VIDEO - L'INSEGUIMENTO DELLE MINI IN ''THE ITALIAN JOB''
Marco Giusti per Dagospia
Il divano dei Giusti 7 novembre
Siete ancora in attesa della conta dei voti di Biden e Trump? Avete già visto le attesissime prime due puntate di “Romulus”? E “Suburra”? Io, in attesa dei risultati americani, mi sono rivisto “JFK” di Oliver Stone su Sky, ma mi sono addormentato a metà film sul divano. Diciamo che è un po’ verboso. Meglio forse fare un ripasso di storia americana su La7 alle 21,15 con “Gettysburg”, filmone storico per la tv ma molto ben fatto di 4 ore diretto Ronald F. Maxwell con Tom Berenger, Martin Sheen, Sam Elliott.
Venne visto al tempo da 23 milioni di americani. Magari è più divertente, ma ha una fama pessima, “The Women” su Rai Movie alle 21, 10, stroncatissimo ma cultissimo remake del celebre film di George Cukor interpretato solo da donne, qui in versione 2008 diretto da Diane English con un cast che va da Meg Ryan a Annette Bening, da Carrie Fisher a Eva Mendes, da Candice Bergen a Jada Pinkett. Diane English non ha più girato un film da allora.
Per i fan della commedia sexy vedo che su Cielo alle 21, 15 passa “La nipote” di Nello Rosati con Francesca Muzio, orfanella che negli anni ’50 va a vivere nella villa palladiana dello zio Luigi. Ahi! Lui, lo zio, Daniele Vargas, è il solito sporcaccione, la moglie Kiki, Annie Karol Edel, pure peggio, il figlio è un guardone. Lei porterà lo scompiglio nella compagnia di depravati. Grande successo del tempo.
Con un cast più o meno di sconosciuti, incassa la bellezza di 1 miliardo 62 milioni nella stagione 74-75 e lancia Rossati come regista di commedie sexy. Orchidea De Santis, che nel film ha una grande scena di seduzione del ragazzo, mostrandosi china mentre insapona i panni e lui dovrebbe studiare, “Come deve essere istruito, lei!”, parla bene del film.
“Lo considero un ottimo film, una perla della mia carriera, perché pur essendo un film minore, realizzato con pochi mezzi, è stato comunque diretto con cura e professionalità. (..) Ricordo bene gli sforzi del vecchio Armando Bertuccioli per non farci dormire sotto i ponti. Un personaggio incredibile. Era quasi sempre senza una lira eppure riusciva, con pochissimo, a portare a termine un film” (“Amarcord”). Non male neanche Vargas che guarda la nipotina sulla scala nella tipica sequenza alla Malizia.
Magari è un po’ più interessante il coltissimo “Gemma Bovery” di Anne Fontaine con la bellissima Gemma Aterton e Fabrice Luchini, Rai Movie alle 23, 05, tratto dalla graphic novel di Posy Simmonds e sorta di raffinata rilettura del celebre romanzo di Gustave Flaubert con un panettiere, Luchini, che in Normandia rivede nell’inglese Gemma Bovery e nei suoi amori la stessa storia e le stesse passioni di Madame Bovary. Ottimo per il pubblico femminile, direi.
Era un film di grande culto internazionale “Un colpo all’italiana” o “The Italian’s Job” di Peter Collinson, La 7 alle 23, 30, con Michael Caine, Noel Coward, Benny Hill, strepitosa rapina in quel di Torino operata da un gruppo di ladri inglesi sulle Mini Morris che gareggiano con le Fiat per le strade italiane. Un film che fece epoca da subito nel 1969 e che è stato più volte imitato. Ma è difficile ricostruire il sapore d’epoca e il culto delle auto del tempo.
Per i più cinefili vedo che stasera Rai Tre a tarda notte ha preparato un interessante piattino, “Le livre d’image” di Jean-Luc Godard alle 2 e l’ancor più raro e di culto “Austerlitz” di Sergej Loznitsa alle 5, 40, ispirato in qualche modo al romanzo di Winfried G. Sebald. Sul film di Godard, che vedemmo a Cannes nel 2018 tra le lacrime, scrivevo che ci appariva proprio come il film che segnava la fine del cinema. Altro che il Covid.
Scrivevo: Qualcuno si emoziona quando parte un celebre dialogo da Johnny Guitar. "Dimmi una bugia… dimmi che per tutti questi anni mi hai amato". Lo conosciamo a mente, certo. E una scena così va bene anche interrotta con un'immagine nera, non chiusa. Va bene anche se seguito, con un montaggio ironico da un'altra battuta, stavolta godardiana che si unisce bene. Nessuno come Godard sa giocare con le immagini, i dialoghi, toglie, aggiunge, ferma, torna indietro. La scena dei partigiani uccisi nel Po di Paisà di Rossellini è unita a un video simile dell’Isis. Lo stesso orrore.
A una dotta discussione sull’immagine e il mondo arabo e il cristianesimo (“Il Cristianesimo è la morte dell’immagine”). Curioso poi che proprio nell'anno delle battaglie di Cannes contro i critici da Twitter, che dovrebbero essere distrutti dalla visione in contemporanea dei film pubblico-critica, Godard, in questo magnifico studio-funerale dedicato all'immagine e al suo rapporto con la parola rispetto al cinema e alla nostra percezione, dopo quelli dedicati al Socialismo e al linguaggio, arrivi proprio a stupirci, a toccarci con un film che gioca proprio sul tempo, sulla persistenza dell'immagine nel nostro linguaggio e sulla sua riproposizione continua.
“Austerlitz” di Sergej Lotsnitsa, altro film che vi consiglio di vedere o registrare è una sorta di candid camera che riprende, senza trucchi, i turisti di mezzo mondo di oggi che vanno a vedere i campi di sterminio nazisti. I loro sguardi privi di interesse, la voglia di fotografare tutto e niente, la massa di selfie inutili. Ispirato ma solo teoricamente al capolavoro omonimo di Sebald, un libro fondamentale sul 900, non è una specie di Vacanze intelligenti di Alberto Sordi per cinéphiles, coi turisti scemi che si fanno i selfie. Anche se lo sguardo del regista, spesso, è molto ironico e i turisti, tutti vestiti uguali, fanno ridere.
“Austerlitz”, che forse qualcuno metterà erroneamente tra i film dedicati allo Shoah, è una delle opere più importanti e moralmente rigorose che si siano viste in questi ultimi anni e traduce dal capolavoro di Sebald due idee fondamentali. La perdita della memoria del 900, che il protagonista del romanzo, appunto Austerlitz, cerca di rincorrere in mezza Europa. E la ricostruzione delle immagini. Nel romanzo Austerlitz, il protagonista del romanzo, che si chiama proprio Austerlitz, scopre il volto della madre facendosi proiettare a ralenti l'unico filmato mai girato dalla propaganda nazista a Theresin.
Lotzintza prende queste idee e le ribalta oggi a Auschwitz. In bianco e nero, a macchina rigorosamente fissa, filmando il flusso di una massa incredibile di turisti che guarda e fotografa distrattamente la memoria del campo di concentramento. Si fanno selfie con la scritta "Il lavoro rende liberi", entrano e escono dai forni. Stiamo perdendo la memoria del 900 e ogni rigore morale affogata nella moltiplicazione infernale delle immagini.