1. GLI USA SI PIEGANO AGLI HACKER SONY: CANCELLATA LA PREMIERE DI “THE INTERVIEW”
james franco e seth rogen in the interview
La première a New York di “The Interview” è stata cancellata dopo che il gruppo di pirati informatici responsabile del cyber-attacco alla “Sony Pictures” ha minacciato di attaccare i cinema che intendono proiettare il film. I “Guardians of Peace” (GOP) ieri hanno avvisato on line gli spettatori: «Vi mostreremo chiaramente e in ogni luogo che manda il film “The Interview”, quale destino amaro sia riservato a coloro che cercano divertimento nel terrore. Ricordate l'11 settembre 2001. Vi consigliamo di tenervi lontani da quei luoghi e di lasciare la vostra casa, se dovesse trovarsi nelle vicinanze».
La “Sony” ha lasciato libertà di decisione ai cinema. Potevano proiettare la commedia satirica di Seth Rogen e James Franco o cancellarla. Il cinema di Manhattan ha scelto la seconda opzione. L’ultima minaccia dei Gop arriva subito dopo il leak della scena in cui il dittatore della Corea del Nord muore. La scorsa estate il regime nordcoreano ha dichiarato che la pellicola era un “atto di guerra che avrebbe portato a impietose ritorsioni”. Dall’altro lato c’è però il gruppo per i diritti umani “Fighters for a Free North Korea” che ha annunciato di aerotrasportare nel paese copie del DVD di “The Interview”, da usare come strumenti controrivoluzionari.
Mentre si attende il “regalo di Natale” promesso dagli hacker, due ex dipendenti della Sony hanno fatto causa all’azienda per non aver protetto i dati dei lavoratori. La causa è stata presentata in un tribunale distrettuale della California.
the interview james franco e seth rogen
2. GLI HACKER DI HOLLYWOOD
Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
Sono passate oltre tre settimane, ma il più devastante attacco hacker della storia contro una società privata non ha ancora un responsabile e nell’indifferenza generale minaccia di trascinare il mondo in una guerra elettronica capace di demolire equilibri politici e mercati. Lunedì 24 novembre il quartier generale della Sony Pictures Entertainment di Culver City, negli Usa, è stato violato da un cyberattacco senza precedenti.
Il sistema informatico della divisione cinema del colosso giapponese, già aggredito nel 2011, è rimasto paralizzato per ore. I guerrieri elettronici sono riusciti a rubare milioni di file riservati, causando danni stimati in quasi 200 milioni di dollari. Il sistema Sony è finito off-line e i seimila dipendenti della società, accendendo i loro terminal, hanno trovato il messaggio “Hacked by Gop”, con la minaccia di diffusione di dati sensibili.
Alle minacce sono seguiti i fatti. I terroristi cybernetici, dopo aver compromesso le e-mail, hanno sottratto e rivelato online dati sui nuovi film della Sony, informazioni sui salari di dirigenti e star, documenti confidenziali e d’identità, oltre che gli indirizzi dei dipendenti.
L’indiziato numero uno dell’attacco, su cui indaga l’Fbi, è clamoroso: Kim Jong-un, giovane dittatore della Corea del Nord, accusato di aggressioni simili anche ai danni degli uffici di Seul del governo sudcoreano. Nelle prime ore successive all’attacco, i sospetti sono stati rivolti verso Pyongyang per ragioni deduttive. Il 25 dicembre nelle sale americane uscirà il film The Interview , prodotto dai Sony Studios di Hollywood. Non si tratta di un qualsiasi blockbuster di fine anno (in Italia è atteso per il 22 gennaio).
La commedia, frutto della collaborazione tra James Franco e Seth Rogen, racconta il tentativo maldestro di rapire e assassinare proprio Kim Jong-un. Nelle intenzioni dichiarate doveva essere «un’opera satirica», tesa a ridicolizzare sia il grottesco regime nordcoreano che il dilettantismo dei servizi segreti Usa.
Il fantomatico conduttore televisivo Dave Skylark, deficiente a vanesio, entra casualmente nelle grazie dell’ipotetico dittatore di Pyongyang e assieme al suo produttore, essendo i soli due stranieri al mondo nelle condizioni di avvicinarsi all’ultimo dei Kim, decide di risolvere a modo suo uno dei più complessi nodi politici ereditati dalla Guerra Fredda. La non volontà dell’istigazione a delinquere è chiara, i protagonisti puntano a far ridere e la Cia ne esce peggio dell’uomo che minaccia di accelerare la corsa alle armi atomiche.
Già a luglio però, mentre The Interview finiva di essere girato, il kolossal Usa centrato sull’omicidio di Kim Jong-un e prodotto da un’etichetta giapponese aveva spinto Pyongyang a minacciare di «trascinare la regione nella guerra ». L’agenzia del regime aveva avvertito che «fare un film che mina la leadership del nostro Paese è uno sfacciato atto di terrorismo e di guerra e non sarà tollerato».
La minacce si erano spinte a preannunciare «contromisure spietate » in risposta all’uscita di The Interview nelle sale. Sono seguiti mesi di silenzio, fino all’attacco di fine novembre. Dopo il blitz degli hacker, Pyongyang ha negato ogni responsabilità, ma ha detto che si è trattato di «un’azione giusta ».
Il colpo di scena, ai primi di dicembre. Hacker anonimi, sedicenti autori dell’attacco, sono entrati in contatto con i dirigenti Sony per chiedere un riscatto in cambio della restituzione della banca dati della società, di valore inestimabile. Il riscatto non era in denaro: i cyber terroristi volevano il ritiro del film anti-Kim dai cinema del tutto il mondo. I manager della Sony si sono rifiutati di cedere e nell’impotenza di servizi segreti e polizia elettronica internazionale le cose sono, se possibile, ancora peggiorate. Dai sistemi informatici aziendali sono stati sottratte copie di altri film ancora da distribuire, oltre che la sceneggiatura di Spectre, il nuovo 007 con Daniel Craig e Monica Belluc- ci. Ha quindi preso il via un impressionante stillicidio di documenti rubati, inviati sui computer dei più importanti media globali.
attacco hacker alla sony 6 attacco hacker alla sony 7
L’attacco ha compiuto così un salto di qualità, passando dal danno economico a quello politico e personale. Sui desk di giornali e tivù sono apparsi e-mail e documenti imbarazzanti sia per la copresidentessa Sony, Amy Pascal, che per il produttore Scott Rodin. La prima avrebbe espresso apprezzamenti razzisti contro Barack Obama e demolito Angelina Jolie, definita «mocciosa senza talento ». Non solo pettegolezzi però. In uno scambio di mail l’ad chiedeva di tagliare le scene più scabrose del film su Kim Jong-un, in particolare quella in cui la faccia del dittatore viene fatta esplodere. Lo stesso, secondo i documenti hackerati, avrebbe fatto l’amministratore delegato di Sony, Kazuo Hirai, posto sotto pressione sia dalla Casa Bianca che da Pyonyang.
Nel fine settimana, mentre i legali della società ricordavano ai media e agli internauti che utilizzare documenti rubati configura il reato di riciclaggio, il commando misterioso è tornato incredibilmente in azione. Questa volta nel mirino è finito il Playstation Network, sempre di Sony, e per alcune ore i milioni di utenti non hanno potuto collegarsi. A rivendicare l’attacco è stato un gruppo di hacker chiamato Lizard Squad e basato in Russia. Un altro gruppo, autodefinito “Guardiani della pace” si è assunto la responsabilità dall’aggressione a causa di The Interview . In una mail inviata ai dipendenti, ha chiesto a dirigenti e artisti di dissociarsi dal film e dall’azienda, minacciando l’incolumità delle famiglie di chi non lo farà.
angelina jolie incontra e gela amy pascal di sony
«La Sony Pictures cadràa pezzi – hanno scritto – vittima di un attentato senza precedenti ». Ieri la reazione: i 6 mila dipendenti della società hanno promosso un’azione giudiziaria comune contro i propri vertici, chiedendo un risarcimento danni miliardario per «non aver saputo difendere la riservatezza collettiva ». Già in agosto un oscuro episodio aveva coinvolto il presidente della multinazionale, John Smedley: un allarme-bomba aveva costretto all’atterraggio di fortuna il volo su cui era imbarcato. L’Fbi aveva scoperto che poche ore prima del decollo qualcuno aveva chiesto denaro per scongiurare azioni di pirateria informatica.
angelina jolie e amy pascal prima del sony leak
A scuotere in queste ore le cancellerie internazionali e il mondo del business non è solo la sensibilità rispetto al colossale furto di informazioni industriali. L’allarme suona a causa dell’impotenza di servizi segreti e polizia sia davanti ai cyber-attacchi, sia nell’individuare i responsabili. Le più importanti case cinematografiche di Hollywood sono state costrette ad arruolare società private di sicurezza informatica. La stessa Sony, pur svuotata dei suoi segreti, si è affidata alla Mandiant, specializzata in inchieste cybernetiche. L’Fbi ha allertato tutte le aziende americane sulla presenza di un maleware nordocoreano, diffuso dalla Cina, capace di distruggere anche i sistemi più protetti.
Intanto il mistero-Sony non è stato risolto, The Interview sta per arrivare nelle sale, la tensione tra Pyongyang e Washington continua a salire e Kim ha chiesto ieri all’Onu di portare gli Usa davanti ai giudici con l’accusa di «tortura sui detenuti». Gli occhi sono puntati sul giorno di Natale, quando gli americani vedranno il finto Kim aggredito sugli schermi. Pechino ha chiesto «chi si assumerà la responsabilità di un eventuale attentato, o di una disastrosa crisi politica». La rivoluzione digitale comincia a porre problemi che nemmeno un film avrebbe immaginato.
QUEI SEGRETI INUTILI DEL CINEMA CHE PIACCIONO SOLO AI MEDIA
Aaron Sorkin per “The New York Times” pubblicato da “la Repubblica” - Traduzione di Marzia Porta
premiere blindata a los angeles per the interview
Tre settimane fa la Sony è stata vittima di un imponente attacco informatico messo a segno da un gruppo criminale che si fa chiamare “I guardiani della pace”. L’Fbi ha definito l’attacco sofisticato, aggiungendo che deve aver richiesto una spesa considerevole. I Guardiani non hanno dovuto fare altro che lanciare la palla: sapevano che i nostri mezzi di comunicazione avrebbero abboccato senza indugio.
Come prima cosa sono stati divulgati i salari. Poi gli hacker hanno reso pubblici documenti, indirizzi di casa, password dei computer, dati relativi ai conti bancari, valutazioni professionali, numeri di telefono, gli pseudonimi che gli attori famosi usano quando fanno il check-in negli alberghi (uno stratagemma usato per tenere lontani i fan eccessivamente zelanti) e persino i dati sanitari dei dipendenti della Sony e dei loro figli. Io non sono parte disinteressata.
minacce ai cinema che proiettano the interview
Uno degli scambi di mail pubblicati era incentrato per lo più su Steve Jobs , un film le cui riprese stavano per iniziare e di cui ho scritto la sceneggiatura: da quelle carte emerge occasionalmente il mio nome. Tra queste c’è una mail in cui propongo di scritturare Tom Cruise per il ruolo di protagonista (è vera), una seconda in cui un dirigente comunica a un altro dirigente di sospettare che io sia sul lastrico (non è vero) e una terza in cui si ipotizza che io sia sentimentalmente legato all’autrice di un libro sul quale sto basando una nuova sceneggiatura (magari fosse vero).
Visto che sia io che due miei film ne escono un po’ ammaccati, forse non ho la credibilità per dire «non me ne importa nulla». Ma le offese meschine divulgate non sono nulla rispetto al fatto stesso che siano state divulgate. E che a divulgarle non siano stati gli hacker, ma dei giornalisti che hanno fatto il loro gioco.
Per Hollywood non è stata certo una bella giornata. Perché in questa città di persone potenti e audaci nessuno ha reagito? Noi creiamo film. E se gli altri studios avessero applicato il principio della Nato, dichiarando che attaccare la Sony equivale ad attaccare tutti noi e la nostra fede incrollabile nella libertà di espressione, non avremmo forse creato un momento degno di un film?
kim jong un brucia nel film the interview con seth rogen e james franco
Se fosse intervenuto il sindacato degli autori e dei registi? Se la Motion Picture Association of America, che rappresenta l’industria cinematografica a Washington, avesse bussato alla porta del Congresso per far notare che era in corso un attacco ai danni di uno dei maggiori esportatori d’America? Mi rendo conto che i media fanno regolarmente uso di informazioni trafugate.
È così che, tanto per usare un argomento molto sfruttato, siamo venuti a conoscenza dei Pentagon Papers . In questi documenti però non c’è nulla che possa anche lontanamente sfiorare il livello di pubblico interesse delle informazioni contenute nei Pentagon Papers . Queste mail contengono forse informazioni dalle quali si evince che la Sony sta violando la legge? No. Che sta ingannando il pubblico? No. Che sta danneggiando i propri clienti? No. C’è forse anche una sola frase in queste mail che lasci supporre che sia stato commesso un illecito? Contengono qualcosa che potrebbe aiutare, informare o tutelare qualcuno?
Il condirettore di Variety ci fa sapere di aver deciso che le informazioni trapelate erano «degne di pubblicazione». Muoio dalla voglia di domandargli quale passaggio degli appunti della post-produzione della Sony sul nuovo progetto di Cameron Crowe sarebbe degno di pubblicazione . E lo sarebbe al punto da concretizzare le intenzioni di individui che si dichiarano pronti ad uccidere delle famiglie, e che sino ad oggi hanno tenuto fede tutte le loro minacce.
Diciamo che ogni testata che ha fatto il gioco dei Guardiani della pace è spettacolarmente indegna. Se chiudete gli occhi, potete immaginare gli hacker seduti in una stanza, intenti a scartabellare i documenti in cerca di quelli capaci di fare più danno. Nella camera accanto ci sono i giornalisti americani — che fanno la stessa cosa. Gli hacker almeno lo fanno per una causa, per quanto folle e criminale. La stampa lo fa per soldi.
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