INDRO DESNUDO (OVVERO: COME VIVERE - E BENE - UN MèNAGE à TROIS) - per la prima volta MARISA RIVOLTA RICORDA il rapporto con montanelli durato più di trent’anni e che a lungo è stato vissuto in semiclandestinità perché un giorno indro decise di sposare Colette - "Lui è stato molto onesto con me, e anche con lei. Mi ha detto che doveva farlo per ragioni familiari. Io ho detto non importa, per me non cambia nulla, insomma non ne ho fatto una tragedia, lui detestava le discussioni, e ho avuto ragione: nella vita bisogna avere pazienza"....

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Maria Luisa Agnese per il "Corriere della Sera"

MONTANELLI NEI PRIMI ANNI CINQUANTAMONTANELLI NEI PRIMI ANNI CINQUANTA

«Era una persona unica, non un personaggio: Indro non puoi copiarlo, non è riproducibile, e il nostro è stato un rapporto molto bello, non facile perché lui aveva questi momenti di tristezza che però combatteva molto bene da solo, senza farmaci. Mi raccontava che da giovane quando sentiva arrivare quegli incubi, che avevano perseguitato anche sua madre, lui usciva di casa in piena notte e camminava fino a che non era vinto dalla stanchezza, e solo allora tornava a dormire.

MARISA RIVOLTAMARISA RIVOLTA

Per fortuna quegli attacchi negli anni erano andati scemando» . Marisa Rivolta, bella signora dai soffici capelli candidi, compagna degli ultimi anni di Indro Montanelli, nel decennale della morte racconta per la prima volta la vita con Indro. E per ricordare meglio si alza ogni tanto dai divani di seta verde chiaro della sua casa milanese e torna con una foto incorniciata, poi un'altra: «Le tengo tutte in camera».

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Ormai sul tavolino di vetro del salotto sono sei le cornici dentro le quali campeggia l'occhio ceruleo e rapace del gran Toscano: «Vede questa fotografia» , dice Marisa indicando un Montanelli cinquantenne che posa la mano sulla spalla destra di lei, fulgida e sorridente trentenne, sullo sfondo delle Tofane a Cortina. «Ci eravamo conosciuti là, dove andavamo entrambi in vacanza. Abbiamo fatto molte passeggiate per i monti con altri amici, compresa la compagna di lui Colette Rosselli, prima che iniziasse il nostro amore».

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Poi ci sono le fotografie di Montanelli con i soliti due maglioni di cui uno a collo alto («lui era magrissimo, pelle e ossa» ), il celebrato primo piano di Bob Krieger, e un'altra immagine di lui ormai anziano con il cappottone cammello che legge il Corriere della Sera in un giorno d'autunno seduto nel cortile di casa: «Era terrorizzato di compiere novant'anni, poi quando è successo, si è come liberato, è stata una festa meravigliosa, era diventato di un umore fantastico». Immagini che aiutano a raccontare un rapporto durato più di trent'anni e che a lungo è stato vissuto in semiclandestinità perché un giorno Montanelli decise di sposare Colette, che viveva a Roma.

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«Lui è stato molto onesto con me, e anche con lei, aveva il terrore di farle del male. Mi ha detto che doveva farlo per ragioni familiari e credo che abbia fatto bene. Io ho detto non importa, per me non cambia nulla, insomma non ne ho fatto una tragedia, lui detestava le discussioni, e ho avuto ragione: nella vita bisogna avere pazienza» conclude saggiamente.

Un ritratto intimo, quello di Marisa, che ricorda con grazia leggera un rapporto vissuto sul crinale di un doppio binario non sempre facile da gestire («per lo più io ero sola, con gli amici, alla Scala» ), ma anche racconto pubblico, perché quelli vissuti con Marisa sono gli anni del Montanelli dell'ultimo tormentato periodo al Giornale dove, con la discesa in campo di Berlusconi, che da tempo era diventato azionista di maggioranza, si erano complicati i rapporti fra Indro e il Cavaliere.

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Massimo Fini, nella prefazione al recentissimo Ve lo avevo detto: Berlusconi visto da chi lo conosceva bene, editore Rizzoli, che raccoglie gli interventi più accesi dell'ultimo Montanelli, scrive che Indro era uomo da Prima Repubblica e che questo gli aveva impedito di capire l'Italia nuova della Lega e di Mani Pulite che nasceva dalle sue ceneri, e conclude: «Montanelli ha cominciato a morire con la morte della Prima Repubblica». Lei condivide? «Assolutamente no. Anzi è vero il contrario, direi che in quel periodo ha vissuto una nuova giovinezza.

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E per quanto riguarda Berlusconi all'inizio erano amici, Indro era incuriosito, ma presto ha capito che erano su lunghezze d'onda diverse» . All'inizio forse era affascinato dal contrario di sé? «Può essere, ma quando Indro capì che voleva far lui il giornale andò via all'istante».

Quasi come antidoto alle turbolenze esterne Marisa aveva creato intorno a Montanelli una rete di protezione fatta di rituali quotidiani, una vita scandita da ritmi quasi borghesi, lontani da quelli irregolari e frenetici di lui grande inviato per il mondo e per l'Italia: «Chissà quante donne avrà avuto, ho saputo poi che era stato un tombeur de femmes, ma a me non importava».

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Sveglia alle 8, lettura dei giornali, pasto frugale («gli amati fagioli toscani» ) poi riposino e nel pomeriggio alla scrivania, dove scriveva battendo sulla Lettera 22 con i due indici, e su quei fogli che uscivano lindi dalla macchina, Marisa ricorda solo due, al massimo tre correzioni fatte poi a mano, in rilettura. «I suoi articoli li pensava la mattina in lunghe passeggiate ai Giardini di corso Venezia. All'inizio andavo anch'io, poi ho smesso, tanto dovevo stare senza parlare, perché lui si concentrava su quello che doveva scrivere».

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In modo ancora più fulmineo nascevano i celebrati Controcorrente, imperdibili e fulminanti bonsai quotidiani, non più di 400 battute in cui la cronaca si faceva storia: finito il riposino, si sedeva al tavolino e diceva: «Ah, devo fare il Controcorrente» , ci pensava un po', racconta Marisa, e un'altra di quelle che lui definiva «brevi trovate» era pronta.

Poi c'erano le cene, poche, per lo più in casa con gli amici, «con loro era brillante, spiritosissimo, e teneva fatalmente banco» , e i sabati a colazione al ristorante Prospero, di fronte al Tribunale in quegli anni ritrovo del popolo di Mani Pulite, con Enzo Biagi, l'avvocato Vittorio D'Aiello, Lamberto Sechi, Ferruccio de Bortoli e qualche altro giornalista più giovane invitato di volta in volta.

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«Lucidissimo» fino a quegli ultimi giorni alla clinica Madonnina dove fu ricoverato dopo che si era scoperto un tumore all'intestino, assistito da Marisa e da Letizia Moizzi, la nipote molto amata da Indro. «Forse Indro aveva capito che era la fine» ricorda Marisa, e chissà se a uno come lui che aveva più volte detto e scritto «io non voglio soffrire, non ho un'idea cristiana della sofferenza» e che ancora poco prima, nel dicembre 2000, aveva rivendicato il diritto di scegliere in un convegno sull'eutanasia («Deciderò io come e quando morire»), le ultime sofferenze siano state davvero risparmiate. «Io posso dire che anche all'ultimo non era disperato». Poi le lunghe code di lettori alla Madonnina in quel luglio 2001 per rendere omaggio a un giornalista molto amato.

 

 

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