1. FESTA SPECIALE PER BRUNO VESPA, AUGURI DA POLITICI E ARTISTI
Renato Franco per il “Corriere della Sera”
Vent' anni di Porta a porta : Bruno Vespa ieri sera ha festeggiato in tv (dove se no?) le 2.512 puntate del suo programma, definito da Andreotti la «terza Camera dello Stato», che nel mondo della politica-spettacolo equivale a una patente (e che patente) di autorevolezza:
«Beh, ovviamente ne vado orgoglioso, è stata una definizione centrale», racconta Vespa prima di andare in onda. «Per me Porta a porta è un pezzo di vita, ma dentro c' è anche la storia d' Italia». Piaccia o meno, questo è indiscutibile: dal 1996 a oggi Vespa ha raccontato - con il suo angolo di veduta, personale come ogni visuale - quello che è passato nel nostro Paese.
Ieri è andato in scena un amarcord che ha messo insieme Agnelli e Maradona, Liza Minelli e Alberto Sordi, fino agli otto presidenti del Consiglio transitati nel suo salotto. Il primo - Romano Prodi - ieri come allora era in collegamento per omaggiare il conduttore.
Ancora il giornalista: « Porta a porta è una finestra sull' Italia e sul mondo, la svolta è stata la contaminazione tra mondo dello spettacolo e mondo della politica, con attenzione al privato dei politici». Non a caso ieri i saluti istituzionali sono arrivati dai più alti rappresentati dei due mondi: Mattarella (con una lettera scritta di suo pugno) e Fiorello (con un messaggio video, come fosse Sanremo).
Tra i momenti più emozionanti di questi 20 anni Vespa ne cita due: «La telefonata del Papa insieme al terremoto dell' Aquila, per me che sono aquilano un momento straordinariamente toccante».
Ieri si sono visti gli ospiti che sono passati con maggior frequenza in trasmissione, da Milly Carlucci a Carlo Conti, da Prodi a Berlusconi (in studio): «Mancava solo Renzi, ma ha avuto un problema all' ultimo se no ci sarebbe stato». C' erano anche i mitici per alcuni, famigerati per altri, plastici, che hanno scandito tre delitti che hanno fatto storia: Cogne, Avetrana e Perugia.
«I plastici sono stati la scoperta dell' acqua calda. Tutti i giornali pubblicavano i disegni degli ambienti dei delitti. Noi in tv avevamo pure il vantaggio di avere rispetto alla carta una dimensione in più. Lo aveva già fatto Corrado Augias, ma passò inosservato. Quando lo feci io, un putiferio». Gli ascolti più alti per due fatti tragici e diversi: otto milioni e mezzo in prima serata per il crollo delle Torri Gemelle e per l' arresto di Anna Maria Franzoni. Un errore? «Forse qualche puntata di troppo proprio su Cogne».
2.VENT'ANNI ATTACCATO ALLA POLTRONA (FRAU)-VESPA FA 20 ANNI
Michele Masneri per Lettera43.it
Questa è una storia di poltrone; poltrone di pelle bianca su fondo azzurro. In un paese affamato di signorilità, ma con pil da sempre non scoppiettanti, le poltrone Hydra per Poltrona Frau, di pelle candida, invariabili dalla prima puntata del 22 gennaio 1996, hanno arredato la abusatissima "terza camera dello Stato" (copyright Giulio Andreotti, che a un dibattito in Senato in cui non se lo filava nessuno disse appunto "andrò da Vespa").
Dopo vent'anni, abolito il Senato, Porta a Porta, che celebra stasera una puntata speciale, diverrà seconda camera dello Stato, mantenendo però le stesse sedute. Camera con uso di cottura, perché tra le tante anticipazioni e intuizioni del Maestro dell'Aquila, c'è quella della fine della politica e l'inizio dell'era culinaria:
nel 1997 il celebre risotto di Massimo D'Alema con un Vissani proto-Cracco, che allora pareva burinissimo e cattivissimo ma oggi fa tenerezza di fronte ai cuochi nativi televisivi, anticipava di una decina d'anni la temperie celebrata poi da Boris ("solo la ristorazione è una cosa seria, in Italia"), capiva meglio dei grillini il disgusto degli italiani per la politica (dunque restava a galla, nella moria dei talk concorrenti).
Ma Porta a Porta non è mai stato solo un talk. Sport, belcanto, duelli tra deputate e ministre, ministre e trans, Berlusconi che firma un contratto con una B molto complessa, Berlusconi che fa odorare la sua santità, Berlusconi che - unica volta nella storia della Repubblica - rimane interdetto, quando con nemesi televisiva una sciabolatrice azzurra gli dice "mi farei toccare da lei".
Un teatro popolare con personaggi fissi e variabili, che conosce il divertimento rossiniano, il dramma verdiano, il colore di Puccini: zingari, spadaccine, cantanti, presunti assassini, pontefici che telefonano. C'è un'ouverture, la sigla di Via col Vento, c'è anche un primo e secondo atto. Tutto su fondo azzurro.
Si è detto che Porta a Porta è filogovernativo e berlusconiano, e lo è non politicamente ma esteticamente. A partire da un immaginario da Brugherio o Milano2: nel paese di Compassi d'oro, di Castiglioni e Magistretti, la scelta di quelle poltroncine bianche disegnate da Luca Scacchetti, designer non celebre, diciamo, paiono uscite da una sala Freccia Alata o da uno studio di commercialista bresciano.
E sono il pendant perfetto alla libreria in laminato o mdf con sopra le sculture di Cascella e l'Enciclopedia Treccani, con cui il Cav. mandava i messaggi alla Nazione piccoloborghese. (Con cortocircuiti, anche: una volta Montezemolo - che quelle poltroncine le produceva tramite il fondo Charme - apprese da Porta a Porta d'essere candidato ministro. Poi non se ne fece niente, e le poltrone vennero vendute agli americani).
Quella di Vespa è un'estetica spumosa come la nappa delle poltroncine Hydra, col loro candore da panna montata, come il lettering di vecchi libri Harmony (ma anche la produzione libraria del conduttore è ormai improntata a feuilleton popolari femminili, come una Elena Ferrante del teleschermo).
"Modularità ed eleganza, questi i concetti chiave", dice la brochure Frau, ed è una definizione perfetta anche per il programma di Vespa, che nel tempo ha espulso la politica, si è sdoppiato in due parti, a volte anche in tre, con tre argomenti diversi a serata.
Col catalogo Frau Vespa ha arredato il tinello dell'immaginario italiano, con l'azzurro microborghese di Celentano, della nazionale che porta questo colore dal 1911, arriva dalla fascia nello stemma Savoia, e dal Fantozzi di "io sono stato azzurro di sci" (che sarebbe un inno nazionale molto più rappresentativo e comprensibile dell'astruso "stringiamci a Coorte").
Il catalogo Frau ha pervaso la seconda e la terza Repubblica, del resto: la sala stampa fatta fare da Berlusconi a palazzo Chigi - uno studio di Porta a Porta, ma più piccolo, lasciato intatto ai successori entusiasti - e i fondali di Non è la Rai, e prima ancora le Domenica In di Gianni Boncompagni.
Su fondo azzurro, teorizza Boncompagni, puoi far risaltare ciò che vuoi, e Vespa nel tinello aspirazionale italiano in vera pelle ha mandato in scena primi ministri, criminologhe mutanti, plastici del terrore, tortellini in brodo, bande musicali, boss zingari; con un sovrappiù signorile di un maggiordomo, figura che mai si era vista nelle nostre case. Solo all'Opera, appunto.
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