la regina elisabetta si affaccia al balcone di bukingham palace per la parate del giubileo di platino
PG per “il Giornale”
Intanto i Sex Pistols sono arrivati al primo posto della classifica streaming inglese con un brano del 1977 allora bandito da radio e tv: God save the Queen, Dio salvi la regina. Quarantacinque anni fa la band più costruita della storia, quella che «non sappiamo suonare e per questo suoniamo», pubblicò la canzone durante il Giubileo d'Argento della regina Elisabetta. Naturalmente non era di certo un omaggio alla monarchia ma piuttosto un invito alla ribellione in perfetta linea con il neonato stile punk.
Adesso che il Giubileo di Queen Elisabeth è diventato di platino, anche il brano perde i cromosomi di protesta e diventa più che altro il souvenir di un'epoca passata. Di certo, se una canzone simbolica ma scassata come questa è tornata in cima alla classifica non è semplicemente per la gigantesca celebrazione della più grande icona pop del momento (ossia la Regina Lilibet).
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Una parte del merito è anche di una miniserie uscita da poco, quella sì contestata pure da uno dei protagonisti. Diretta dal gigantesco Danny Boyle (regista di Trainspotting del 1996), Pistol è ispirata dal libro di uno dei componenti dei Sex Pistols (Steve Jones) e contestata da un altro della band, John Lydon che all'epoca si faceva chiamare, tanto per non usare giri di parole, Johnny Rotten, Johnny il marcio.
Ovviamente la gran parte di chi ascolta God save the Queen non ha la minima idea di che cosa abbia rappresentato nella storia della musica. Però conferma che si è definitivamente aperta la fase del recupero della musica considerata morta e sepolta ma invece ancora capace di piacere.
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