Simona Antonucci per “il Messaggero - Cronaca di Roma”
Si prepara ai debutti tirando di scherma («adoro la sciabola perché è così pesante che mi tiene in forma e mi fa dimagrire»); gira in camerino con i pesi alle caviglie perché «sembra che gli uomini restino sempre con i piedi per terra, io invece tendo a svolazzare», e prima di entrare in scena «mi faccio la barba».
Si chiama Daniela Barcellona, è triestina, 52 anni, ed è l'uomo più famoso della lirica. È stata Tancredi e Arsace, Romeo e Malcom... «Ho cantato quasi tutti i protagonisti en travesti dell'opera. Quelli di Rossini in particolare. Lui preferiva affidare a un contralto, la più grave delle voci femminili, i ruoli maschili nobili.
Pensava che una donna fosse più adatta ed espressiva per interpretare le sfumature dell'animo di un eroe», spiega il mezzosoprano che da domani al Teatro dell'Opera sarà Federica («non vedo l'ora che mi mettano le ciglia finte»), in Luisa Miller di Verdi, regia di Damiano Michieletto, con il maestro Michele Mariotti appena nominato nuovo direttore musicale del Costanzi.
Debutto nei panni di Arsace nella Semiramide con il maestro Gelmetti nel 98, trionfo al Rossini Opera Festival cantando Tancredi, vent' anni vissuti nei panni di uomini epici, con incursioni, sempre più frequenti e di prestigio nel repertorio femminile e in quello del Novecento.
«Nella lirica la fluidità non è un tabù», spiega Barcellona che fino al 17 febbraio sarà una donna ferita dall'amore con Michele Pertusi (conte di Walter), Antonio Poli (Rodolfo), e Roberta Mantegna (Luisa) che erano stati i protagonisti della Luisa Miller in forma di concerto nel maggio scorso.
«La contessa», dice «è un personaggio intenso, ferito, aggressivo, direi quasi un po' maschile», scherza, mentre racconta la sua carriera trasversale e inclusiva: dal giovane eroe con baffi e spada all'eroina romantica, sui palchi del mondo, dalla Scala al Covent Garden.
Finalmente donna? O no?
«Le eroine dell'opera spesso sono molto maschili. Parlo dei ruoli per mezzosoprano. Aggressive, arrabbiate, ferite. Quasi da rimpiangere i miei uomini».
Un viaggio nell'altro sesso lungo vent' anni: in quale modo l'ha arricchita?
«Ho potuto sviscerare umanità e dolcezza, i sentimenti più nobili. I ruoli en travesti sono spesso eroici, come nei Capuleti, o nelle opere barocche. Tutti personaggi che si distinguono in battaglia, che offrono la propria vita per la donna amata. Ho avuto il privilegio di calarmi nella parte migliore dell'animo maschile, quella che non a caso veniva interpretata da donne».
Un bagaglio utile per affrontare le eroine romantiche?
«Per essere credibile come uomo ho dovuto studiare, lezioni di scherma, portamento, lunghe camminate con le cavigliere, mentre nel repertorio femminile ho potuto dare fiato alla mia personalità. Il mezzo soprano ha caratteristiche forti. Ho dovuto cercare l'aggressività, la gelosia e sentimenti negativi. Abbiamo tutto dentro, basta scavare».
L'arte va più veloce della società? Drusilla Foer a Sanremo qualche perplessità l'ha sollevata. Perché?
«Chiusura mentale, retaggi del passato. Presto ognuno di noi sarà libero di esprimersi come vuole».
I ruoli en travesti non sono sempre stati esempio di libertà.
«Nascono come eredità dei ruoli affidati ai castrati. Con uomini nei panni di donne, cui è stato a lungo precluso il teatro, e poi donne in panni maschili perché ritenute più adatte. Rossini e Donizetti preferivano donne en travesti, volevano femminilità per esprimere l'amore di un uomo, ma con vocalità maschile. Personaggi ibridi».
In futuro, sul palco, si augura di essere uomo o donna?
«Sogno Azucena, nel Trovatore. Ma anche nuovi ruoli en travesti. Le incursioni nell'altro sesso ti aiutano a capire tante cose. E a liberarti dell'esteriorità». Teatro dell'Opera, piazza Gigli. Da domani al 17
drusilla foer damiano michieletto