Marco Giusti per Dagospia
Trigger Warning - jessica alba
Che vogliamo vedere stasera? Avete già smesso col calcio, mi sa, eh… Confesso che stasera mi butterei sui film più cafoni del momento. Sembra che “Trigger Warning”, film di commando di Netflix con Jessica Alba in versione mora diretto da certa Mouly Surya sia anche più cafone di “Under Paris” o “Sous la Seine”, megacazzatona con squali nella Senna che si potrebbe remekkare a Roma coi piranhas nel Tevere. Ricorderete sicuramente la storia che racconta Carlo Verdone ai portantini coatti all’Isola Tiberino in “Un sacco bello”… Ce stanno i piranhas nel Tevere, ce stanno…
Trigger Warning - jessica alba
Leggo che è bellissimo invece il documentario “Black Barbie”, sulla bambola nera della Mattel. Lo trovate su Netflix. Come trovate su Netflix e anche su Sky l’ultimo film di Paolo Virzì, il poco riuscito “Un altro ferragosto” con Silvio Orlando, Sabrina Ferilli, Laura Morante e Vinicio Marchioni truccato da palestrato di destra, un bel po’ fotocopia del nuovo fidanzato della Ramazzotti.
Devo dire che la plateale litigata al ristorante tra Virzì, la moglie e il fidanzato della moglie avrà sicuramente un peso nella diffusione del suo nuovo film. Quando l’ho visto, trovai divertente il monologo della Fanelli che piange al film sfigato da cineclub (“Sto a di’ che ‘sto film è bello perché dice la verità, finalmente: la gente fa schifo, apposta c’arriva addosso solo la merda… Dovemo morì tutti, se lo meritamo. Dovemo morì tutti, e pure male”).
E anche l’idea di mettere assieme nella scena la campionessa del cinema morettiano, Laura Morante con lo scialletto, e il campione del cinepanettone, Christian De Sica, mi piace. Ma molti, troppi personaggi, penso a quello di Ema Stokolma, vengono buttati lì, dicono due cose e scompaiono, altri non vengono sviluppati quando vorremmo saperne di più, Silvio Orlando, che riprende il ruolo dell’intellettuale Sandro Molino, passa dalla macchietta del vecchio comunista un po’ rimbambito a quello che sogna l’Italia della resistenza entrando in un bianco e nero con tanto di Pertini (troppo alto) col mitra in mano.
Per non parlare dell’effetto cringe che ci danno i due personaggi gay, il figlio riccio di Orlando, il pur ottimo Andrea Carpenzano, e il marito Noah, interpretato da Lorenzo Saugo, della pochezza che dimostrano sia la famiglia di sinistra che quella di destra, dove, morti davvero i fondamentali Ennio Fantastichini e Piero Natoli, che interpretavano i mariti della Marisa di Sabrina Ferilli e della Luciana di Paola Tiziana Cruciani, si inseriscono il fascistoide personaggio di Vinicio Marchioni, pronto a sposare in diretta social la ricca figlia influencer di Luciana, Anna Ferraioli Ravel, e Christian, che fa il solito Christian alla Sordi, nuovo uomo di Marisa.
Alla fine, però, non so se sia voluto, ma stai dalla parte dei fascio-coatti. Perché questi post-comunisti di Virzì sono macchiettacce impossibili.
Occhio che su Amazon trovate “Back to Black”, il biopic su Amy Winehouse. E trovate anche “Caracas” di Marco D’amore con Toni Servillo e Marco D’Amore, tratto dal romanzone “Napoli ferrovia” di Ermanno Rea, tomo di 700 pagine che descrive la coesistenza nel quartiere più degradato di Napoli di estremismi e reietti di ogni tipo. Al grido di “A me sta democrazia ha rotto il cazzo”, benvenuti nel mondo fascio/islamico già descritto da Rea e ora da D’Amore col personaggio di Caracas, sciagurato fascista violento che, malgrado il nome, non si è mai mosso da Napoli, diventato musulmano dopo l’invasione americana dell’Iraq, alla ricerca della luce di Dio.
Divide la scena con la sua fidanzata tossica Yasmina, la strepitosa e bellissima giovane attrice francese Lina Camélia Lumbroso, due disperati prodotti dal quartiere e che il quartiere ha unito per sempre, a farsi letteratura, a imporsi agli occhi dello scrittore, il Giordano di Toni Servillo, anche lui cresciuto, in altri anni, ma certo non in un minor degrado, a Napoli Ferrovia.
Il film merita di essere visto con più attenzione di quanta ne abbia avuta al cinema. Ma non è un film facile, perché osa uscire dalla narrazione lineare della storia e punta a qualcosa di più complesso, come a andare alle radici di una costruzione letteraria. Eppure il film non perde mai il suo fascino, grazie anche a una fotografia, a una musica, a una ricerca scenografica di grande ricchezza.
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