IL CINEMA DEI GIUSTI - SONO COSÌ POCHI I FILM DIRETTI DA JERZY SKOLIMOWSKI IN QUESTI ULTIMI ANNI, CHE QUESTO PICCOLO, DELIZIOSO, “EO”, FILM FAVOLISTICO-AMBIENTALISTA SU UN ASINELLO, DIVENTA UN EVENTO - OLTRE A ESSERE MOLTO AMATO IN TUTTO IL MONDO, È NELLA SHORTLIST DEI 15 FILM DA OSCAR PER IL MIGLIOR FILM STRANIERO. UNA BELLA LEZIONE DI VITA CHE IL VECCHIO MAESTRO, A 84 ANNI SUONATI, CI VUOLE DARE - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

eo di jerzy skolimowski eo di jerzy skolimowski

Sono così pochi i film diretti da Jerzy Skolimowski in questi ultimi anni, e tutti strani, difficili e bellissimi, come “Essential Killing” o “11 minuti”, che anche questo piccolo, delizioso, “Eo”, film favolistico-ambientalista su un asinello diventa un evento. A Cannes, malgrado il Gran Premio della Giuria, e il premio per la migliore musica a Pawel Mykietyn, non era piaciuto a tutti, ci può stare, ma, oltre a essere molto amato in tutto il mondo, è nella top ten dei film dell’anno per i Cahiers du Cinéma è nella shortlist dei 15 film da Oscar per il miglior film straniero, è una bella lezione di vita che il vecchio maestro, a 84 anni suonati, ci vuole dare.

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Nessun moralismo, nessuna verità da spiegare. Solo lo scorrere della vita, brutta bella, gli amori, la violenza, la fortuna, gli orrori, visti attraverso l’occhio di un animale docile, che come una cinepresa ci limita a osservare più che a reagire. Rispetto all’asino di Robert Bresson in “Au hasard Balthazar”, non c’è una visione cattolica dell’accettazione della vita, ripeto, l’occhio dell’asino è come una cinepresa, magari più avanzata e umana di quella di James Cameron per Avatar, anche se non si sa cosa stia prendendo dalla realtà.

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E cosa lui stesso capisca di quello che vede. Non un film alla Terrence Malick, però, che Skolimowski non ama, giustamente, grondante estetismi e grandi cieli, e neanche uno scherzo operistico, anche se il modello è decisamente musicale, per accompagnare il raccontino oltre ai pochi ragli del protagonista. Tra la Polonia e l’Italia, l’asino di Skolimowski, che poi è interpretato da un collettivo di sei-sette animali identici, passa da un circo, e dall’amore, ricambiato, con un’artista a una banda di tifosi teppisti, pensando che abbia portato fortuna a una squadra è prima esaltato come mascotte e poi menato a sangue dai tifosi avversari per vendetta.

 

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Viene salvato, poi scappa, poi viene venduto a un venditore di carne malavitoso che vuole farne del salame e attraversa la Polonia su un camion pieno di bestie. Finisce ancora nelle mani di una sorta di bel ragazzo ricco italiano, tal Lorenzo Zurzolo, l’attore di “Baby” e “Morrison”, figlio del giornalista del Tg3 Federico Zurzolo (ma pensa…) che lo porta nella villa della mamma, un’Isabelle Huppert un po’ nevrotica che rompe i piatti di casa e urla contro il figlio che, nella follia generale, dice pure messa.

 

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E questo andrebbe spiegato, magari, anche se nulla ci viene spiegato. Inoltre non ci sono vere storie compiute, ma solo frammenti di storie, come sono frammenti di immagini di vita quelle che vede il ciuchino. Skolimowski alterna così sperimentazioni visive a una voglia di raccontare irrefrenabile. Si sfoga così con immagine di grande bellezza, paesaggi, ponti, un mondo magnifico dove le vere bestie, ovviamente, non sono gli animali che l’asino incontra, i cavalli eccitati, le volpi, le mucche, ma ovviamente gli uomini con la loro violenza e la loro impossibilità di accettare la vita.

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Magari non sarà un film di grandi possibilità popolari, ma dimostra quanto sia ancora in forma Skolimowski, e quanto abbia da dire più lui col suo asino di tanti registi tromboni… In sala dal 22 dicembre.

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