per censurarmi per aver ospitato Feltri. E quel tesserino viene voglia di stracciarlo anche a me.
PROTESTA DELLE EDICOLE MERIDIONALI CONTRO LIBERO E VITTORIO FELTRI