Marco Giusti per Dagospia
woody harrelson nel pianeta delle scimmie
Diciamo che non condivido tutto l’entusiasmo dei critici americani per The War – Il pianeta delle scimmie diretto da Matt Reeves, che lo ha scritto assieme a Mark Bomback, terza parte della trilogia del reboot del vecchio Pianeta delle scimmie di Franklyn J. Schaffner. Certo, il Caesar di Andy Serkis, la scimmia sapiente che sa capire sempre da che parte stare e cosa fare, è un personaggio magnifico come lo era il Cochise di Jeff Chandler in L’amante indiana.
Tutta la prima parte del film, con la guerriglia nella foresta, la lunga fuga del popolo delle scimmie e il desiderio di vendetta di Caesar, è giocato come un bellissimo western classico, tra Delmer Daves e John Ford. Ma poi scopri che un po’ tutto il film è giocato come remake di grandi classici.
the war il pianeta delle scimmie
La fuga del gruppetto di scimmie con una bambina muta, Nova, Amiah Miller, è una ancora una sorta di remake di In nome di Dio di John Ford, con la neve al posto del deserto, Caesar rinchiuso insieme al suo popolo nel campo di concentramento degli umani ci riporta dalle parti di La grande fuga di John Sturges se non di Merry Christmas, Mt Lawrence.
the war il pianeta delle scimmie
Ma, soprattutto, il personaggio del Colonnello interpretato da Woody Harrelson, l’ufficiale pazzo che si crede Dio, è una copia del Kurtz di Marlon Brando in Apocalypse Now, al punto che si legge sui muri del fortino addirittura un “Ape-pocalypse Now”, non si sa se chiarificatore o ironico. E questo film è un concentrato di tutto ma non di ironia. E’ anche uno dei suoi punti di forza. Credere in modo assoluto alle scimmie che parlano, vanno a cavallo, fanno piani militari.
Riconosco che il personaggio della “scimmia cattiva”, Steve Zahn, un piccoletto buffo uscito dallo zoo che può parlare come Caesar, è notevole. Come è notevole l’umanità dell’orango Maurice, Karin Komoval, che difenderà la piccola Nova, ma il film cede proprio quando si stava sviluppando come grande avventuroso classico, duro e crudele come sono i grandi western degli anni ’50.
the war il pianeta delle scimmie
Invece lo psicologismo, la ricerca di impegno politico, con le scimmie viste come minoranza o altro da sé rispetto agli umani bianchi, tutto il pippone del Colonnello, lo spostano verso un cinema ambizioso che alla fine risulta anche un po’ ridicolo applicato a queste scimmie digitali. Certo, grande è il lavoro di ricostruzione visiva nel dare a Caesar il suo spessore, ma vederlo crocefisso davanti al Colonnello ci riporta a modelli, come il già citato Merry Christmmas, Mr Lawrence, che hanno comunque bisogno di una maggiore profondità culturale e di una messa in scena più sapiente.
the war il pianeta delle scimmie
Alla fine, così, sembra tutto uno scimmiottamento, mi si perdoni il termine, di un cinema che proprio i blockbuster americani hanno ignobilmente distrutto e che difficilmente rivedremo, sepolti nei sequel dei reboot dei reboot. Allora, davvero, preferisco il remake del Pianeta delle scimmie di Tim Burton, con gli attori nascosti dai faccioni pelosi. Decisamente più intelligente e meno ambizioso. Ma, soprattutto, più personale e più inventivo. Detto questo, The War si vede con grande interesse e la prima parte è piuttosto bella. In sala.
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