Marco Giusti per Dagospia
Aridatece i cinepanettoni con Boldi&De Sica sotto la doccia e i cagnetti scorreggioni. Aridatece i Vanzina e Neri Parenti. Io, infame, devo dire che mi sono divertito, ma certo è stato un po’ un passo falso, da parte del Festival di Venezia, lo ha ammesso anche Alberto Barbera, aver mostrato, pur fuori concorso, questo cinepanettone senile di un grande regista come Roman Polanski, già preso di mira dalle femministe di tutto il mondo. C’è di tutto in questo “The Palace”, che Polanski ha scritto allegramente assieme al vecchio amico polacco Jerzy Skolimowski e Ewa Piakowska in sei settimane mentre giravano “Eo”, prodotto dallo stesso regista con Luca Barbareschi.
Il cagnolino minuscolo di Fanny Ardant che fa la cacca puzzolente sul suo letto, un chirurgo plastico brasiliano, Joaquin de Almeida, con moglie con l’Alzheimer, il miliardario americano di 97 anni, un favoloso John Cleese, che muore mentre sta scopando la moglie ventenne sovrappeso, Bronwyn James, e il coso gli rimane incastrato dentro la cosa di lei (vallo a staccare…), un attore di porno in disarmo, certo Bongo di Luca Barbareschi che potrebbe competere col Boldi di un tempo, un disgraziato cecoslovacco di un posto assurdo con famiglia al seguito che si dichiara figlio del miliardario svalvolato Mickey Rourke con pesantissima parrucca bionda, un gruppo di russi trafficoni con mignotte al seguito che vedono in diretta tv le dimissioni di Breznev e l’ascesa di Vladimir Putin nella scena più divertente di tutto il film.
Questo e molto altro accade la sera di Capodanno del 2000, mentre si attende con ansia e terrore l’arrivo del Millenial Bug e c’è chi è pronto a guadagnarci, tra i ricchissimi clienti di un albergo di Gstaad, appunto il Gstaad Palace, dove l’indiavolato direttore Hansueli Kopf, un Oliver Masucci degno dei film di Hollywood degli anni ’30 cerca di risolvere assieme al suo vice italiano, Fortunato Cerlino, bravissimo, qualsiasi folle problema gli stia capitando tra capo e collo.
Dal pinguino vivo richiesto da John Cleese, alla cacca del cagnolino della Ardant che non riesce a evacuare sulla neve e quindi si dovrà costruire un giardino finto in bagno, il tesoro dei trafficanti russi da chiudere al sicuro nella cassaforte di guerra dell’albergo. Il tutto mentre il cuoco, il grande Teco Celio, assaggia se la zuppa è più o meno salata, le vecchie signore rifatte, come Sydne Rome, che già fu protagonista del non meno grottesco, ma più forte e riuscito, “Che?” di Polanski, assaltano il celebre chirurgo plastico e l’Europa del 2000 sta finendo sotto l’ombra del nuovo dittatore Putin. Ora.
E’ vero che siamo in un cinepanettone doc dove mancano solo Biagio Izzo e Il Cipolla a completare la scena, ma è vero pure che la messa in scena del vecchio Polanski funziona perfettamente, che le battute, le situazioni, i personaggi che hanno costruito Polanski e Skolimowski fanno tutte ridere. Anche se non è più il tempo di “Grand Hotel” della Metro Goldwyn Mayer, trovatemi chi è in grado, oggi, ahimé, di dirigere un film di questo tipo. In sala.
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