daniel day lewis lena olin l'insostenibile leggerezza dell'essere
Marco Giusti per Dagospia
Mentre “Evangelion: Death (True) 2” rimane ieri saldamente in testa alla classifica dei film italiani più visti con altri 55 mila euro per un totale di 110 mila euro in due giorni e l’unico film italiano in top ten, “School of Mafia”, precipita al decimo posto con un totale di 46 mila euro (disastro, eh?), sarete contenti di trovare in streaming su Prime un film epocale come “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Philip Kaufman con Daniel Day Lewis diviso tra una giovanissima Juliette Binoche e una ultrasexy e irresistibile Lena Olin al suo primo film americano.
Tratto dal libro di Milan Kundera, che Dago lanciò in Italia ai tempi arboriani di “Quelli della notte”, non è solo un grande film, ma un documento importante perché ci lavorarono anche registi cechi importanti per fornire una esatta ricostruzione del fermento culturale degli anni sessanta di Praga e l’orrore dell’invasione russa del 1966.
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Milos Forman non lo volle girare, perché aveva ancora amici e famiglia a Praga, ma molto aiutò Kaufman e il suo sceneggiatore, Jean-Claude Carriere, nella ricostruzione della città del tempo. La prima scena che girò Lena Olin nel film è proprio quella più hard dove è nuda con Daniel Day Lewis. E ce la ricordiamo tutti.
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Stasera in chiaro in prima serata è quasi un evento l’arrivo dell’horror-romantico/acquatico ultrapremiato a Venezia, e agli Oscar “La forma dell’acqua” di Guillermo Del Toro, Rai Uno 21, 15, con Sally Hawkins fenomenale come la ragazza innamorata del mostro acquatico, Doug Jones, inseguiti da un cattivissimo Michael Shannon nell’America razzista degli anni’60, Octavia Spence che ruba la scena a tutti, Richard Jenkins cartellonista sfigato pazzo per Audrey Hepburn.
Quando in un film metti assieme una creatura mostruosa e una donna, si sa più o meno come vanno a finire le cose. Come nei suoi due grandi horror spagnoli, Del Toro costruisce un horror politico legato a un preciso momento storico, la conquista dello spazio, le lotte per i diritti civili in Alabama. Pieno di ben precisi riferimenti cinematografici e musicali, il film è una delizia per gli spettatori più cinefili, ma è anche, come abbiamo detto, una grande favola romantica.
Iris si spara alle 21 “L’uomo che uccise Don Chisciotte” di Terry Gilliam con Adam Driver e Jonathan Pryce, che non vale forse il bellissimo progetto maledetto del Don Chisciotte di Terry Gilliam con Johnny Depp e Jean Rochefort, che divenne un film a se stante, ma segna comunque la fine di un incubo.
Cine 34 si lancia su due film scritti, diretti e interpretati da Vincenzo Salemme, “No Problem” con Sergio Rubini e Giorgio Panariello alle 21 e “Cose da pazzi” con Maurizio Casagrande e Carlo Croccolo subito dopo. In “No Problem”, scritto da Salemme assieme al toscano Ugo Chiti, si toccano, pur con leggerezza, due tasti importanti di questi tempi, la costruzione della famiglia allargata e multietnica e la lettura popolare della fiction televisiva come proiezione di famiglia ideale.
catherine spaak lando buzzanca la schiava
Canale 20 alle 21, 05 ripropone “V per vendetta” di James McTeigue con Natalie Portman e Hugo Weaving mascherato, Rai Due alle 21, 20, ha finalmente un buon film d’azione come “Man on Fire” di Tony Scott con Denzel Washington, Dakota Fanning, Radha Mitchell, Christopher Walken e Mickey Rourke.
La perla stracult della prima serata è però “Peninsula” o “Train to Busan2” di Song-ho Yeon con Dong-won Gang, Rai 4 alle 21, 20, sequel ufficiale del fondamentale “Train To Busan”, col suo bel carico di zombie sul treno e nelle stazioni quattro anni dopo il primo fatto.
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Non scommette molto su “Point Break” nella versione firmata da Ericson Core con Edgar Ramirez, Luke Blacey, Ray Winstone e Delroy Lindo, Italia 1 alle 21, 20, né su “Il mio nome è Modesty” di Scott Spiegel, Spike alle 21, 30, con Alexandra Staden come la spia pop Modesty Blaise che già venne interpretata (non con grande successo) da Monica Vitti diretta da Joseph Losey.
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Mi interessano di più su Cielo alle 21, 15 “The Colony” di Jeffrey Remfroe con Laurence Fishburne, Kevin Segers e Bill Paxton, e su Rai Movie alle 21, 10 il più drammatica “Beate” di Samael Zarmandili con Donatella Finocchiaro, Paolo Pierobon e Maria Roveran.
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Altro evento, ma della seconda serata, La7 alle 22, 30, è il passaggio di “Diaz” di Daniele Vicari con Elio Germano, Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, film prodotto da Fandango e da Rai Cinema, che avrebbe dovuto avere una finestra su un canale Rai, e che invece chiude le serate introdotte da Andrea Purgatori su La7, “Atlantide”, ricordando i vent’anni che ci separano dai fatti di Genova ai tempi del G8. Ma c’è forse stato un direttore di rete della Rai che ci abbia pensato?
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E qualcosa mi dice che nemmeno “Bella ciao”, il documentario che girai per la Rai Due di Carlo Freccero a caldo, malgrado il passaggio a Cannes, le prime pagine dei giornali e tutto il casino sviluppato verrà mandato in onda su una rete generalista. Come non lo fu allora.
Fa ancora paura, mi sa, come “Diaz” che, girato dieci anni fa, affronta non solo una ferita tuttora aperta, e dimostra, assieme a “Acab” di Stefano Sollima o a “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini, che il nostro cinema, quando vuole, è perfettamente in grado di raccontare la realtà. “Diaz”, forte della presentazione a Berlino, è una ricostruzione fedele e precisa dei giorni di Genova e della “macelleria messicana” operata dalla polizia prima alla scuola Diaz e poi nel carcere di Bolzaneto.
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E’ un film importante, perché dopo una prova di violenza così assurda, tutte le speranze di “un mondo migliore possibile” di una intera generazione di ragazzi si sono infrante. E il conto lo paghiamo ancora adesso, vent’anni dopo. E il disastro, e questo “Diaz” lo racconta benissimo, non è stato solo italiano, ma europeo. Perché a Genova c’erano tedeschi, spagnoli, francesi. E la repressione poliziesca si è abbattuta su tutta una generazione di ragazzi europei.
Certo, non fa un grande onore alla Rai non trovare uno spazio per trasmettere “Bella Ciao” o “Diaz” quando passano, lo vedete da voi, ogni sorta di filmetti inutili… Magari, però, anche stasera a “Diaz” preferite l’horror giapponese “Zombie contro Zombie” di Shinichiro Ueda con Yuzuki Akiyama, Takuya Fujimura, Rai 4 alle 23, 20, o l’ennesima replica del “Graffiante desiderio” di Sergio Martino con Vittoria Belvedere e Serena Grandi, Cielo alle 23, 15, che magari sarà diventato un po’ meno graffiante ormai.
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Più interessante, lo sappiamo, il bel giallo nordico “Insomnia” di Christopher Nolan con Al Pacino che non dorme da giorni, settimane, forse mesi e va a caccia di un serial killer, Iris alle 23, 40. Da non perdere, e credo che sia una prima assoluta in tv, il bellissimo film di Roberto De Paolis “Cuori puri” con Selena Caramazza e Simone Liberati, Barbora Bobulava e Edoardo Pesce, Rai Movie, una love story di periferia, diciamo Tor Sapienza, girata con molto cuore, che parecchio piacque alla Quinzaine di Cannes qualche anno fa.
Nel film, Stefano, Simone Liberati è un venticinquenne testacalda ma buono che alterna lavoretti poco producenti a amici balordi e una pessima situazione coi genitori. Agnese, Selene Caramazza, è una diciottenne normale con una mamma troppo possessiva e supercattolica, Barbora Bobulova, che l’ha obbligata a giurare castità assoluta fino al giorno del matrimonio. Capirai…
Bello anche il thriller fantascientifico “Source Code” di Duncan Jones, il figlio regista di David Bowie, Rai Uno alle 23, 50, con Jake Gyllenhall che per cercare di evitare un’esplosione letale su un treno deve ritornare nel tempo proprio su quel tremo e capire dove sia la bomba e chi sia il bombarolo.
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Nella notte le vostre passioni cinefile si possono appagare con “Effetto notte” di François Truffaut con Truffaut stesso, Jacqueline Bisset, Nike Arrighi, Rete 4 alle 00, 35. Non è dello stesso genere proprio uno dei rari film sui nazistelli romani, “Teste rasate” di Claudio Fragasso con GianMaria Tognazzi, Giulio Base, Franca Bettoja e un grande Francesco Acquaroli ancora sconosciuto, Cine 34 alle 00, 45.
Tanti anni fa ci prendemmo una cotta per “Sindrome cinese” di James Bridges con Jane Fonda, Michael Douglas, Jack Lemmon che ora è finito su La7 alle 2, 20 e non ricordiamo più bene neanche di cosa tratti. Chiuderei con tre film di un certo interesse.
Il curioso “On the Road” del brasiliano Walter Salles con Sam Riley, Garrett Hedlund, Kristen Stewart, Iris alle 3, 30, L'"On The Road" del brasiliano Walter Salles, sceneggiato da José Rivera e da Roman Coppola (che non lo firma in quanto coproduttore), che è esattamente quello che ci aspettavamo.
Attento, carino, educato, anche quando la bella Kirsten Stewart fa la sua bertolucciata acchiappando i piselli dei giovani protagonisti, Garreth Hedlund nei panni di Sal/Kerouac e il bonazzo Sam Riley in quelli di Dean/Neal Cassady, ma alla fine un po' privo di vita, senza invenzioni particolari.
Notevoli i cammei di Viggo Mortensen come William Burroughs e di Steve Buscemi come gay ancora coi baffetti di "Boardwalk Empire" (gaynunsepovede). Poi l’ormai imbarazzante “La schiava” di Giorgio Capitani, Iris alle 3, 30, dove Lando Buzzanca teorizza, scappando dalla moglie Catherine Spaak e dall’amante Adriana Asti, che l’unico modo per sopportare il rapporto con l’altro sesso e prendersi come moglie una schiava.
Considerato film antifemminista e supermaschilista, anche se Capitani sosteneva che i critici non ne avessero capita l’ironia…, è salvato a tratti dallo strepitoso decalogo che detta Lando alle donne: “Primo non rompere i coglioni”. O da Gordon Mitchell come aviatore nazi che dice sempre Lutwaffe! Luttwaffe! E Lando gli risponde con un “Ma Lutwaffanculo!”. Infine il fantasy-horror prodotto da Claudio Argento e non amato da nessuno “Luci lontane” di Aurelio Chiesa con Tomas Milian, Laura Morante e William Berger. L’ho visto? No.
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