DAMIANO MICHIELETTO ALL’OPERA DI LIONE – “LA PANDEMIA CI HA AIUTATI A MOLLARE CERTE RIGIDITÀ, A RITENERE CHE L’OPERA SI PUÒ RACCONTARE IN MODO DIVERSO, CI HA COSTRETTI A MISCHIARE GLI INGREDIENTI. E’ LA NOSTRA CREATIVITÀ, LA CAPACITÀ ITALIANA DI TROVARE SOLUZIONI NELLE EMERGENZE. E CON LO STREAMING SI CREA UNA BIBLIOTECA, UNA MEMORIA DELLA LIRICA. NON È SEMPLICE, BISOGNA APRIRSI E NON LIMITARSI A PRESERVARE’’

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Valerio Cappelli per corriere.it

MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz

«All’Opera di Lione si faceva il tampone ogni settimana — dice il regista Damiano Michieletto — lo spettacolo è senza distanziamento. Ho potuto usare la fisicità dei cantanti, che si toccano, si abbracciano, si baciano. Eravamo arrivati a un passo dalla prova generale e poi Macron, dopo che la curva del contagio è aumentata, ha richiuso i teatri».

 

Ma questo sarà egualmente il primo spettacolo lirico in Francia, in forma scenica e davanti al pubblico, dalla seconda ondata della pandemia. La prima è prevista in gennaio, a ridosso della messa in onda in tv. C’è un altro italiano, Daniele Rustioni, che in quel teatro è direttore musicale. Michieletto è il regista dei simboli e dei lampi visionari, di cui è pieno Béatrice et Bénédict di Berlioz. Due storie d’amore, due modi di vivere l’amore. Uno, più defilato, segue le convenzioni sociali; l’altro è la forza dell’istinto.

 

MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz

Berlioz mise in musica Shakespeare.

«Parte da Molto rumore per nulla. Ma lui più che sulla narrazione si concentra sul lato sentimentale. Io ho approfondito il parallelo tra la coppia che rappresenta l’amore più domestico, le nozze come nido; e quello istintivo tra Béatrice et Bénédict che in un giardino-foresta senza giudizi né peccato si ritrovano con Adamo ed Eva, i loro alter ego che entrano nudi. E lottano contro la società che vorrebbe soffocarli e ingabbiarli».

 

Come lo traduce in scena?

«Con una scatola bianca che si riempie di segni: farfalle meccaniche, col loro senso di libertà, ma vengono catturate e messe in una teca; e uno scimpanzé che ha dentro un mimo costruito con calco realistico, a simboleggiare il lato primordiale di Bénédict.

 

MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz

Poi c’è Somarone, personaggio inventato di sana pianta da Berlioz, che ha i suoi adepti nel coro, lui è una specie di cugino di Don Alfonso del Così fan tutte, cinico, sprezzante, distrugge l’Eden, spia e manipola i due protagonisti, ne registra la storia con dei microfoni come in un grande Truman Show: riusciranno a vivere il loro amore?».

 

Cosa pensa degli esperimenti dei teatri d’opera italiani, il racconto della Scala, l’Opera di Roma dove la sala si fa scenografia, il San Carlo su Facebook?

«E’ la nostra creatività, la capacità italiana di trovare soluzioni nelle emergenze. La pandemia è terribile ma ci ha aiutati a mollare certe rigidità, a ritenere che l’opera si può raccontare in modo diverso, penso ai cantanti alle spalle del podio guidati coi monitor, sono crollati tabù. La pandemia rende più flessibili, ci ha costretti a mischiare gli ingredienti, i direttori d’orchestra si sono prestati a ripensare la geografia con la quale si dispone uno spettacolo».

 

E la tradizione dei loggionisti in questo processo...

« Sono tifosi che in attesa di rimettersi la sciarpa e andare allo stadio guardano le partite in tv. Loro vedono Verdi, è un tratto tipico del nostro paese e mi piace che ci sia».

MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz

 

Lo streaming?

«E’ uno degli ingredienti, un modo di comunicare su una piattaforma dove puoi sviluppare il linguaggio del cinema con cui riprendi gli spettacoli, che durano di più e non muoiono dopo poche recite. Si crea una biblioteca, una memoria della lirica».

 

Che non è una priorità per i nostri leader politici.

«Sono consapevole che è una nicchia senza gli ascolti di una fiction, ma non ha senso mettersi a fare gli incompresi. La domanda è: cosa possiamo fare noi teatranti perché ci sia più comunicazione con la società? Non è semplice, bisogna aprirsi e non limitarsi a preservare».

michieletto michieletto

 

E la sua Salome alla Scala saltata per il lockdown?

«Si dovrebbe vedere tra due anni. E’ lo spettacolo a cui tenevo di più, senza riferimenti storici, basata sul mito. Una tragedia familiare ma di matrice greca: Salome l’adolescente predata e orfana, il padre che non c’è, la voce dal profondo che sveglia il suo subconscio, la voglia di vendetta rispetto a una famiglia crudele e omicida».

 

Michieletto, il suo stile sembra mutato, più rarefatto, meno dirompente…

MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz MICHIELETTO Béatrice et Bénédict di Berlioz

«Ho cominciato a lavorare mentre imperava il teatro povero e all’epoca volli riappropriarmi di un linguaggio con luci, costumi, tutto…Ora che l’ho masticato e spremuto mi sto alleggerendo assecondando una estetica più evocativa. Ma non ho mai seguito le mode. Su Rai 5 unirò due atti unici di Cechov sull’amore con il personaggio di un servitore che ho scritto io. Sul palco ci sarà un divano, null’altro».

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