Marco Giusti per Dagospia
“The Rover” di David Michod
Post-apocalittici di tutto il mondo, unitevi! Eccolo il film australiano adorato da Quentin Tarantino e da lui definito “Un’indimenticabile impresa visionaria. Il miglior post-apocalittico dai tempi dell’originale Mad Max.” E definisce David Michod, il regista di questo “The Rover” interpretato da Guy Pearce e Robert Pattinson, già autore del notevolissimo “Animal Kingdom”, una sorta di “Pulp Fiction” australiano, “il regista meno facile a compromessi della sua generazione”.
Boom! Non è poco per un film da 12 milioni di dollari di budget che non ha lanciato Robert Pattinson come il nuovo Mel Gibson del postatomico e ha incassato, in America, solo un milione di dollari. Il problema è che davvero Michod sembra un regista che non accetta compromessi coi produttori e sforna film difficili e, questa volta, costosi. A Cannes, dove venne presentato fuori concorso, il film venne accolto con freddezza dai critici tromboni internazionali. Ma ha davvero le carte per una rinascita di culto. “The Rover” può non piacere a tutti, ma è un grandissimo film nella stessa direzione di “Animal Kingdom” con un cast di attori magistrali.
Qui siamo dalle parti del western apocalittico anticapitalistico. Tutte le regole sono saltate. La gente si spara allegramente e nessuno si fida più di nessuno. Ma si preferiscono i dollari americani a quelli australiani. Il misterioso e scocciato Eric, un grande Guy Lodge, fa l'inferno quando tre banditi, capitanati da certo Henry, cioè Scott McNairy, attore feticcio di Michod, gli rubano la sua auto lasciandogli il loro pick-up malconcio. Eric non si ferma e rivuole la sua auto.
Rimette in sesto il pick-up e parte all'inseguimento, beccandosi subito una botta in testa. A questo punto procede armato, dopo aver ucciso a freddo un nano che gli aveva chiesto 300 dollari americani per una pistola. Per un caso recupera Rey, Robert Pattinson, il fratello ferito di Henry e dato per morto, e, dopo averlo fatto curare da una dottoressa buona, se ne serve per rincorrere la sua auto.
Come in tutti i migliori western, c'è un conto da regolare, una banda da sorprendere all'alba, un viaggio da compiere e un rapporto fra i due viaggiatori da costruire. Molto classico nella struttura, "The Rover", scritto da Michod assieme all'attore Joel Edgerton (suo il ruolo di Pattinson?) non lo è nei dialoghi e nelle motivazioni profonde.
Siamo in un mondo dove l'immaginario western americano e australiano serve solo per spiegare la desolazione dell'umanità di fronte a un declino economico globale provocato dal dio dollaro. I due protagonisti, l'australiano e l'americano rappresentano due versioni diverse di personaggi tipici del propri paesi, ma tutto è come trasformato dalla follia della situazione.
Ovvio che l'umanità vada ricostruita nei rapporti e nei legami che ci tengono in vita, anche se molte cose rimangono un po' oscure in questo western triste e politico. Grandiosa è invece la confusione di razze e di lingue dell'outback, le presenze diverse, aborigeni, giapponesi, che popolano un deserto alla "Mad Max". Non sarà piaciuto a tutti, ma "The Rover" è un film da rivedere e su cui ritornare, non una tarantinata australiana violenta e moraleggiante.