Renato Franco per il “Corriere della Sera”
Da domani in prima serata su Italia 1 si riaccendono Le Iene . Davide Parenti da oltre 20 anni è la mente dietro il programma.
Parte del vostro lavoro è sorprendere chi vuole evitare di dare risposte. Quanto è più difficile lavorare in queste condizioni?
«In questa situazione non possiamo andare fino in fondo a fare il nostro lavoro da Iene, dobbiamo organizzare tutti gli incontri su appuntamento e questo si riflette negativamente sulle inchieste perché sono tutti sul chi vive. Del resto ora non si può andare a incalzare qualcuno con un microfono in mano; se già molti pensano che sia un' aggressione farlo, figuriamoci di questi tempi».
Anche la scaletta del programma sarà condizionata dal coronavirus...
«È inevitabile: il 70% dei servizi sarà su questo tema, che catalizza l' attenzione di tutti. Faremo un giro nelle strutture sanitarie dismesse negli ultimi anni dalla regione Lombardia, alcune fatiscenti, altre in ottime condizioni. E ci si chiede come sia possibile: perché costruire strutture nuove quando ce n' erano di già pronte, con il riscaldamento e l' aria condizionata, con la vernice ancora fresca? E poi la truffa delle mascherine, l' esperienza del Veneto, le possibili cure... Abbiamo anche servizi più leggeri, a partire dagli scherzi. Il primo nella casa di Michelle Hunziker: organizzare uno scherzo in queste condizioni è una nuova sfida».
«Le Iene» sono il programma di punta di Italia 1, ma il loro habitat naturale dovrebbe essere Canale 5: le dispiace che non ci sia mai stata questa promozione?
«Qualche anno fa provai a capire se c' era spazio per noi a Canale 5 perché avevamo dimostrato che il nostro linguaggio poteva andare bene anche lì. Ma nacquero una serie di problemi interni a Mediaset, di equilibri che l' azienda voleva preservare. Il dispiacere c' è stato, pensavo che la naturale crescita del programma sarebbe stata andare su una rete che l' avrebbe fatto performare ancora meglio. Poi me ne sono fatto na ragione, anche perché Mediaset ci ha permesso di crescere facendoci andare in onda due volte alla settimana su Italia 1».
La tv deve essere pedagogica?
«La tv ha una funzione educativa, senza dubbio. Se non sei uno sconsiderato devi cucinare per gli altri quello che mangeresti tu, la televisione riflette quello che sei tu. Alle Iene siamo un gruppo di persone variopinto, non la pensiamo tutti allo stesso modo, ma siamo attenti a essere onesti. Può succedere di sbagliare, di esagerare. Noi siamo sempre sul filo, siamo come trapezisti, succede di cadere, fa parte del mestiere. Ma stiamo anche antipatici perché rompiamo le scatole a molti».
Avete messo alla gogna il regista Brizzi, ma le accuse nei suoi confronti sono state archiviate...
«Se il risultato di alcune inchieste è un' accusa al nostro lavoro significa che c' è un errore in quello che facciamo. Ma non c' è un metodo Iene. Le cose che abbiamo detto su Brizzi sono così infamanti che qualcuno avrebbe dovuto denunciarci. Noi a Brizzi abbiamo detto di portarci in tribunale, ma non è mai successo».
Il «metodo Stamina» era totalmente privo di validità scientifica, eppure lo avete «sostenuto» con tanti servizi...
«Su Stamina potrei parlare 10 ore. Vannoni era un personaggio che dire ambiguo è riduttivo, che fosse un poco di buono è evidente. Però ricordo che Stamina era una cura compassionevole fatta dagli ospedali di Brescia, quel metodo non sono state le Iene a inventarlo, ma lo Stato. La colpa che mi do è che ne abbiamo parlato troppo... Dietro una critica c' è sempre qualcosa da ascoltare, ma davvero siamo in buona fede».
Quanta libertà c'è a Mediaset?
«Inutile fingere. La libertà assoluta non esiste, da nessuna parte. Un programma è sempre un patto con l' editore, quello che fai è quello che ti è permesso di fare in dato modo. Io ad esempio ho scelto di non parlare mai di Berlusconi, per le Iene Berlusconi non esiste».
Cosa le manca di Nadia Toffa?
«Con Nadia abbiamo condiviso passioni di vita dalla mattina alla sera, successi e frustrazioni. Era favolosa, era parte di noi. Ci manca, Nadia ci manca».
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