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Riceviamo e pubblichiamo da Filippo Facci:
Caro Dago,
non è che mi sono abboffato di colomba per rigettarla tutta dopo aver letto che Travaglio non si dà pace neanche a Pasqua. In linea di massima, cazzi suoi: ma non posso sopportare che metta in mezzo una come Barbara Carfagna (che lo farebbe scappare con uno sguardo) solo perché si è permessa di riscrivere l'ovvio in bella copia, ossia che il racconto di un comportamento, da parte di chiunque, cambia a seconda di chi l'abbia avuto.
C’è Boncompagni con le sue minorenni conclamate e c’è Berlusconi con le sue minorenni indimostrate (in sede penale, la preferita di Travaglio) in un parallelo che ci sta tutto, e che può far pensare, fine. Barbara Carfagna l'ha fatto, ma ecco, Travaglio sente il dovere di precisare che le sue polemiche berlusconiane «non hanno mai riguardato il suo sacrosanto diritto di fare quel che gli pareva nella sua vita privata, ma la sua possibile ricattabilità».
Cioè: ha parlato l'autore di «Papi», libro del 2009 a cui mancavano soltanto le tette in copertina e così consapevole dell'operazione sputtanante (per Travaglio) da esorcizzarla di continuo, allora come oggi: «Uno scandalo politico», «Il caso Berlusconi non è una faccenda personale» scriveva prima di regalarci 331 pagine di vecchie storie dei tempi di Drive In, e raccontini delle attricette di Saccà, queste cose, il tutto con Berlusconi che manco era indagato: altro che processo e cronaca giudiziaria. Quindi non racconti troppe balle, Travaglio, e lasci stare le Carfagna. Si tenga la sua frutta avvizzita.
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Filippo Facci