Andrea Brusoni per “il Giornale”
Una mattina di novembre del 1962, a Milano, i pendolari affollano la stazione di piazza Cadorna. Per ingannare il tempo del viaggio sui vagoni delle Ferrovie Nord, una sosta all'edicola prima di partire è d'obbligo. L'occhio stavolta è attratto da qualcosa di nuovo, che attrae la sua curiosità: un piccolo albo con il primo piano di un volto mascherato e, più in piccolo, una donna che urla atterrita.
Non può che essere così, d'altronde, perché il titolo è esplicito: Il re del terrore. È il numero uno di Diabolik, «Il fumetto del brivido», in vendita a 150 lire. Il formato è tascabile, in modo che si possa facilmente occultare: per l'epoca è una lettura forte, che sfida la (bigotta) pubblica morale. In effetti la giustizia si occuperà di Diabolik più volte, ma il ladro (nonché assassino) riuscirà a scampare ai numerosi tentativi di sequestro da parte delle autorità.
Questo primo storico albo cela un mistero: ancora oggi nessuno conosce l'identità del disegnatore, il colophon non riporta questa informazione. Sembra essere un individuo soprannominato «il tedesco»: vuoi perché indossa sandali e calzini corti, vuoi perché ha avuto un figlio da una donna tedesca. O più semplicemente perché è biondo. Dopo aver consegnato - in ritardo e continuamente sollecitato - le tavole del primo numero svanisce nel nulla e non se ne hanno più notizie.
Negli anni Settanta comincia a circolare un nome, Angelo Zarcone, ma non vi è nulla di certo. Nel 1982 è addirittura il noto Tom Ponzi a investigare su di lui, senza ottenere risultati concreti. Tuttavia, se Diabolik non ha un papà, di sicuro ha due mamme: le sorelle Angela e Luciana Giussani. Milano ha recentemente celebrato il loro genio creativo intitolando loro il giardino di piazza Grandi.
È Angela ad avere l'intuizione. Abita a due passi dalla stazione Nord (il cucinotto dell'appartamento diventerà la prima sede dell'Astorina, casa editrice di Diabolik): osservando il via vai in piazza Cadorna pensa che sia venuto il momento per un nuovo prodotto editoriale, con dei tempi di lettura adatti alle distanze percorse dai pendolari.
Svolge una piccola indagine di mercato (d'altronde è moglie e collaboratrice dell'editore Gino Sansoni) e scopre che il giallo è il genere preferito. Il suo pensiero corre a Fantômas, un feuilleton francese con protagonista un astuto criminale braccato da un ispettore. Può essere un soggetto interessante per una serie a fumetti.
Ci vuole a questo punto un nome. La recente cronaca nera le viene in aiuto. Nel 1958 a Torino era stato commesso un feroce omicidio, l'assassino aveva scritto sotto il falso nome di «Diabolich» diverse lettere alla polizia autoaccusandosi e annunciando nuovi cadaveri.
In realtà l'uomo fa perdere le proprie tracce, senza commettere ulteriori crimini. È probabile abbia copiato lo pseudonimo «Diabolich» dal romanzo Uccidevano di notte di Italo Fasan, dove agiva un assassino di nome «Diabolic».
L'appellativo è vagliato in una riunione di redazione insieme ad altri, e alla fine si impone, grazie alla «k» finale che conferisce esotismo, mistero e una manifesta durezza, sul più banale «Diabolicus». Al nome del protagonista, Angela decide poi di abbinare lo sguardo magnetico e la particolare attaccatura dei capelli dell'attore americano Robert Taylor.
Lo scorso febbraio uscì il numero 900 del fumetto e sorprende che il suo successo non sia stato immediato e che il personaggio abbia impiegato un po' a entrare nelle grazie dei lettori. Eppure, è così. La prima uscita, distribuita solo in alcune edicole del Nord Italia, viene in gran parte resa. Occorre circa un anno prima che Diabolik decolli.
Una crescita che deriva dal miglioramento del fumetto come prodotto editoriale: l'arrivo di un nuovo autore, Enzo Facciolo, innalza la qualità dei disegni, le sceneggiature si fanno più rigorose. Sotto questo punto di vista, Angela e Luciana sono estremamente pignole: le storie devono essere credibili e verosimili.
Spesso si rivolgono al loro medico di famiglia, Carlo Eugenio Santelia, per verificare che le dinamiche di un delitto non contengano errori. La consacrazione di Diabolik diventa manifesta quando nelle edicole comincia a comparire una serie di epigoni, tutti personaggi neri con la kappa: Demoniak, Sadik, Satanik, Kriminal, Zakimort e altri ancora.
È innegabile che nella storia del costume Diabolik sia uno spartiacque fin da subito. Il protagonista è un vero cattivo: ruba, uccide, si fa beffe della giustizia, convive more uxorio (questa poi!) con una giovane donna, Eva Kant, che da vittima era diventa la sua compagna di nefandezze.
Tutto ciò, se da un lato stuzzica l'interesse dei lettori che non hanno mai letto nulla di simile, dall'altro mette sul chi vive i censori e i moralisti. Il terzo albo, L'arresto di Diabolik, viene citato in giudizio perché ritenuto lesivo della morale, si dice che incita alla corruzione. Negli anni successivi si susseguono i sequestri per offesa al pubblico pudore. In quel periodo mostrare in copertina una ragazza in costume mentre nuota basta a far intervenire la giustizia.
Il vento del Sessantotto spazzerà via il bigottismo più becero. E, a proposito dei mutamenti nel costume degli italiani, non dimentichiamo che Diabolik si schiererà a favore del «no» nella campagna referendaria per l'abrogazione della legge sul divorzio, nel 1974.
La popolarità di Diabolik è dimostrata anche dalla trasposizione cinematografica realizzata nel 1968 da Mario Bava. Lo scorso anno i pirotecnici Manetti Bros. hanno portato sul grande schermo la loro versione proprio de L'arresto di Diabolik, con un cast di tutto rispetto: Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea. La pellicola non ha avuto il successo sperato e Marinelli non ha dato la propria disponibilità per il sequel.
Sarà quindi Giacomo Gianniotti a indossare la calzamaglia nera nel nuovo film Ginko all'attacco!, in uscita il 17 novembre in occasione del 60º compleanno del criminale più amato dai lettori.
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