Silvia Fumarola per “la Repubblica” - Estratti
Gli amici lo raccontano per quello che era, con grande affetto. Il pianista Enrico Giaretta, oggi pilota di aerei, accompagnava Franco Califano in giro. «Eravamo in un locale, entra una ragazza bellissima e si siede sulle sue ginocchia. Quando usciamo sorreggo il maestro, non stava già bene. Per sdrammatizzare la butto lì: “Le hai chiesto il numero di telefono?”. Si ferma in mezzo alla strada. “Mi manca il fiato, che numero me prendo che non riesco neanche ad attraversare?”».
Sono tanti i ricordi nel documentario Nun ve trattengo scritto e diretto da Francesca Romana Massaro e Francesco Antonio Mondini, che sarà presentato il 25 ottobre alla Festa del cinema di Roma, nella sezione Freestyle. Alcuni protagonisti si alternano ai microfoni di Radio Radicale per raccontare il loro Califfo, mentre Lele Vannoli guida nella notte romana sintonizzato su quelle frequenze. Barbara Palombelli ricorda l’amicizia nata da ragazza, e il regalo speciale di Califano: la sceneggiatura di un film in cui lei doveva fare la direttrice del carcere e lui il capobanda.
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Parlano Francesco Rutelli, Claudia Gerini, Noyz Narcos, Maurizio Mattioli, Antonello Mazzeo, Alberto Laurenti, Enrico Salvatori, Cinzia Baccini, Antonella D’Agostino e Giaretta, con le lacrime agli occhi quando ricorda il “maestro”. Si innamora e Califano gli scrive il testo per una lettera: «Copiala pari pari, non ci mettere del tuo».
O i viaggi con la vecchia auto che arranca. Lui guida, Califano fa finta di dormire: «Nun te vergogna’, metti la terza». A Montecarlo, gli chiede se vuole che lo lasci prima, per non far vedere la macchina. «No, mettiti davanti perché l’abbiamo pagata, non l’abbiamo rubata ». E quando Stephanie di Monaco lo invita a cena dopo il concerto, il maestro risponde: «No grazie, io dopo vado a cena con i ragazzi».
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Realizzato da Interlinea con Illmatic Film Group, Nun ve trattengo, frase preferita quando aveva invitati a casa, trasformata in «Nun me trattengo », se era ospite lui, svela un uomo e un artista (che ha scritto brani meravigliosi come Tutto il resto è noia, Io non piango, Minuetto, Un’estate fa) con le sue luci e le ombre. Il carcere che lo distrugge («Sto vedendo e sentendo cose che non hanno niente di umano, mi fa paura tornare in libertà, non ci sono più certezze»).
«Ha guadagnato miliardi, e li ha spesi tutti in droga» dice con franchezza “Marocco” Ricciotti Boriani, altro amico storico. Amato dalle donne, uomo complesso, Califano resta uno spirito libero, con una vena di malinconia. Per Mazzeo «era un giornalista dei sentimenti».
(...) «Califano cercava la solitudine ma la temeva, è toccante quando gli dice: “Enri’ non fare cavolate, sposati subito”.
Con Francesco abbiamo lavorato tre anni. Non finisci mai di scoprirlo. Abbiamo diviso la corte dei miracoli dagli amici veri. Credo che non riuscisse a capire fino in fondo quanto fosse amato, alla fine era solo. Diceva: “Tanto poi arriverà quella che mi fregherà”. E invece non è arrivata. Aveva una sensibilità clamorosa, era un anarchico. Poi c’è la questione dei processi: ha registrato l’album Impronte digitali, agli arresti domiciliari col fonico che gli passava i cavi della finestra». Mondini ha 30 anni, è nato a Cremona ed è fan di Califano: «Ricordo le prime cassette, sono felice di aver incontrato Francesca per questo progetto. La mia è un’ammirazione non solo musicale, mi affascinava il suo amore per la libertà.
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