Precisazione dall’ufficio stampa di “Striscia la Notizia”
Caro Dago,
l’affermazione di Massimo Boldi di aver “anticipato di anni Striscia la notizia” è una fake news. Innanzitutto, fin dalle origini della televisione, nella parodia del telegiornale si sono esercitati molti comici: da Walter Chiari a Gino Bramieri, da Alighiero Noschese a Raimondo Vianello, ad Antonio Amurri e Dino Verde, fino a Rocco Tanica, Massimo Boldi, etc. etc.
Quello di Striscia la notizia però è un format italiano unico al mondo e molto diverso dalla parodia del tg: come tutti sanno, la nostra peculiarità è quella di realizzare autentici servizi giornalistici, anticipando spesso i media ufficiali. Infatti veniamo contattati quotidianamente da centinaia di cittadini che ci chiedono di intervenire per denunciare truffe o illeciti. Se vi servisse anche la prova provata, guardate una puntata (si trova online, qui il link) del telegiornale di Cipollino. E poi una di Striscia. Potrete constatare che si tratta di due prodotti televisivi completamente differenti.
Grazie, un cordiale saluto.
MASSIMO BOLDI: “LA CARRÀ MI ODIAVA, NON CAPIVA LA MIA COMICITÀ
Luigi Bolognini per repubblica.it - Estratti
“Invecchiando sono diventato un classico”. Sembrerebbe una battuta, ma Massimo Boldi ha ragione, perché chi riesce a invecchiare spesso lo diventa. E lui sta per toccare gli 80 anni, ma non ci pensa: “Penso a una vita dove ho avuto successo in qualunque cosa che ho fatto, ma anche involontariamente. Il merito che mi dò è che quando mi è capitata un’occasione l’ho presa al volo”. Ed è pieno di aneddoti e ricordi, che ha sfoderato al Matera Fiction.
In che cosa si sente diventato un classico?
“Ad esempio proprio nel fatto di essere invitato a rassegne ed eventi. Tempo fa non sarebbe accaduto: ho sempre avuto successo col pubblico, ma alla critica e al mondo della cultura non piacevo. Adesso sto vivendo una seconda giovinezza. E dopo il Covid tornerò anche al cinema: verso fine anno uscirà una mia nuova commedia, scritta e diretta da Tony Fornari e Andrea Maia”.
(...)
“Anche quello televisivo non fu male: nel 1974 Pozzetto mi portò a Canzonissima. Con la stessa comicità stralunata di Cochi e Renato, e d’altronde la scuola era la stessa, il Derby. Mi pagavano 50mila lire a puntata. Anche se rischiai di farne poche: la Carrà mi odiava perché non capiva questo modo di far ridere”.
Non è stata l’unica.
massimo boldi fratelli d'italia
“Ah certo, i critici di cinema e tv mi hanno sempre impallinato. Ma io me ne sono fregato e ho sempre pensato al pubblico, che mi ha sempre contraccambiato. Faccio una comicità istintiva, di pancia. Non vedo il problema”.
Quindi non ha rimpianti.
“Quelli certo che li ho, come tutti. Ma molti sono personali. Quello artistico è non aver potuto conoscere i Beatles suonando sul palco prima di loro. E ci è mancato poco”.
Scusi, ma questa ce la deve raccontare: Massimo Boldi e i Beatles sono un’accoppiata lisergica anche solo da pensare.
“Eppure è vero. Ma se non è successo è stato per un motivo terribile, la morte di mio padre Marco, nel 1964. Dovetti mollare la band dove facevo il batterista, i Gentleman. Al mio posto arrivò Pupo Longo. E il gruppo cambiò nome e diventò i New Dada. Che nel 1965 furono tra i musicisti che aprirono il concerto dei Beatles al Vigorelli di Milano. Ogni tanto ci ripenso. Ma non recrimino nulla: dovevo pensare alla famiglia”.
Negli anni dopo si rifece entrando al mitologico Derby, tempio del cabaret milanese. È tutto vero quel che si racconta intorno al posto?
“Tutto verissimo. Una gabbia di matti fantastica. Ci entrai come musicista, quando mi dissero che si faceva cabaret io manco sapevo cosa fosse, pensai al cabaret delle paste, anche perché il mio lavoro era vendere brioche. Ma fui subito rapito dalla magia di gente come Paolo Villaggio, i Gufi, Cochi e Renato, Jannacci. Prendevo 5 mila lire al giorno, anzi, a notte: lavoravo dalle 21 alle 4.
Il gestore si chiamava Gianni Bongiovanni, e io ne facevo l’imitazione, tutta borbottii e frasi sconnesse. Finché mi beccò e mi gettò sul palco ordinandomi di ripeterla. E lì incominciò tutto. Il vero problema con quel periodo è che gira una famosa foto di molti di noi, ci eravamo soprannominati Gruppo Motore. Ogni tanto la riguardo e vedo che la lista dei morti si allunga”.
Tra i vivi c’è ancora Teo Teocoli, con cui ha fatto coppia per anni, litigando sul palco in modo straordinario.
“Ma litigavamo anche dietro le quinte, e lì c’era poco da ridere. Ci menavamo spesso: Teo è un prepotente. Ma siamo sempre amicissimi”.
Con Teocoli arriviamo alla tv. Tra i suoi personaggi c’era il conduttore di tg Max Cipollino, quello che esordiva con “Cari Grant, Cari Cooper, cari Baldini” e poi dava notizie surreali”.
“L’ispirazione me la diede una tv locale che nel tg dava noiosissime notizie di quartiere a Milano. Però in fondo ho anticipato di anni Striscia la notizia”.
derby club Ernst Thole Diego Abatantuono Enzo Jannacci Mauro Di Francesco Giorgio Porcaro Massimo Boldi e Giorgio Faletti
Quanto al cinema, inevitabile pronunciare il cognome De Sica.
“Non c’è nessun problema, siamo sempre stati amici. E per sempre intendo dal 1972, quando conobbi Christian che era ancora solo il figlio di Vittorio De Sica. Era un ragazzotto decisamente sovrappeso, ma elegante e bravissimo a fare il crooner alla Sinatra. Poi ci perdemmo di vista finché non iniziammo a fare panettoni filmici. E il resto si sa”.
Nel suo curriculum ha anche una candidatura alla Camera col Psi nel 1992. Programma elettorale: portare il mare a Sondrio.
“Vero, ma non mi elessero, e Sondrio è ancora in montagna. Mi ero candidato solo per fare piacere a un grandissimo amico, Bettino Craxi. Ma meglio se mi hanno trombato: era già scattata Mani Pulite”.
E la politica adesso la segue?
“Sì e dico che l’Italia di adesso mi piace: forse le cose stanno iniziando ad andare nel verso giusto”.
È vero che ha conosciuto anche Papa Francesco?
“Una mattina sono andato in Vaticano alle 6 di mattina, celebrava davanti a nemmeno venti persone. Tutti avevano un regalo per lui, tranne io. Mi scusai: “Santo Padre, non le ho portato nulla. Solo il mio cuore”. E lui: “Questo è il più bel regalo che potevi farmi”. Poi mi ha benedetto”
Cosa resta da dire? Forse solo del Milan.
“Per come è andata questa stagione non ho nulla da dire. Ma resto tifosissimo: mio nonno Mario nel 1899 è stato tra i fondatori del club”.
E allora chiudiamo passando da un avo agli eredi. Ne esiste uno suo, artisticamente parlando?
“No. L’unico mio erede sono io”.
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