HABEMUS PAPAM: ANDREA CAMILLERI! – IN UN LIBRO A TIRATURA LIMITATA, IL PAPA’ DI MONTALBANO CONFESSA CHE DA PICCOLO SI VESTIVA CON I PARAMENTI SACRI E SOGNAVA DI DIVENTARE PONTEFICE – LE STORIE LEGATE ALLA CASINA DI CAMPAGNA DISTRUTTA DAL MALTEMPO, LE POESIE MANGIATE DAI SORCI E QUEL CAPRARO CHE GLI INSEGNO’ LA “SUPREMA FELICITA’”: ECCO QUALE

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CAMILLERI CAMILLERI

Francesco Persili per Dagospia

 

“Nella casina c’era anche una cappella privata dove io, di nascosto, mi vestivo con i paramenti sacri e sognavo di essere Papa”. Non si tratta di un passo scelto della biografia di Ratzinger o di Bergoglio ma del sogno fanciullo di Andrea Camilleri rivelato nel libro “La Casina di campagna – Tre memorie e un racconto” (Edizioni Henry Beyle). Una raffinatezza per bibliofili, con le diverse edizioni a tiratura limitata, la carta giapponese “Tatamy Ivory” e le 9 immagini di piastrelle maiolicate tra cui quella in copertina proveniente dal nido perduto dello scrittore siciliano.

 

camilleri la casina di campagna camilleri la casina di campagna

Nei tre racconti, infatti, Camilleri rievoca storie legate alla casa di campagna fuori Porto Empedocle crollata durante un’ondata di maltempo che di recente ha devastato la Sicilia. Così si scopre che l’autore più letto d’Italia da piccolo si immaginava cardinale, anelava al Soglio di Pietro e scriveva poesie: “Le ammucciavo, le nascondevo nel doppio fondo di un baule che stava nel magazzino. Me le mangiarono i sorci, le mie poesie…”. Quella “villa” senza luce elettrica, né acqua potabile, durante i bombardamenti del ’42 diede rifugio a decine di famiglie sfollate. Ricordi di vita, odori di infanzia. Il salmastro lontano del mare, le stoppie bruciate, la vampata bianca del gelsomino.

 

CAMILLERI CAMILLERI

Il piccolo Camilleri si baloccava in un “jardinu” pieno di aranci, limoni, mandarini, fichi, gelsi, peschi e qualche filare di racìna, uva da tavola: “Era il mio paradiso terrestre, dal quale venivo spesso scacciato da dolori di panza improvvisi e lancinanti che mi obbligavano a correre alla disperata verso casa. Finché un mio coetaneo capraro m’insegnò la suprema felicità di farla nel campo stesso, con le pàmpine di vite a far da carta…”. 

 

Topoi bucolici e i soliti topi di campagna ai quali Camilleri dedica un racconto secondo una tradizione letteraria che parte da Esopo, passa per Orazio e arriva fino a Trilussa. “La vita in campagna può essere usata come ‘mezzo’ in uno scritto letterario o in una pittura ma il suo assoluto è indicibile e in alcun modo rappresentabile consistendo nell’esserci e non nel raccontarci di esserci stato”, annota l’autore siciliano che in un colpo solo “archivia” il Virgilio di “Tityre, tu patulae recubans”, il ‘De rerum natura’ di Lucrezio, Aminta pastore di Tasso e le Novelle Rusticane di Verga. “La vita in campagna o la si scrive o la si vive”. Parola di "papa" Andrea Camilleri.

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