Marco Giusti per Dagospia
vertigo la donna che visse due volte
Che vediamo il 1 agosto nei giorni più caldi dell’anno, con situazioni esplosive in ogni parte del mondo e la Meloni che gioca al piccolo epuratore? Beh, Tv2000 non ci tradisce e alle 20, 55 propone un capolavoro di Alfred Hitchcock che non ho visto da ragazzo, perché faceva parte di quei titoli che il maestro del brivido volle congelare fino agli anni ’80, cioè “Vertigo - La donna che visse due volte” con James Stewart, Kim Novak, Barbara Bel Geddes, Henry Jones, Tom Helmore, Raymond Bailey.
vertigo la donna che visse due volte
Oggi sembra impossibile pensare che un film del genere fosse inaccessibile agli studiosi di tutto il mondo. Ma allora, parlo degli anni ’70, andavamo in processione, io, Tatti Sanguineti, Alberto Farassino, dall’ingegner Piero Tortolina, il più noto collezionista di film di Padova, a vedere il frammento del sogno di “Vertigo” in moviola. E su quello basavamo tutta la nostra scienza di piccoli cinefili.
Negli stessi anni era però possibile vedere “Il trucido e lo sbirro”, Cine 34 alle 21, 05, opera fondamentale di Umberto Lenzi con Tomas Milian, Claudio Cassinelli, Nicoletta Machiavelli, Henry Silva, Robert Hundar. E’ il film dove nasce Sergio Marazzi detto Monnezza, fratello gemello buono del Gobbo. Figlio di un ladro e di una mignotta, come ricordava lo stesso Lenzi, Monnezza “fu una brillante idea dello sceneggiatore Dardano Sacchetti, io lo perfezionai assieme a Milian studiandone il trucco, il modo di parlare in rima romanesca”
. Milian invece cercò di dare al personaggio “una coscienza sociale, quella che ho assimilato frequentando tutti i sottoproletari in America. Più andavo avanti più calcavo la mano nelle parolacce, ma sempre musicalmente. Veniva giù il cinema”. Grande inizio al cinema della prigione dove i detenuti guardano un western italiano. Monnezza si volta verso un amico e pronuncia la frase fatidica: “Reggeme er posto che vada a cagà”.
Su Canale 20 alle 21, 05 avete l’action francese “Overdrive” di Antonio Negret con Scott Eastwood, Freddie Thorp, Ana de Armas, Gaia Weiss, Simon Abkarian, Clemens Schick. Su Canale 27 alle 21, 10 ci sarebbe il sequel del bellissimo “Babe”, cioè “Babe va in città” diretto dal George Miller di “Mad Max” con Magda Szubanski, James Cromwell, Mary Stein, Mickey Rooney. Leggo che il fiasco del film e del più ambizioso “Vi presento Joe Black” portò alla cacciata dalla Universal del capo delle produzioni, Casey Silver.
Ma anche se fu il maggior fiasco del 1998, fu anche il film preferito del 1998 dal critico Gene Siskel. Non venne diretto da Chris Noonan, ma dal suo produttore, George Miller. Già sul primo film, che era stato un grande successo, tra i due era stata una battaglia continua. Rai Movie alle 23, 10 propone il thriller “Fuori controllo” diretto da Martin Campbell con Mel Gibson, Ray Winstone, Danny Huston, Bojana Novakovic, Shawn Roberts, revenge movie che si dimostra poi un mischione politico spionistico.
La5 alle 21, 10 passa il bellissimo “Billy Elliot” di Stephen Daldry con Jamie Bell, Julie Walters, Gary Lewis, Jamie Draven, Jean Heywood, dove un ragazzino di 11 anni, nell’Inghilterra povera della Thatcher nel 1984 decide di seguire i corsi di danza e non la scuola di boxe come vorrebbero i suoi. Elton John si commosse al punto da offrire un musical al regista Stephen Daldry. Iris alle 21, 10 presenta un filmone sulle nevi, “Everest” dello specialista in storie nordiche Baltasar Kormákur con Jason Clarke, Josh Brolin, John Hawkes, Jake Gyllenhaal, Martin Henderson, Emily Watson.
L’islandese Balthasar Kormakur, ha patito le pene dell’inferno per portare a termine il film come Everest, tutto girato in uno studio virtuale. Metter in piedi un piano sequenza all’interno di un teatro di New York non è la stessa cosa, in termini di difficoltà, di girare un film su una spettacolare storica scalata al monte più alto del mondo che in quel del 1996, grazie a una terribile bufera con valanghe, costò la vita a otto persone.
Per l’occasione la Universal e Kormakur sono andati a riprendere montagne e nevi in mezzo mondo, dalle Alpi all’Islanda, da Schnastal agli studi di Cinecittà e di Pinewood a Londra dove sono state girate le scene più complesse impossibili da realizzare realmente a alta quota e dove è stato ricostruito il Campo Base (a Cinecittà). Ma soprattutto la Universal ha inviato una seconda unità in Nepal, sul vero Everest, nel 2014, che ha subito un terribile incidente che è costato la vita a sedici sherpa nepalesi che portavano attrezzature nelle più alte quote.
L’Everest, alta 8.848 metri, la cima più alta del mondo, può vantare ben 250 morti tra gli alpinisti e rocciatori che hanno provato a scalarla dal 1922 a oggi. Anche perché oltre gli 8000 metri non c’è più abbastanza ossigeno per respirare e qualsiasi variazione climatica o fatica può essere fatale. Il film ricostruisce in dettaglio l’operazione che due scalatori esperti come Rob Hall e Scott Fischer, interpretati da Jason Clarke e Jake Gyllenhall, tentarono nel 1996 portando su con loro un gruppo di alpinisti di varie nazionalità.
Ognuno con un suo valido motivo per provare la salita, dal texano Beck Weathers, cioè Josh Brolin, allo scrittore Jon Krakaur, cioè Michael Kelly, al forte Guy Cottel di Sam Worthington, al russo Anatoli Boukrev, interpretato dall’islandese Ingvar Eggert Sigurosson. Proprio dai libri sull’accaduto scritti da due sopravvissuti, Michael Kelly e Anatoli Boukrev, si sono basati gli sceneggiatori di Everest, William Nicholson e Steve Boufay, ma ci hanno lavorato anche Justin Isbell e Mark Meadoff, per raccontare la storia.
Come nei vecchi film western americani con le missioni disperati, i protagonisti, vivi o morti che rimangano alla fine, sono tutti eroi. E le femmine hanno ruoli marginali. In questo caso c’è la mammina buona che aspetta i ragazzi al Campo Base, una palpitante Emily Watson, e le mogli in attesa da varie parti del mondo, come Robin Wright e Keira Knightley. Il film, però, è tutto nella scalata e nella terribile discesa.
Rai Tre alle 21, 20 passa la commedia vacanziera “Ibiza” di Arnaud Lemort con Christian Clavier, Mathilde Seigner, Joey Starr, Olivier Marchal, Frédérique Bel, mentre La7 D alle 21, 25 ri-ri-ripropone “La baia di Napoli”, commedia americana di Melville Shavelson ambientato a Napoli (ma in gran parte è Roma) con Clark Gable, Sophia Loren, Vittorio De Sica, Marietto. E’ uno di quei film americani di Sophia Loren che lòa imposero a Hollywood. Qui rrecita con un Clark Gable già vecchio e malata, sarà il suo ultimo film, ma sempre affascinante.
sharm el sheikh un'estate indimenticabile
All’ultimo momento Domenico Modugno, che aveva un ruolo consistente, dette buca alla produzione e venne sostituito da Paolo Carlini, che non era la stessa cosa. Per le scene di mambo di Sophia il suo coreografo personale era Leo Coleman, che la curò anche negli altri suoi film. Rete 4 alle 21, 25 passa la commedia italiana “Sharm El Sheikh. Un’estate indimenticabile” di Ugo Fabrizio Giordani con Enrico Brignano, Giorgio Panariello, Laura Torrisi, Michela Quattrociocche.
Su Cielo alle 21, 25 passa uno strano film di genere italiano con una macchina killer monolitica, “Monolith”, appunto, di Ivan Silvestrini con Katrina Bowden, Damon Dayoub, Brandon Jones, Jason Hayden, Justine Wachsberger. Vediamo cosa ne scrissi quando uscì. Ma una 500, no? E un Panda? Tutto era meglio del macchinone supertecnologicizzato che può facilmente tramutare la tua vacanza in un horror. Quando poi i comandi della macchina infernale sono tutti sul cellulare e con questo ci fai giocare il pupo… beh…
Un filo prevedibile, ma non è affatto male questo piccolo thriller italiano, 600 mila euro di budget, diretto con professionalità in vere location americane da Ivan Silvestrin (2nigts), prodotto da Sky assieme alla Sergio Bonelli Editore, e interpretato dalla bionda sciapitina Katrina Bowden (Scary Movie 5), il pupo nel sedile posteriore, un cervo morto, un cane affanato, un marito traditore al telefono e poco altro. Il modello, diciamo, è il film internazionale a basso costo come Mine. Può essere un’idea.
Monolith fu però anche un esperimento, visto che era il primo film dalla nuova società di distribuzione Vision, legata a Sky. Incassò 79 mila euro i primi due giorni. Rai Uno alle 21, 25 propone una commedia per signore, “Amore, cucina e curry” di Lasse Hallström con Helen Mirren, Rohan Chand, Charlotte Lebon, Manish Dayal, Juhi Chawla, Om Puri e Tv8 alle 21, 30 un classico come “Il matrimonio del mio miglior amico” di P.J. Hogan con Julia Roberts, Cameron Diaz, Rupert Everett, Dermot Mulroney.
Passiamo alla seconda serata con il poliziesco di Sergio Martino “La città gioca d’azzardo” con il mitico Luc Merenda, la stupenda Dayle Haddon, Corrado Pani, Lino Troisi, Enrico Maria Salerno, Cine 34 alle 22, 55. Non deve essere male il thriller “Before I Go to Sleep” di Rowan Joffe con Nicole Kidman, Colin Firth, Mark Strong, Anne-Marie Duff, Dean-Charles Chapman, dove la protagonista ha perso la memoria e piano piano inizia a ricordare cose terribili. La7 alle 23, 15 passa il primo e unico film di Diego Bianchi, “Arance e martello” con lo stesso Diego Bianchi, Giulia Mancini, Lorena Cesarini, Francesca Acquaroli, Luciano Miele.
arance e martello ilaria spada
Una rarità perché gli errori del film quando uscì, averlo ambientato nella Roma del 2011, ad esempio, possono trasformarsi oggi in elementi storici interessanti. Scrivevo… Eccola la Roma di Alemanno e di Tredicine. La sezione del Pd di Roma Est. Il mercato del rione che sta per chiudere e la gente che si incazza. Il referendum per le dimissioni da Presidente del Consiglio di Berlusconi. La giornata più calda degli ultimi 150 anni.
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La Roma del 2011 che Zoro, alias Diego Bianchi, sempre in calzoni corti e ciavatte, ci mostra è più lontana da noi di quella dei peplum di Carmine Gallone. Non fosse per il Capitano, “fra 200 anni Totti verrà riscoperto come uno di quei grandi filosofi…”, non fosse per la presenza conturbante di Ilaria Spada, “bella, brava, studiosa e… fregna!”, è incredibile come l’arrivo di Grillo e Renzi (per non pensare a quelli arrivati dopo…) abbia del tutto cancellato e spostato nel tempo il 2011 di Alemanno sindaco e Berlusconi Presidente del Consiglio, il dibattito interno nel Pd pre-Renzi e ancora bersaniano.
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Più per i lunghi tempi del cinema che per una precisa scelta, il film di Zoro ci mostra il rudere della Roma del 2011, che certo è un bel tuffo nel passato. E comunque il momento dell’arrivo di Alemanno sindaco, uno strepitoso Giorgio Tirabassi, e del suo assessore Tredicine, qui ribattezzato Quattordicine, a Roma Est fa davvero effetto. Ma è stato davvero possibile? La storia segue la rivolta di fruttaroli, pescivendoli, ambulanti vari di Roma Est quando scoprono che il sindaco ha deciso di chiudere il mercato.
Nemmeno fossero i fruttaroli di “Campo de Fiori” nella versione Aldo Fabrizi. Prima chiedono ai titolari della sezione del PD, la coppia scojonatissima Francesco Aquaroli e Antonella Attili, un aiuto concreto. Ma poi, quando scoprono che anche quella piccola sezione del PD è titubante e, dopo un mini-referendum infruttuoso, la risposta è di aspettare e capire, decidono per l’azione violenta. Così i bottegai del mercato occupano la sezione e prendono un gruppetto di piddiini in ostaggio fino all’arrivo del sindaco e poi della polizia.
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Zoro, interpretando proprio il suo personaggio, più o meno, con telecamerina e ciavette, testimonia il tutto filmando prima quello che doveva essere un documentario sul mercato, poi le ragioni della rivolta, poi la discussione teorica della sezione e infine l’irruzione della polizia. Il suo momento verità di fronte alla macchina è notevole. Sulla carta tutto bene. Gli attori, abbastanza inediti, anche se ci sono caratteristi eccellenti come il grande Stefano Altieri, il nuovo Bombolo romano, come vecchio militante, Nicola Pistoia come pizzicarolo e la bella Margherita Vicario come pesciarola, ce la mettono tutta.
Il problema, anzi i problemi sono altri. Uno il linguaggio. Zoro ha girato decine e decine di docu-verità in giro per le sezioni e nella Roma degli ultimi anni, ma con gente vera, che ci sta a farsi riprendere, ma non con attori. Secondo: la storia. Fino a quando seguiamo il teatrino del mercato e dei personaggi nei singoli habitat ti fai quattro risate. Fanno ridere la coppia di vecchi militanti scazzati, i vecchietti al bar, anche i venditori del mercato.
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Ma quando l’azione si sposta e si chiude nella sezione del PD e il film diventa una sorta di commedia in un ambiente chiuso, c’è meno divertimento e la scrittura si fa più pesante. Pieno di buone intenzioni, pieno di ritratti divertenti, pieno di idee, ma non dotato di una struttura da lungometraggio, il film si perde così in zone di già visto che Zoro e i suoi attori si sarebbero potuti risparmiare, lasciandosi dietro l’allegria della prima parte. Ma, ripeto, magari oggi, storicizzato, diventa un film – rudere estremamente interessante. E poi c’è Ilaria Spada, c’è Acquaroli…
La7D alle 23, 25 propone invece il film sulla Thatcher, “The Iron Lady” di Phyllida Lloyd con una grande Meryl Streep, un altrettanto grande Jim Broadbent come suo marito, Anthony Head, Richard E. Grant, Roger Allam, Olivia Colman. Da rivedere. Iris alle 23, 35 passa un capolavoro di Werner Herzog, “Grido di pietra” con Vittorio Mezzogiorno, Mathilda May, Brad Dourif, Donald Sutherland, Stefan Glowacz, con una spedizione di scalatori pronti a arrivare in cima a Cerro Torre in Patagonia. Un film che non passa mai. Assolutamente da recuperare.
Rai Movie alle 0, 45 passa “Il selvaggio”, grande film di motociclisti ribelli diretto da Laszlo Benedek con Marlon Brando, Mary Murphy, Lee Marvin, Robert Keith, Jay C. Flippen. Cose da sapere? La moto di Marlon Brando era quella davvero sua. Lee Marvin era costantemente ubriaco e la rivalità con Brando seguitava anche fuori dal set.Il personaggio di Marvin, Chino, era ripreso d acerto Willie Forkner detto "Wino Willy".
Brando, che aveva fatto il film solo per il rispetto che aveva per il produttore, Stanely Kramer, adorava il motto del suo personaggio, “nessuno mi dice cosa fare” e lo fece suo. Il ciuffo del personaggio di Brando è lo stesso che ritroviamo nei personaggi di James Dean e di Elvis. “Tiptoes” di Matthew Bright con Gary Oldman, Matthew McConaughey, Kate Beckinsale, Peter Dinklage, Patricia Arquette, 7Gold all’1, è una curiosa commedia matrimoniale, dove La sposa, Kate Beckinsdale, scopre troppo tardi, è pure incinta, che la famiglia del suo compagno, Matthew MacConaughey, è composta esclusivamente di nani. Massacrato dalla critica. Stracultissimo.
Iris all’1, 50 passa l’interessante “Confidenze a uno sconosciuto” di Georges Bardawil con Sandrine Bonnaire, William Hurt, Jerzy Radziwilowicz, Denis Siniavski, dove nella Pietroburgo del 1907 la vedova di un dentista racconta troppe cose a uno sconosciuto che le ha salvato la vita. TV8 alle 2 passa il curioso, ma pesantissimo per i legami col porno, “Don Jon” di e con Joseph Gordon-Levitt nel ruolo di un Don Giovanni dei giorni d’oggi cresciuto con Porn hub, Scarlett Johansson, Julianne Moore, Brie Larson, Tony Danza. Presentato al Sundance, per l’uscita in sala il neo regista dovette tagliare parecchio materiale ripreso da Porn Hub.
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Cine 34 alle 4 propone “Quando l’amore è sensualità” erotico diretto da Vittorio De Sisti con Gianni Macchia, Agostina Belli, Ewa Aulin, Françoise Prévost, Femi Benussi. Vittorio De Sisti che riprende la coppia alla Di Leo formata da Gianni Macchia e Françoise Prevost e aggiunge la superstar sexy Agostina Belli. Come scriveva Giovanni Buttafava, è soprattutto un “successo di assonanza Belli-Antonelli (900 milioni)”. La Belli si trova in breve tempo in cima alle richieste del tempo.
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“E’ stato un film molto nuovo e diverso per me…”, dice la Belli a “Cine70”, soprattutto difficile da interpretare perché toccava l’argomento della violenza sessuale tra le mura domestiche e dovendo girare delle scene di nudo molto provocanti vivevo il set con una grande angoscia. Questo mi ha creato molti problemi a livello psicologico. Oltre tutto c’era anche un Gianni Macchia molto bravo che faceva questo ruolo di marito padrone e brutale con molto impeto e virilità. Devo ammettere che è il film che mi ha imbarazzato di più…”. Personalmente, allora, preferivo Monica Monet che ha nel film un piccolo ruolo di tossica.
Ma per i maschi c’erano anche Ewa Aulin e una Femi Benussi nudissima a completare l’harem di Gianni Macchia il macellaio. Il gioco è sempre la provincia, qui quella di Piacenza, la Chiesa, e il sesso. Ma in questo caso ci sono anche echi samperiani e bertolucciani.Chiuderei con il bellissimo “Paterson” diretto da Jim Jarmusch con Adam Driver, autista di autobus e poeta che abita nella cittadina di Paterson, Golshifteh Farahani, la moglie. Adorabile. è un film che è difficile non amare. Anche se non c’è un filo di storia, di drammaticità, e quella che c’è è subito trasformata in commedia.
Jarmusch è uno dei pochi poeti rimasti nel mondo del cinema, ancora legato ai festival post-nouvelle vague degli anni ’70. In “Paterson” ci descrive sia la bellezza anni ’50 di Paterson, la cittadina nel New Jersey, dove il mondo sembra essersi fermato, e il mondo poetico di Paterson, l’autista. La sua vita è descritta in sette capitoli, o sette stanze poetiche, da un lunedì mattina al lunedì mattina della settimana dopo. Ogni giorno Paterson ripete le stesse cose con poche varianti, sveglia alle 6, 10, qualche effusione con la bella moglie iraniana, Golshiften Farahani, il ritorno a casa, l’uscita serale col cane Marvin, la sosta al bar di Doc, cioè Barry Shabaka Henley.
Le poche varianti sono le diverse poesie che Paterson scrive prima di iniziare a guidare, i dialoghi tra i passeggeri che sente sull’autobus, gli incontri che fa al bar, i dialoghi con la moglie che sta tutto il giorno a casa a colorare di bianco e nero qualsiasi cosa o a preparare dolcetti, sempre in bianco nero, per il mercato del sabato.
All’interno di queste piccole variazioni, Jarmusch ci parla di William Carlos Williams, il poeta preferito di Paterson l’autista e che a Paterson tenne un corso di fisica, di Allen Ginsberg, anche lui nato a Paterson, di Iggy Pop, che nel 1970 venne a cantare a Paterson, di Lou Costello, il cittadino più celebre di Paterson, del giornale anarchico che si pubblica a Paterson con titolo italiano, “La conquista sociale”, che si rifà alla memoria di Gaetano Bresci, che da Paterson partì per cercare di uccidere Umberto I. Ma la moglie Laura cita pure Petrarca, e non a caso si chiama Laura, e porta il marito a vedere un vecchio horror in bianco e nero di quando il cinema era cinema, The Island of Lost Souls.
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