Estratto dell’articolo di Barbara Visentin per il Corriere della Sera
Intorno ai tweet di Enrico Silvestrin, negli ultimi giorni, si aperto un dibattito piuttosto acceso: l’ex vj di Mtv, oggi divulgatore musicale sui suoi canali Twitch e YouTube, martedì sera ha asfaltato senza mezzi termini il concertone Love Mi organizzato da Fedez a Milano. Ha definito il cantante «il divulgatore della m... di questo Paese» e il pubblico in piazza «disagiati senza cultura». In tanti gli hanno dato ragione, altri l’hanno insultato e altri ancora gli hanno dato del boomer. Ma lui, 51 anni, a farsi dare del boomer non ci sta: «Io lavoro sul presente, faccio ricerca musicale su quello che c’è oggi. E oggi c’è della musica bellissima, solo non quella che passa da noi».
Prima di tutto: come mai martedì stava guardando Love Mi?
«Guardo queste cose perché poi nelle mie dirette ne parlo, cerco di contestualizzare socialmente quel che accade nella musica italiana. Fa il paio con altre situazioni devastanti di musica in tv che ci sono oggi, come Battiti Live: per me, che la musica in tv l’ho fatta quando si poteva definire tale, fa tristezza, tanto che volevo tirare il telecomando contro il televisore».
Invece ha twittato.
«Sì e i miei erano tweet di scazzo mentre guardavo questa roba immonda sul divano, senza la pretesa di sollevare nulla, ma solo con il fastidio che provo per questi eventi. Da più di quattro anni parlo quotidianamente della condizione drammatica del nostro Paese, sia musicale che culturale, con questo pubblico festante e felice di ascoltare merda e Fedez che non sa fare altro che proporre merda. Non ho problemi con la parola perché non ce n’è una edulcorata».
Ha sentito Fedez dopo i suoi tweet?
«No, per dirgli cosa, “smettila di divulgare merda? Regala qualcosa di diverso a questi ragazzi?”. È quel che succede quando questo è quel che conosci, quando non hai gusto e non hai voglia di fare ricerca in un mondo culturale diverso: te ne fai promoter sfruttando la pochezza culturale del pubblico che si beve queste prestazioni, non di artisti, ma di personaggi. Il problema non è neanche lui».
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Alcuni le hanno dato del boomer.
«Io sono proprio l’opposto, una sparuta minoranza sa quel che faccio, ma io faccio sentire tutto tranne che classici, metto pezzi che hanno una settimana di vita, solo che non passano per determinati circuiti. C’è tutto un altro mondo, ma l’Italia non sa che esiste. Ci sono artisti italiani di una bravura devastante, con successo internazionale, a noi sconosciuti: Maria Chiara Arigirò, Marta Del Grandi, Emma Tricca. Per noi è sconosciuto tutto. Viviamo in una provincia che meriterebbe di più. Io cerco di passare quel che ascolterebbe un ragazzo se fosse a Berlino, New York o anche solo in Inghilterra su Bbc Radio 6 Music - e parliamo della Bbc, emittente di Stato».
Qual è il problema della musica italiana?
«Il pop italiano, con tutte quelle vaccate in tv fra playback e autotune, investe sui personaggi, non sugli artisti. È un mondo che copia se stesso non avendo contaminazioni con l’estero. Una cosa delirante che anche Morgan ha detto quando c’era nell’aria un Dipartimento della musica al ministero della Cultura è parlare delle quote italiane nelle radio: questa è assoluta incompetenza. Oggi i giovani ascoltano solo musica italiana, pop e trap che copiano se stesse. Dovremmo avere invece delle quote internazionali obbligatorie, contaminarci con l’estero perché siamo indietro».
Neanche Morgan ha competenza?
«No, perché non conosce il presente: conosce il passato. È fuori dal mondo reale da secoli».
Non è un po’ esagerato dare dei «disagiati senza cultura» a dei ragazzi che si divertono sotto un palco in piazza?
«E cosa sono allora? Disagiati vuol dire persone che vivono in condizioni di disagio. Chi ascolta un live di Tananai ha cultura? Hanno zero pretese per se stessi. Di che parlano se incontrano un ragazzo inglese? Veniamo dal weekend di Glastonbury in Inghilterra: una delle cose più belle di quest’anno, lì vivono la musica in un’altra maniera».
A Glastonbury c’erano anche i Maneskin.
«Sì, hanno fatto anche un bel concerto, anche se non li sopporto e non li amo. Il Guardian ne ha parlato bene. Paradossalmente all’estero riempiono lo slot mancante del rock nostalgico che lì non c’è».
Non ci sono i Greta Van Fleet?
«Quelli non li calcolo nemmeno, sono proprio dei cosplayer. Mi fa ridere chi pensa che la musica di oggi sia la trap oppure i Maneskin e i Greta Van Fleet: in mezzo c’è una galassia che non ascolteremo mai perché abbiamo tagliato tutti i ponti. Le nostre due radio che fanno rock sono per anziani nostalgici, Virgin Radio è una vergogna che contribuisce all’idea che il rock sia morto e che il bello sia rimasto negli anni 60».
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