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Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera”
«Sono cresciuta nel campo di atletica di Villa Gentile a Genova: mio padre era il custode. Da bambina, razzolavo tra piste e pedane. Il mio luogo del cuore era la gabbia dove uomini enormi giravano come trottole e lanciavano lontano dischi e martelli. Li guardavo incantata per ore e guardavo la città alle spalle. Pensavo che un giorno sarei stata lanciatrice di martello e sindaca di Genova. Il primo sogno si è avverato».
Silvia Salis ha 35 anni e alle spalle due Olimpiadi, tre campionati del mondo e dieci titoli tricolori. Lasciata la pedana, è diventata consigliere federale e rappresentante degli atleti al Coni. Venti giorni fa, in Campidoglio, ha sposato (matrimonio glamour) Fausto Brizzi, 17 anni più di lei, regista di successo travolto nel 2017 dalla accuse di molestie sessuali nei confronti di alcune aspiranti attrici rintracciate da Le Iene , accuse da cui è stato prosciolto.
Quando lei era bambina il martello era vietato alle donne. Come ci si innamora di una disciplina maschile?
«Mi affascinavano la velocità e la forza della rotazione. E avevo un' eroina, Olga Kuzenkova, russa, campionessa olimpica, la prima a lanciare in body, a truccarsi, essere orgogliosa del suo corpo di donna. Io avevo un fisico da saltatrice in lungo o eptatleta ma sollevavo 190 chili in squat. La forza nelle donne è sempre stata considerata elemento negativo, per me invece è bellezza pura. Le mie coetanee erano costrette a fare danza o a vestirsi da principesse: io volevo lanciare.
Quello dei modelli femminili precostituiti è un dramma tutto italiano».
Spieghi.
«Una delle donne simbolo dell' atletica mondiale è Anita Wlodarcek, fenomeno polacco del martello. Ha un corpo prorompente, lo esibisce con gioia. È una diva, amatissima.
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Noi invece siamo culturalmente arretrati».
Lei che da atleta era sindacalista dei compagni, quando ha smesso è diventata una delle poche donne nel consiglio direttivo di federazione e comitato olimpico italiano...
«Alle elementari sono sempre stata rappresentante di classe, era nel mio destino. Mi sono laureata con una tesi sulla governance nello sport, partendo dal concetto che non basta essere stati atleti di alto livello per diventare buoni dirigenti. In questo mondo se sei donna parti con handicap anche se studi tanto».
Com' è l' ambiente nel quale opera da dirigente? Ancora maschilista e conservatore?
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«Ricordo un incontro col ministro Spadafora al Coni. I presidenti federali gioivano perché alle Olimpiadi manderemo metà uomini e metà donne. Mi alzai in piedi per parlare, attorno avevo solo maschi. Dissi che fino a quando non ci sarebbe stata parità nella politica sportiva saremmo rimasti fermi al Medioevo. Lo sa che non ci sono donne tra i 44 presidenti delle federazioni sportive italiane?».
Tre settimane fa lei ha sposato Fausto Brizzi, il regista al centro di un clamoroso scandalo mediatico in passato. Com' è nata la vostra storia?
«La mia famiglia mi ha cresciuto con un forte spirito critico. La frase preferita di mio padre era: ricordati che a volte Cappuccetto Rosso e il lupo si scambiano i ruoli. Non mi sarei mai perdonata di aver perso la possibilità di vivere un grande amore per quello che di Fausto scrivevano i giornali o pensavano il panettiere o il commercialista sotto casa».
Lei ha conosciuto Brizzi quand' era nella tempesta.
«Ho capito fin dal primo giorno che era un uomo lontanissimo dall' immagine che veniva fatta passare e che è stata demolita dall' indagine: contro Fausto non c' era nulla.
L' ho portato ai Mondiali di Doha ed è stato scandalo. Ma non avevo nessun bisogno di nascondere il mio amore come non nascondevo il mio corpo quando lanciavo».
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All' inizio è stata dura uscire insieme, farsi vedere in pubblico con lui?
«Sì. Ma ci siamo ispirati a David Foster Wallace, il mio scrittore del cuore: "La preoccupazione per ciò che gli altri pensano di te svanisce se pensi a quanto poco pensano a te"».
Quello sollevato dal #metoo, però, resta un problema enorme.
«È una piaga. Ma proprio per questo al clamore mediatico dovrebbe sostituirsi un' attenzione chirurgica nel trattare fatti che invece vengono mortificati dai riflettori puntati da chi vuole solo costruire un programma tv o strappare un' intervista. Un comportamento che danneggia le donne».
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