Fabio Sindici per “La Stampa”
Quando Ian Fleming, nell'autunno del 1959, varca la soglia di Villa Verde, la residenza di Pedro José Lobo, l'«uomo d'oro» di Macao, non gli sembra di entrare nella casa di un miliardario. Non c'è neppure l'ombra della perversa raffinatezza che contraddistingue i nemici mortali del suo eroe, l'agente segreto britannico James Bond: niente piscina piena di squali alla Emilio Largo; nessuna acrobata fatale che si dondola da un soffitto modernista disegnato da John Lautner, come in Diamonds are forever.
Il suo ospite lo conduce in una borghesissima sala da pranzo circondata da vetrine colme di cristalli «che scintillano da ogni parte ferendo gli occhi come se si fosse seduti all'interno di un candeliere gigante» scrive Fleming in Thrilling Cities (Le città dell' avventura, ed. Alacràn), risultato del reportage realizzato come inviato del Sunday Times in giro intorno al mondo.
La ragazza cinese che s'inchina leggermente dalla vetrata della stazione radio che il Dr. Lobo ha installato nella tenuta non ha il physique du rôle della Bond girl. Il maggiordomo dal corpo massiccio che «pare più una cintura nera di judo che un maggiordomo» colpisce invece come l'incarnazione di Oddjob, il servitore-killer di Auric Goldfinger, capace di decapitare una statua lanciando una bombetta dalle tese affilate come rasoi.
l'attore che interpretava auric goldfinger nel 1964
Nel taccuino di appunti riempito da Fleming durante il viaggio e battuto all'asta da Sotheby's nei giorni scorsi per 32.760 sterline (36.480 euro) si leggono suggestioni più crude: «tunnel per munizioni, esplosivi, ben sorvegliati» graffia rapido lo scrittore sulla pagina subito dopo la riga «a casa di Lobo».
Nelle note di Fleming, il tycoon si vanta della sua ricchezza più che nel libro dove si limita a invitare Fleming e l'amico Richard Hughes, corrispondente del Sunday Times, ad assaggiare una qualità di caffè che viene dalle sue piantagioni a Timor Est.
Hughes vestirà i panni della spia veterana Dikko Henderson in Si vive solo due volte, ambientato in Giappone. Lobo, che detiene il monopolio del commercio dell'oro nell'allora colonia portoghese di Macao, è invece uno dei candidati per il personaggio di Goldfinger, il villain più famoso della serie dell'agente 007, autore di un progetto per svuotare le riserve auree Usa di Fort Knox e della battuta più lapidaria della saga («Si aspetta che io parli?». «No, mi aspetto che lei muoia, Mr. Bond»).
charles engelhard jr. con la moglie
PJ Lobo, come lo chiama Fleming, non è l'unico modello. Il cognome viene dall'architetto di origine ungherese Enro Goldfinger, poco amato da Fleming per aver demolito delle terrazze vittoriane nel quartiere di Hampstead a Londra e costruito, al loro posto, la spigolosa sede del National Trust.
Il designer, tormentato dai fan di 007, decise di citare in giudizio l'autore e l'editore Jonathan Cape. Fleming propose, inascoltato, di cambiare il nome del personaggio in Goldprick, un gioco di parole che suona come un insulto in inglese.
sean connery in 007 goldfinger
Dietro lo scintillìo a 24 carati del personaggio di finzione c'è anche un amico di Fleming, il magnate americano dei metalli, Charles Engelhard Jr., finanziatore del partito democratico e grande investitore nelle miniere d'oro nel Sudafrica dell'apartheid; al contrario dell'architetto, si divertiva molto al collegamento. Engelhard è forse l'uomo reale che più somiglia fisicamente al Goldfinger cinematografico.
Per aggirare le restrizioni alle esportazioni dell'oro sudafricano faceva forgiare statue e gioielli che ottenevano il passaporto come opere d'arte. Lobo invece non ha il fisico tarchiato del personaggio, nato in Lettonia, nel libro. È di discendenza meticcia: cinese, malese, portoghese. Minuto, con un completo ben tagliato, gli occhiali senza montatura è paragonato da Fleming «a un dentista di Wimbledon».
In effetti, ha iniziato la sua carriera come oculista. Ma il resto della sua biografia è la più bondiana che si possa immaginare.
Al tempo dell'incontro con Lobo, Fleming ha in realtà appena pubblicato il suo Goldfinger. Ma conosce di fama l'uomo da almeno dieci anni, da quando è apparso sulla copertina di Life Magazine, come una delle figure che controllano dietro le quinte il governo di Macao e il traffico aureo in Asia.
Nell'enclave portoghese infatti non vige il gold standard, il cambio fisso dell'oro stabilito a Bretton Woods alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Quindi è possibile giocare sulla differenza di prezzo. Per importare e riesportare il prezioso metallo bisogna avere idee e agganci.
Il «dottore» confida a Fleming di un carico d'oro nascosto da contrabbandieri dentro la pancia di una mucca trasportata su un sampan, la tipica chiatta dei traffici lungo le coste del mar Cinese meridionale.
Nella biografia appena scritta da Marco Lobo, nipote del misterioso uomo d'affari, si legge del ruolo cruciale che ebbe come direttore del Dipartimento di Affari Economici durante la guerra in Asia, quando Macao era un alveare di spie e la Kempeitai, la polizia segreta dell'esercito giapponese, era la partner ombra del suo ufficio; bastava un loro ordine per ridurre la colonia alla fame.
sean connery e honor blackman goldfinger
Durante una trattativa per la vendita di petrolio ai giapponesi sfuggì per miracolo alle mitragliate di un'incursione aerea americana. Negli anni della pace, dovette trattare con i comunisti oltre la frontiera e, probabilmente, con la più feroce delle triadi cinesi, la 14 K - secondo Fleming un altro riferimento aureo - fuorilegge a Hong Kong ma tollerata a Macao.
Se l'immaginario Goldfinger fonde l'oro per farne sedili che installa sugli aerei della sua compagnia, il reale PJ Lobo ha i suoi idrovolanti per trasportare il metallo. Fleming e Hughes incontrano Len Cosgrove, uno scozzese, ex pilota della RAF passato ai comandi di un Catalina, al servizio di Lobo. A ogni viaggio trasporta lingotti d' oro. «Ogni volta qualcosa potrebbe andare storto» dice ai due giornalisti.
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Il taccuino dalla copertina blu navy si affolla di note. Fleming balla con una cinese che si chiama Garbo a Macao. Gioca a golf al Royal Hong Kong, mentre i tank della Repubblica Popolare sfilano oltre la recinzione del circolo e curiosa nel Lok Kwok Hotel, allora un bordello - dove Richard Mason aveva vissuto e tratto il romanzo «Il mondo di Suzie Wong».
In Giappone prende appunti che gli serviranno per scrivere Si vive solo due volte, dai bagni termali alla palestra di arti marziali Kodokan. Come fosse alla caccia di location.
Ma trova il tempo per riflessioni sulla filosofia orientale racchiusa nel simbolo Yin - Yang: «Solo il buono può essere cattivo - solo il credente può diventare blasfemo - solo il nero può cambiare in bianco». Forse pensava al suo anfitrione di Villa Verde, al re dell'oro che somigliava a un dentista di Wimbledon.
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