Qualcuno insegni a Rhove come si fa a far saltare la gente come Max Pezzali che è da 30 anni che ogni sua canzone è una hit.#MaxPezzali #SanSiroCantaMax pic.twitter.com/j6I5aSxgh9
— be your own anchor ? (@Hanyauku___) July 15, 2022
Da ilnapolista.it
Max Pezzali ha festeggiato i 30 anni di carriera con due concerti a San Siro. Il Fatto Quotidiano, che lo intervista, lo definisce “il profeta del low profile, della rivincita dei nerd, della narrazione del ragazzo di provincia, delle frasi corte e orecchiabili”. Si definisce uno sfigato.
«Viviamo in un tempo dove, per tutta una serie di motivi, anche estetici, vengono proposti solo dei modelli super vincenti, un mondo perfetto da esibire sui social; un mondo talmente perfetto da costringere l’imitatore al bluff per non sentirsi escluso. Io rientro nella categoria degli “sfigati” e qui sto benissimo; non sono bello, non sono particolarmente attrattivo e attraente, non sono mai stato cool, mai ricoperto il ruolo del capotavola accentratore di chiacchiere e sguardi. Piuttosto vado inquadrato con il principio di prudenza; nato e cresciuto sotto la stella dell’“io speriamo che me la cavo”».
Non si tratta di assenza di coraggio, chiarisce.
«Attenzione: questo atteggiamento non è da codardo, è solo accettare i giusti confini e dentro quei confini offrire il meglio di se stessi. Non ho l’atteggiamento dell’eroe portato all’azione pura».
Dice di essere un pigro.
«Sono un profeta del minimo indispensabile, un conservativo dal punto di vista energetico. L’iperattivismo produce solo troppa CO2: uno rompe i coglioni e consuma pure ossigeno; voglio un impatto da persona normale».
Nella sua carriera ha perso diverse occasioni per non essersi accorto in tempo di cosa stava accadendo. Come quando avrebbe potuto avere Angelina Jolie nel film degli 883 ma alla fine non fu presa.
«È la classica sliding door, una di quelle che paghi più e più volte; ci era stata offerta per un ruolo in Jolly blu, ma è stata scartata: questa è la cazzata personale pari alla guerra in Iraq del 2003».
Parla di sé.
«Già da ragazzino non ero né bello né interessante e questa situazione non si è risolta dopo il successo; il successo ti dà il vantaggio di suscitare curiosità, ma la stessa si esaurisce in breve, poi tocca a te. La soluzione? È semplice: parlare fino allo sfinimento; sono in grado di toccare le tre ore senza respirare».
Ma una proposta indecente l’ha ricevuta.
«Un giorno, nel 1996, suona il citofono, mi affaccio e davanti a me trovo padre, madre e figlia 16enne, appena arrivati da Catania. Ero solo. Apro. Il padre resta in macchina, le due si avvicinano e mi propongono un matrimonio. Erano i primi anni di Scherzi a parte, quindi penso: sono una delle loro vittime; allora imposto la voce, mi piazzo di profilo, calibro atteggiamenti e risposte; dopo quaranta minuti mi arrendo all’evidenza ma a quel punto non sapevo più come liberarmi di loro. E allora sbotto: “Signora, capisco l’ingenuità di sua figlia, ma lei!”; tempo dopo, in un concerto a Catania, mentre cantavo, si è alzato un enorme cartello: “Maria, che ti ama, è qui”. Il “qui” era accompagnato da una freccia. Per tutta la serata ho evitato di guardare da quella parte».
Gli chiedono quali geni ha incrociato in carriera. Tra gli altri fa il nome di Jovanotti («ha un cervello incredibile, è come se fosse venti persone nello stesso momento e ognuna di loro è in grado di generare qualcosa di interessante) e di De Gregori, «ma forse è più carisma. L’ho incontrato una volta e ne sono rimasto soggiogato, tanto da fermarlo e appellarlo “maestro”. E lui: “No, macché maestro, tra l’altro entrambi abitiamo a Roma Nord”. E lì ho visto cos’è il genio… In qualche modo mi ha derubricato a mero vicino, così ha evitato di trattarmi da musicista; ammiro tantissimo anche Cesare Cremonini: quando lo ascolti ti apre dei mondi, ne crea di nuovi…».
Per i concerti a San Siro ha invitato tutti quelli che hanno avuto a che fare con gli 883 dagli esordi a oggi. Non c’era, però, Claudio Cecchetto, che lo scoprì 30 anni fa. I due si sono professionalmente separati di recente.
«Dopo trent’anni sono arrivato alla necessità di gestirmi in autonomia, un po’ come capita con i genitori quando vai via di casa; dopo trent’anni di collaborazione si rischia di cadere nell’abitudine, e in questo lavoro l’abitudine è pericolosissima così come il conoscersi troppo e perdere la voglia di stupire».
Una separazione consensuale?
«A qualcuno brucia sempre, poi il tempo aggiusterà».
angelina jolie e la figlia shiloh al concerto dei maneskin 1
Tra cantante di successo e mediano dell’Inter, cosa avrebbe preferito?
«A pallone sono sempre stato una vera pippa».
In questi trent’anni qual è il complimento che l’ha più stupita?
«Nel 1992 era appena uscito il primo disco e partecipiamo a un appuntamento della Croce Rossa pavese, dove avevo prestato servizio; finito di cantare ci troviamo di fronte a Lucio Dalla, elegantissimo, e con Mauro ci avviciniamo. E lui: “Bravi, farete strada”. Sapevamo della sua nomea da burlone e abbiamo creduto ci prendesse per il culo. Però era serio».
Chi è Max Pezzali?
«Sono uno che, in parte, ha dimostrato che il talento è un concetto sopravvalutato».
paola chiara max pezzali jovanotti e max pezzali jova beach party 2022
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