Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera cercando accuratamente di evitare tutti i talk sulla vittoria di Trump? Lo so. Non sarà facile. Avete un vistissimo, anche se sempre divertente, “Troy” di Wolfgang Petersen con Brad Pitt, Eric Bana, Orlando Bloom, Diane Kruger, Sean Bean, Brian Cox, Peter O'Toole, Canale 20 alle 21, 05, e uno stravisto “Don Camillo”, il primo, quello diretto da Julien Duvivier con Gino Cervi, Fernandel doppiato da Lauro Gazzolo, Leda Gloria, Franco Interlenghi, Vera Talchi, Sylvie, un tempo pura propaganda anticomunista dei canali berlusconiani, ormai schiaffato su Cine 34 alle 21, 05.
Ma io punterei sul mai visto, almeno da me, “Per amare Carmen”, versione diretta nel 2003 dal vecchio Vicente Aranda con l’allora esplosiva e sempre nuda Paz Vega assieme a Leonardo Sbaraglia, Antonio Dechent, Joan Crosas, Jay Benedict, Rai Movie alle 21, 10, anche se è più Prosper Merimée che Bizet.
Ma la parlantina e il bel corpo di Paz Vega, che usciva dallo strepitoso “Lucia y el sexo”, fanno la differenza. Su Canale 27 alle 21, 10 fate ancora quattro risate con “Quasi amici”, commedia di strepitoso successo scritta e diretta da Olivier Nakache e Eric Toledano con François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Audrey Fleurot, Clotilde Mollet. Inutilmente cercarono in Italia una coppia per farne un remake, ricordo che lo chiesero a Checco Zalone, anche perché quando il film uscì non fu più possibile pensare di farne uno identico.
Venne rubato parecchio, invece, il titolo e venne rubata anche l’idea di due ocmpletamente diversi che fanno coppia. Anche se quella non era certo un’idea originale. Non è male il legal dramma con padre giudice e figlio avvocato di successo in città “The Judge” di David Dobkin con Robert Downey jr. in coppia col vecchio Robert Duvall, Vera Farmiga, Vincent D'Onofrio, Jeremy Strong, Iris alle 21, 10. Mediaset Italia 2 alle 21, 15 ripropone il primo episodio, il migliore e il più politico, della saga “Hunger Games”, diretto da Gary Ross con una stupenda Jennifer Lawrence prima di diventare una star di Hollywood, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Elizabeth Banks, Woody Harrelson.
La terra sta per esplodere a causa di un riscaldamento eccessivo del nucleo che fermerà il movimento rotatorio del pianeta, cosa fare? Ce lo spiegano nel fantascientifico “The Core” di Jon Amiel i coraggiosi Aaron Eckhart, Hilary Swank, Stanley Tucci, Delroy Lindo, Tcheky Karyo, che pensano di andar giù nel centro della terra e buttare una bombetta. Bum! Così così. Italia 1 alle 21, 20 propone finalmente un film davvero comico come “Quo vado?” diretto da Gennaro Nunziante con Checco Zalone, Eleonora Giovanardi, Sonia Bergamasco, Maurizio Micheli, Lino Banfi.
Il film uscì nella fase calante del governo Renzi. Ricordiamo la battuta di Jena-Barenghi sulla Stampa: “Milioni di italiani corrono a vedere Checco Zalone e noi ingenui ancora ci meravigliamo che al governo ci sia Renzi”. Il film fu qualcosa in più di un qualcosa di un grande successo, visto che esordì in sala il 1° gennaio del 2016 con 7 milioni di euro il primo giorno e 7 il secondo, per arrivare a 65 alla fine delle feste di Natale. E fu subito polemica sul fatto che fosse comicità di destra o di sinistra, che al tempo si traduceva in renziana o antirenziana.
La Mancuso dal “Foglio”, avanguardista zaloniana di destra, tanto da essere premiato oggi da Giuli, aveva cominciato ancor prima dell’uscita del film a titolare che “Zalone fa paura alla sinistra da salotto” (mortacci!) o “Serviva Zalone per svelare il segreto di Fabio Fazio” (ari-mortacci!) o “Ha voglia Franceschini a dire che la sinistra non deve aver paura di Zalone: la fifa resta” (ari-ari-mortacci!”). Christian Raimo sull’”Internazionale” sbandierò come titolo “Critico col renzismo ma indulgente con tutto il resto. La commedia all'italiana bonaria per il ceto medio impoverito e spaventato”.
Poi Luca Telese, sentendo odor di antirenzismo, volò al cinema in cerca di reazioni del pubblico alla canzoncina celentenasca anti-renziana che oggi nessuno ricorda più. Ma sarà stata davvero anti-renziana? Passiamo alla seconda serata col documentario sul Derby Club di Milano diretto da Marco Spagnoli, “C’era una volta il Derby Club”, Rai Storia alle 22, 20. Tv2000 alle 22, 55 passa il film pacifista di Terrence Malick “La vita nascosta - Hidden Life” con August Diehl, Valerie Pachner, Michael Nyqvist, Jurgen Prochnow, Martin Wuttke.
Vediamo cosa ne scrissi quando lo vidi a Cannes. 173 minuti. Più che un film è un sequestro di persona questo nuovo, magari anche interessante, ma estenuantissimo nuovo film di Terrence Malick, A Hidden Life, dedicato alla vita di Franz Jägerstätter, fattore Alto Atesino che si rifiutò di piegarsi al nazismo. Malick ne fa una sorta di martire, costruendogli un’aurea cristologica di tutto rispetto.
Franz, interpretato dal bravissimo August Diehl, già maggiore tedesco in Inglourious Basterds nonché genero del regista, non accetta di dichiarare la propria fedeltà a ciò che lui ritiene sia il male, cioè il nazismo. In ogni istante della sua vita, potrebbe tornare indietro, fingere, come hanno fatto milioni di tedeschi, ma per lui non è possibile. E accetta un percorso di martirio che, come gli dicono i suoi aguzzini, da Mathias Schoenarts a Bruno Ganz, è del tutto inutile, perché nessuno ne verrà a conoscenza e non cambierà certo le sorti della guerra.
Ma per Franz e per la sua adorata moglie, Valerie Pachner, bravissima, che lo sostiene in ogni istante della sua vita, opporsi a una bugia così sostanziale, l’accettazione del male come normalità, è tutto. Eppure né Franz né sua moglie sono intellettuali, ma semplici montanari, agricoltori in continuo rapporto con la natura e con Dio. Malick punta a una ricostruzione mistica della storia, ovviamente esagerando come gli abbiamo fatto veder fare in questi ultimi anni.
Non c’è inquadratura che non abbia una luce naturale tra le montagne o dietro le nuvole, non c’è nessuna semplicità diciamo rosselliniana di ripresa. E’ tutto così preciso e grondante da farti venire il mal di testa dopo dieci minuti, salvo soccombere come ha fatto un grosso critico dietro di me che russava ferocemente, o fartelo piacere. Riconosco che, rispetto agli ultimi Malick, almeno ha una storia da seguire, ma ha pure una messa in scena così ripetitiva che non riesci a non annoiarti.
Specialmente nella lunghissima zona centrale, dove Franz capisce che non deve accettare il nazismo. Quando se lo prendono e se lo portano via, il film almeno ha una svolta e l’apparizione di Bruno Ganz è salutata dai vecchi critici con un’ovazione. Ma il film non riesce a costruire, come in Hunger di Steve McQueen, una cristologia moderna che faccia esplodere il film. Su Rai Movie alle 23, 45 passa il bel film civile di Steven Spielberg “The Post” con Meryl Streep proprietaria di giornale illuminata, Tom Hanks direttore, Alison Brie, Matthew Rhys, Bruce Greenwood, Sarah Paulson.
Era piaciuto a tutti, quando uscì, a parte i giornalisti del “New York Times”, che scrissero “Buon film ma cattiva ricostruzione storica”. Bad History, sostenne James Goodale, allora collaboratore del “New York Times”, perché evidentemente il film di Spielberg spingeva tutta la storia dal punto di vista del “Washington Post” esagerando il suo impegno nella vicenda dei Pentagon Papers a scapito dei giornalisti del Times, che non solo furono i primi a fare uscire lo scoop, ma anche i primi, e questo nel film non si vede, a procedere contro le decisioni illiberali della presidenza Nixon.
Al di là della polemica, più che giusta, a Spielberg e ai suoi sceneggiatori interessavano però anche altre cose legate alla storia dei Pentagon Papers, che uscirono nel 1971 e portarono avanti un processo di controinformazione che sfocerà qualche anno più tardi nel caso Watergate, dove protagonista furono davvero il Post coi suoi due celebri giornalisti, Bob Woodwarde Carl Bernstein, immortali al cinema in Tutti gli uomini del presidente da Robert Redford e Dustin Hoffman, e il suo direttore Ben Bradlee, impersonato da Jason Robards, molto più credibile nel ruolo di Tom Hanks.
Intanto a Spielberg e soci importava, nel primo anno di presidenza Trump, un film sulla libertà di stampa. Li possiamo capire. Anche se, curiosamente, The Post nasceva, a quel che ha detto Meryl Streep, sull’onda della sicurezza della vittoria di Hillary Clinton, dell’arrivo della prima donna americana presidente. Una storia che si ripete oggi con la nuova vittoria di Trump e la sconfitta della seconda donna candidata, Kamala Harris. E così, con una presidente donna, la storia di Katherine Graham, la prima editrice donna di un giornale americano all’interno di un’industria e di un mondo tutto maschile, avrebbe avuto allora un altro senso.
Italia 1 alle 23, 50 ripropone “Il ciclone” di Leonardo Pieraccioni con Leonardo Pieraccioni, Lorena Forteza, Natalia Estrada, Benedetta Mazzini, Paolo Hendel, Massimo Ceccherini e Mario Monicelli. Iris alle 23, 55 passa addirittura “Eyes Wide Shut”, l’ultimo film di Stanley Kubrick con Tom Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Leelee Sobieski, Rade Serbedzija. Quando vedrete “Babygirl” di Halina Eejis vedrete come la Kidman riesca a riproporci oggi la stessa camminata nuda che osava fare nel film di Kubrick.
Su Cielo all’1, 40 torna, ma non so quanto ne avessimo bisogno, l’hard in versione soft “Nerone e Poppea” di Bruno Mattei e Antonio Passalia con Piotr Stanislas, Françoise Blanchard, Patricia Derek, Gino Turini, Mario Novelli e NIck Di Gioia. Rai Movie all’1, 45 passa l’unico film americano di Ken Loach, tutto dedicato agli immigrati, “Bread and Roses” con Pilár Padilla, Adrien Brody, Elpidia Carillo, Jack McGee, George Lopez. Mentre Cine 34 alle 2, 45 prosegue con la rassegna dedicata a Marcello Avallone, con “Maya” con Peter Phelps, Mariella Valentini, William Berger.
Per la gioia di Meloni, Sangiuliano e Giuli su Iris alle 3 trovate “Tolkien”, biopic del grande scrittore diretta da Dome Karukoski con Nicholas Hoult, Lily Collins, Patrick Gibson, Anthony Boyle, Tom Glynn-Carney, Iris alle 3. Tardino… Alla stessa rete Rete 4 passa la commedia sentimentale “La cosa buffa” diretta da Aldo Lado con Gianni Morandi per la prima volta nella sua carriera nudo, Ottavia Piccolo, Angela Goodwin, Fabio Garriba, Claudia Giannotti.
Rai Movie alle 3, 30 nasconde il film veltroniano, proprio tratto da un romanzo di Walter Veltroni, “La scoperta dell’alba” diretto da Susanna Nicchiarelli con Margherita Buy, Sergio Rubini, Susanna Nicchiarelli, Lina Sastri, Gabriele Spinelli, dove la protagonista riesce a parlare con la se stessa di vent’anni prima grazie al telefono delle casa al mare. Un po’ ridicolo. Cine 34 propone una grande doppietta sexy per chiudere la nottata, “Il trafficone” di Bruno Corbucci con Carlo Giuffrè, Marilù Tolo, Tina Aumont, Lino Banfi, Enzo Cannavale, alle 4, 20 seguito da “La prima notte del Dottor Danieli, industriale col complesso del giocattolo” di Gianni Grimaldi con Lando Buzzanca, Françoise Prevost, Katia Christina, Saro Urzì.
la prima notte del dottor danieli, industriale col complesso del giocattolo
Allora ci sembrò una commedia erotica sicula non perfetta e neanche così brillante, che del resto non piaceva nemmeno al suo protagonista. Eppure il successo di questo film di Gianni Grimaldi (un miliardo e 600 mila lire dopo due mesi di programmazione), costruito a partire da una commedia, Aragoste di Sicilia, che Grimaldi aveva scritto con Bruno Corbucci e che aveva portato a teatro con Tuccio Musumeci, Enrica Bonaccorti e Leo Gullotta, contribuì in grandissima parte al culto italiano e internazionale di Lando e del suo cinema machissimo.
la prima notte del dottor danieli, industriale col complesso… del giocattolo 2
Grandi scambi di battute tra figlia e madre: «Carlo è un gentiluomo!», «Carlo è un frocio!». Ecco… Tutto girato a Acireale. Presentando la pellicola, in lavorazione, al quotidiano catanese La Sicilia, Grimaldi spiega: «È uno dei miei film, intendo dire dei miei soliti film. Chiamateli come volete, di satira, di costume: la tematica non si discosta da quelle delle mie ultime fatiche. Ci sarà più comicità che in Un caso di coscienza o almeno tenterò di farlo scorrere più allegramente. Un film scacciapensieri, insomma.»
la prima notte del dottor danieli, industriale col complesso… del giocattolo 3
Riguardo al sesso, Grimaldi poi spiega: «Non è che io sia uno di quei moralisti bigotti e cavernicoli, ma l’eccessiva libertà sessuale di cui attualmente tutti vanno così fieri, mi lascia un po’ perplesso. Ho dovuto trattare l’argomento satiricamente, come è mio costume, ma sotto il velo della comicità, chi vuole potrà trovare la denuncia ad un particolare tipo di società attuale. Ho voluto con me Ira Furstenberg perché sono fortemente convinto che cinematograficamente non sia stata ancora valutata. In tre film che farà con me ne farò una stella di prima grandezza. Tra un po’ mi darete ragione». La chiudo qui.
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