Camilla Tagliabue per il “Fatto Quotidiano”
C' era una volta una madre invidiosa, che uccise la figlia per vanità; un' altra, invece, era talmente affamata che tentò di papparsi le sue due bambine; una terza, poi, spedì i ragazzi nel bosco per non spartire con loro il pranzo e la cena… Raccontereste mai ai vostri pargoli queste storie atroci? Eppure sono le vere fiabe dei Grimm, molto più simili a racconti horror che a edificanti favolette della buonanotte.
Riesumate l' anno scorso dalla Princeton University Press, Tutte le fiabe di Jacob e Wilhelm Grimm compaiono ora per la prima volta in Italia, edite da Donzelli, curate da Camilla Miglio e illustrate da Fabian Negrin (pagg. 668, euro 35).
Sono queste le 156 storie originarie, scritte tra il 1812 e il 1815 e poi edulcorate e censurate, in 40 anni e sei nuove edizioni, per compiacere il pubblico puritano. Tra i primi estimatori della raccolta ci fu Goethe, tra gli ultimi Calvino e Gramsci; viceversa, la Disney infiocchettò e inzuccherò le storie, tradendo la loro anima nera e truculenta.
Nei canovacci originali, infatti, non c' è traccia di principessine candide ed eroi coraggiosi: i personaggi sono crudeli e grotteschi, le trame truci e sadiche. Il Re ranocchio non fu baciato, ma scagliato contro un muro da una giovane esasperata; Raperonzolo rimase incinta a sua insaputa e per punizione fu cacciata nel deserto, dove partorì due gemelli. Il suo fidanzato, allora, si gettò dalla torre per disperazione.
Le madri sono le prim' attrici più spietate: quella di Hänsel e Gretel "fece finta di rallegrarsi" vedendo tornare i figli dal bosco, ma "in cuor suo era piena di rabbia" e quella di Biancaneve la volle morta per semplice vanità. La vera beffa, tuttavia, arriva nel finale: non fu il principe a risvegliare la morta fanciulla, ma i suoi servi sciagurati, che si scocciarono di "scarrozzare la bara di qua e di là", tirarono su il cadavere e gli assestarono "un gran colpo sulla schiena".
Così la poveretta vomitò il torsolo di mela avvelenato e si risvegliò. Non andò meglio a Rosaspina, alias la Bella addormentata nel bosco , punita da una fata, che però non si chiamava Malefica e non aveva le fattezze di Angelina Jolie. Barbablù finì "appeso nella camera del sangue";
Cappuccetto Rosso fu traviata da un lupo serpentino e tentatore; Pollicino era uno scemo: glielo diceva pure suo padre, come fa Bossi col Trota; il Gatto con gli stivali , infine, divenne primo ministro, forse per tenere a bada i politici cani.
A dispetto del cartone animato, la scarpetta di Cenerentola non era di cristallo ma d' oro, e talmente piccola che le sorellastre dovettero amputarsi i piedi per calzarla.
Era stata la madre a spingerle a mutilarsi: "Eccovi un coltello, e se la scarpina è troppo stretta, tagliatevi un pezzo di piede. Fa un po' maluccio, ma che importa, poi passerà, e una di voi sarà regina". Il principe si accorse dell' inganno proprio vedendo che la scarpa "zampillava sangue".
Altra favola sanguinaria è "Come i bambini si misero a giocare al macellaio", di cui non è difficile intuire l' orrido epilogo: il marmocchio che faceva il macellaio tagliò la gola al fratellino che fingeva di essere il maiale. Accorse la madre, che pugnalò il bimbo assassino, ma dimenticò il terzo figlio nella vasca da bagno, il quale morì annegato. La donna allora si impiccò e il marito, rientrato dopo in casa, alla vista della strage spirò di crepacuore.
La Morte è protagonista di alcune fiabe, mentre in altre si trovano gli gnomi, la barbuta Santa Vergine dell' Angoscia, le suocere e un ebreo, tanto per non far mancare un pizzico di antisemitismo. Vi sono storie che ricordano le parabole religiose e storie che mutuano i classici di Perrault, Basile (quello del "Cuntu de li cunti", trasposto al cinema da Garrone) e persino Shakespeare: la Principessa Pel di Topo è simile alla Cordelia di Re Lear, anche se qui, per una volta, finisce meglio che nella tragedia inglese.
"È stato osservato che alcuni passaggi qua e là potrebbero essere imbarazzanti, inadatti o raccapriccianti per i bambini, e che per questo i genitori non sarebbero disposti a mettere il libro nelle mani dei figli": i Grimm si resero ben conto delle critiche, ma all' inizio difesero il valore etico della crudeltà, con la tipica schiettezza tedesca che, ad esempio, usò la Merkel con la piccola profuga palestinese. Per dirla con i due: "Tutto ciò che proviene dalla natura non può che essere di giovamento.
Non conosciamo libro possente e salutare, primo fra tutti la Bibbia, che non contenga questioni ardue e imbarazzanti". Tuttavia, dopo la prima scandalosa edizione, i granitici fratelli si arresero alla censura, e la loro settima raccolta del 1857 fu adottata come libro pedagogico nelle scuole. Finalmente i bimbi tedeschi ebbero le loro favole della buonanotte, però continuarono a chiamare i sogni "Träume".