Marco Giusti per Dagospia
Voglia di vedere in questa prima calda settimana di giugno un bel biopic inglese di due ore e passa sulle sorelle Brontë e su come nacque, dalle esperienze di vita della sfortunata Emily, il suo capolavoro, “Cime tempestose”? Non eravamo tanti al cinema Caravaggio l’altra sera, ma so che le signore di Prati-Parioli-Pinciano non possono che gradire.
La forza di questo “Emily”, opera prima di una bravissima attrice, Frances O’Connor (“Intelligenza artificiale”, “Madame Bovary”), è soprattutto nell’impostazione, cioè nel capire, anche forzando un po’ la realtà, da cosa nacque l’ispirazione del romanzo, e nella interpretazione della sua giovane protagonista, la bella Emma Mackey della fortunata serie “Sex Education”.
Se la O’Connor costruisce tutto il film con grandi primi piani (troppi?) dei protagonisti e riprese un po’ ferme con grandangolo degli angusti interni della provincia inglese per poi esplodere nei grandi panorami della campagna ventosa degno della penna della Brontë, la Mackey offre a Emily un viso meno noto e più combattivo del solito, quello di un’eroina che è pronta a buttarsi nella vita con passione e determinazione.
I lettori, anzi, le lettrici ancora palpitanti di “Cime tempestose” capiranno subito che i due uomini di Emily, quelli che verranno descritti nel romanzo, sono in realtà il suo sciagurato fratello oppiomane Branwell, interpretato da Fionn Whitehead, un amore che, almeno qui, non si traduce in un incesto ma di certo lo sfiora, e il curato Weightman, interpretato da un Oliver Jackson-Cohen che somiglia troppo a Pio di Pio e Amedeo, col quale la storia si trasforma in una tormentata relazione di sesso e amore che l’uomo non riesce a contenere.
A margine delle sue relazioni coi due giovani maschi della campagna bella, ma un po’ desolata dove vive, troviamo le sorelle Charlotte e Anne, cioè Alexandra Dowling e Amelia Gething, la vecchia zia, interpretata da Gemma Jones, un padre un po’ assente, Adrian Dunbar, che supplisce come può alla mancanza della madre, morta lasciando sole le sue figlie e l’unico figlio maschio. Se vi piace l’impostazione della regista, con questi grandi primi piani di Emily e dei suoi uomini, che evita anche grandi ricostruzioni scenografiche, vi piacerà anche il film. Che alla fine, non essendo io uno specialista di Emily Brontë ho visto con interesse. In sala.
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