Estratti da adnkronos.com
Taylor Swift non è solo una che riempie le arene, genera Pil e fa aumentare l’inflazione: secondo un sondaggio di “Newsweek”, sarebbe in grado di decidere le presidenziali americane. Il 18% degli intervistati ha detto che “probabilmente o molto probabilmente” voterebbe un candidato sostenuto da Swift.
In questi giorni il sito “Semafor” ha svelato il piano di un donatore e di una consulente democratica di creare una super-primaria condotta da Michelle Obama, Taylor Swift e Oprah Winfrey per trovare un candidato alternativo a Joe Biden. Che ricevette l’endorsement della popstar nel 2020, ma non in questo caso. La forza politica di Swift è riconosciuta anche da Donald Trump, i cui sostenitori (e forse anche qualche troll e bot controllato dalla sua campagna) si dilettano ad attaccarla sui social, diffondendo anche deepfake di suoi nudi.
Esiste in Italia qualcuno in grado di spostare così nettamente l’ago della bilancia politica? Forse no, ma sicuramente esistono delle popstar che usano il palco per mandare messaggi politici, ed esistono gruppi di fan fedeli e appassionati come gli “Swifties”, che potrebbero essere indirizzate in caso di elezioni.
Vasco Rossi
Il rocker ha seguaci che non si perdono un tour e che lo seguono da decenni. Il suo impegno politico però non ha mai cercato le masse, né di allinearsi ai partiti principali. Si definisce radicale e pannelliano, nel 2021 fece una canzone (XI comandamento) in cui attaccava i no vax, attirando notevole odio social, nel 2023 dal palco di Bologna disse che “L’Italia non conta nulla, da Meloni ai comunisti, da Salvini ai 5 Stelle raccontano solo favole”. Pochi giorni fa se l’è presa di nuovo con il leader leghista: “"Per essere intolleranti basta esser solo un po' ignoranti. Come lui”. I fan ci sono, l’endorsement decisamente no.
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Rapper e trapper
Potrebbe esserci in Italia un inno come quello che venti rapper francesi hanno dedicato a Jordan Badella e Marine Le Pen, pieno di “ca**a in calore”, “fuori le pistole” e “Jordan sei morto”? Assai difficile. Dalle nostre parti i rapper se la prendono sì con le “ca**e” e con le “bitches”, ma in genere si tratta delle donne che frequentano, non di leader politiche, e questi testi durano il tempo di entrare in classifica Spotify: a quel punto inizia la ripulitura dei contenuti per girare in radio e incidere il prossimo tormentone estivo con la voce femminile per la parte melodica.
È il caso di Fedez, Sfera Ebbasta, Dark Polo Gang... Testi politici li hanno Fabri Fibra, Ghali, e innumerevoli altri rapper e trapper che parlano di emarginazione, immigrazione, riscatto sociale. Il problema è che i loro fan, in genere under-30 che cercano artisti più o meno maledetti, difficilmente votano e difficilmente si farebbero convincere a votare qualcuno.
Annalisa, Elodie, Emma, Angelina Mango, Mahmood
Che ne è invece della categoria “popstar contemporanee che riempiono gli stadi”? Il bilancio è in chiaroscuro. C’è chi come Elodie ha attaccato Salvini definendolo “piccolo uomo che scatena odio, ignorante”, Emma Marrone si è schierata per i porti aperti e al fianco di Carola Rackete quando Salvini (sempre lui) era ministro dell’Interno. Questi attacchi probabilmente galvanizzano le rispettive fanbase ma non spostano voti da una parte all’altra.
Annalisa, dall’alto della sua laurea in fisica, è stata la madrina del Roma Pride 2024, ma oltre ai temi sociali non si è schierata. Angelina Mango, forse la più popolare artista del momento insieme a Mahmood, è troppo timida e stordita dall’improvviso successo per lanciarsi in una campagna politica (domani, chissà). Parlando di Mahmood, i suoi testi sono personali, e diventano politici perché parlano della sua vita da figlio di una donna italiana e di un uomo egiziano che lo ha trascurato e si è rifatto un’altra famiglia dopo un periodo in carcere.
Gianni Morandi
Forse l’unico in grado di muovere le folle, di spostare il consenso, di convincere gli italiani a votare in un certo modo, è Gianni Morandi, che quest’anno compie 80 anni ed è uno dei pochi ad avere fan sia tra i centenari che nella generazione Zeta: corre le maratone, va in tour con Jovanotti, canta con Rovazzi e conduce le prime serate Rai1, è una star di Instagram ma si è formato leggendo Marx (Morandi ha solo la quinta elementare ma il padre comunista lo faceva leggere ogni giorno).
Si definisce di sinistra, però al dunque ha manifestato apprezzamento sia per Schlein che per Meloni. A parte qualche corsetta con Prodi, ha sempre preferito non schierarsi nettamente per questo o quel politico, forse perché sa cosa si rischia quando chi ti loda oggi poi ti volta le spalle: a 27 anni la sua carriera era finita, e ci sono voluti 15 anni di purgatorio e l’autobiografica “Uno su mille” per tornare alla ribalta.
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