Marco Giusti per Dagosopia
Buone notizie. Perché questo settimo Alien, cioè “Alien: Romulus”, diretto dal notevole regista uruguaiano Fede Alvarez, finora specializzato in sequel (“Millenium – Quello che non uccide”), che lo ha scritto assieme a Rodo Sayagues, prodotto da Ridley Scott, fotografato in maniera sublime da Galo Olovares con effetti speciali non in CGI, ma con bellissimi mostro in animatronics della Legacy Effects, eredità di Stan Winston, è un grande spettacolo che ci riporta intatta la bellezza dei primi Alien, sia quello, citatissimo nel film, di Ridley Scott sia l’”Aliens” di James Cameron.
Intanto è un vero e proprio sequel del primo “Alien”, che si sviluppa vent’anni dopo il disastro del Nostromo, cioè nel 2142, e 37 anni prima di “Aliens”. L’idea portante del film è ricostruire la struttura anche narrativa di Alien con personaggi molto più giovani, figli di quella prima generazione di piloti, che prendono possesso della nave spaziale del primo film per liberarsi della situazione di schiavitù che la compagnia ultracapitalista della Weyland ha imposto alla società e cercare fortuna in un nuovo mondo.
Come capiamo tutti, ma proprio tutti, dal momento in cui i ragazzi entrano nella nave spaziale, il posto è pieno di tante terribili creature assassine. Al di là della ricostruzione dell’universo Alien, e del fascino di farlo rivivere sullo schermo, il film perde 30-40 minuti solo nell’aprire tutti gli spazi possibili allo sviluppo della storia, il film vive della forza del suo cast, tutte facce poco note o del tutto sconosciute a parte quella della protagonista, la Rain di Cailee Spaeney (appena vista in “Priscilla” di Sofia Coppola).
Assieme a lei abbiamo uno strepitoso David Jonsson nel ruolo di Andy, il fratello “sintetico” di Rain, che sarà il vero motore narrativo del film, Spike Fearn come Bjorn, Archie Renaux comeTyler, Isabel Merced con Kay, ragazza incinta, e Aileen Wu, come il pilota Navarro, mai vista prima al cinema. Fede Alvarez dopo averci presentato i protagonisti e aperto tutti i bottoni di comando della nave spaziale, mette sul piatto le creature e inizia la caccia dandosi un tempo preciso che corrisponderà, nella realtà, alla durata del film.
Il gioco è semplice, diciamo, solo che i rapporti fra i protagonisti non sarà così liscio, anche per la natura così modellabile di Andy e per l’umanità di Rain. E per la dedizione, davvero da fan, di Fede Alvarez ai suoi modelli cinematografici, cioè Ridley Scott e James Cameron. Ma quello che avrebbe potuto essere un banale ricco sequel diventa qui una rivisitazione cinefila di gran classe di un regista pieno di idee che, partendo da un budget modesto per l’operazione, 80 milioni di dollari, l’idea era di farlo uscire solo in streaming, sviluppa qualcosa che ci sorprende e ci tiene inchiodati alla poltrona.
Grazie a una scelta attenta del cast, a una sceneggiatura funzionale, a una fotografia impressionante, a un uso degli effetti speciali non ovvio. Occhio a David Jonsson, è già una star. In sala.
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