La vice direttrice del tg1 Incoronata Boccia non capisce neppure che l’aspetto più pericoloso di quel che dice è proprio che critichi il principio. pic.twitter.com/JbWK3P3Fdn
— Selvaggia Lucarelli (@stanzaselvaggia) April 21, 2024
Estratto dell’articolo di Flavia Amabile per “La Stampa”
Non cambia idea Incoronata Boccia, vicedirettrice del Tg1 che durante il programma Che sarà di Serena Bortone ha affermato che in fatto di aborto «stiamo scambiando un delitto per un diritto». Parole che hanno scatenato scontri che hanno investito la Rai e l’intero mondo politico creando tensioni anche nella maggioranza. Sandro Ruotolo del Pd accusa la vicedirettrice del Tg1 di non poter «rivestire il ruolo di dirigente del servizio pubblico, cioè di chi deve rappresentare le opinioni di tutti».
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Al termine di una giornata in cui ammette che l’hanno chiamata «in tanti» e di essere finita in una bufera non semplice da gestire, Incoronata Boccia rivendica di «aver esercitato la verità con coraggio». «Mi aspettavo questo putiferio - spiega - perché purtroppo è un tema sensibile, del quale è scomodo parlare ma non volevano essere parole di accusa nei confronti di nessuno», sottolinea.
È lei ad accusare la cultura dominante, un’espressione cara alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e a gran parte del governo: «Ritengo di aver detto una cosa per la quale mi posso guardare allo specchio. Ritengo di aver detto la mia verità. Non intendevo condannare, insultare o mettermi su un piedistallo a impartire insegnamenti di virtù o di giusto o sbagliato. Lo fa chi si arroga il diritto di mettere il bavaglio a chi la pensa diversamente ritenendo che ci sia una cosa che è giusta, che è sinonimo di progresso, diritti, di libertà, mentre tutto il resto è mentalità retrograda, repressiva che vuole riportare le donne nelle caverne.
Penso che questo sia profondamente violento. Le mie parole sono state chiare e nette rispetto a un principio. Sono una giornalista, racconto i fatti: per me l’aborto è interruzione di un'altra vita, di un nascituro».
Rifiuta di essere considerata «una nemica dei diritti delle donne quando invece parlando anche della crudeltà dell’aborto, di quello che è nella sua atroce verità dal mio punto di vista, mi auguro che tutte le donne possano essere sostenute e aiutate perché spesso sono vittime costrette a questa scelta. Ma non è rendendo questa scelta semplice come bere un bicchiere d'acqua oppure considerandola un esercizio di libertà che la si rende meno gravosa o meno dura», avverte.
incoronata boccia con un fucile
Forse sarebbe stato più opportuno parlare di peccato invece che di delitto visto che in Italia l’aborto è un atto pienamente legale e non un reato se viene eseguito rispettando i limiti posti dalla legge 194. A meno di non voler cambiare la legge 194. «Rigetto la parola peccato – ribatte Incoronata Boccia – perché non parlo da uomo di chiesa, sto parlando di fatti secondo il mio punto di vista» e «non sta a me indicare i peccatori o i probi, è lontanissimo dal mio modo di rapportarmi al prossimo».
Né intende «essere buttata dentro un dibattito sulla 194» che «non è un tema nell’agenda di governo perché non porta voti o consenso e che, secondo questo buonismo dilagante, è semplicemente una conquista di progresso o di civiltà».
GIAMPAOLO ROSSI E INCORONATA BOCCIA
Definire l’aborto un delitto vuol dire considerare assassine le donne che interrompono la gravidanza. «No - afferma Incoronata Boccia - non definirei mai un'altra donna un'assassina, lungi da me giudicare storie e persone. Nei confronti delle donne esprimo solidarietà e compartecipazione non entro nei drammi umani o nelle scelte libere anche serene di altre persone».
Dal suo punto di vista l’aborto resta un delitto anche in caso di stupro. «Non entro nel merito delle scelte, so che cosa farei io ma non so che cosa farebbe un’altra donna».
E quello che farebbe lei sarebbe «portare avanti questa vita anche nel dolore, anche nelle difficoltà. Ma trovo sgradevole parlarne, non voglio fare l'eroina o la santa che fa dichiarazioni di questo tipo perché sono temi intimi e dolorosi».
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