Estratto dell’articolo di Adriana Marmiroli per www.lastampa.it
Sono passati esattamente 50 anni da quando con il marito Gianni Morandi, Laura Ephrikian apparve in un breve filmato pubblicitario in cui insieme promuovevano convintamente il no al referendum abrogativo della legge sul divorzio. Lui era il cantante forse più popolare d’Italia e lei un’attrice molto nota ma che, diventata moglie e mamma, aveva lasciato le scene. Oggi è a Torino per presentare il libro che ha scritto, Ephrikian. Una famiglia armena (edizioni Spazio Cultura). […]
«Ero molto coinvolta e convinta (e anche Gianni). Andavo anche alle manifestazioni, pur cercando di non farmi notare, per non imbastardire con la mia notorietà quella battaglia. Ma è pur vero che è per via della nostra popolarità che fu importante quello spot: spiegavamo perché votare no, Gianni anche come compilare la scheda. Pensavo che giovasse a tutti, ma alle donne in modo particolare: erano loro prigioniere in casa, vittime di un matrimonio infelice, di un marito assente.
Molte poi temevano di essere abbandonate per via della legge, mentre invece veniva loro data la possibilità di scegliere e una tutela economica. L’amore può finire, e per i figli è un bene se il rapporto resta civile, non compromesso dall’obbligo della convivenza. Conoscevamo troppe coppie che vivevano quella situazione drammatica: andava sanata».
gianni morandi e laura efrikian nello spont per il referendum sul divorzio
Quel film, dove sembrate la perfetta famigliola felice, è del 1974: nel 1977 vi sareste separati anche voi. […] Si disse che in realtà eravate già in crisi. Qual è la verità?
«Lottavamo per la legge, punto e basta. La nostra posizione non aveva niente a che vedere con noi e la nostra storia. In quel momento era appena nato Marco e non pensavamo certo a una separazione: eravamo davvero la coppia felice che si vede. Ma la nostra logica (e quella di molti che votarono a favore) era che si fosse importante lasciare alla gente la libertà di scegliere della propria vita. Sul divorzio come sull’aborto, oggi rimesso in dubbio: riguarda le donne che devono poter decidere di sé. Assurdo quello che si dice: la parola uccidere rispetto all’aborto non esiste. Sinceramente non capisco questi arretramenti».
Cosa vi portò al divorzio? Per gli italiani fu uno choc.
«Ripeto: era fondamentale mantenere un buon rapporto tra noi. La nostra separazione fu quindi molto civile e pacata. Fui io a volerla. E per motivi non solo legati a Gianni ma soprattutto molto miei. Avevo 40 anni ma non una mia vita. Avevo lasciato tutto – il lavoro d’attrice che andava benissimo e amavo, la scrittura e la pittura – per amore e per la famiglia. Ma ormai mi sentivo intrappolata: perché una donna deve rinunciare a sé stessa? Perché un marito non deve condividere certi compiti domestici?
Può capitare per reazione, che in certi momenti, si abbia voglia di dare fuoco a tutto. Ma a gente famosa come noi è impedito: la casa piantonata dai paparazzi, le copertine dei giornali con le foto della “coppia più bella del mondo”, il “divo della canzone” e la “fidanzatina d’Italia”. Quanto odio quella definizione che ancora mi perseguita. Rivendico “nonna d’Italia”».
Una volta separata, le riuscì di dedicarsi alle sue cose?
«Ho ripreso a recitare, anche se adesso lotto con lo stereotipo della vecchia madre malata di Alzheimer: fatemi fare una nonna hippie, vi prego! Dipingo. Scrivo».
[…] Negli anni 70 l’Italia ha conosciuto un momento di cambiamenti profondi: divorzio, aborto, diritto di famiglia... Cosa è cambiato secondo lei in materia di diritti civili?
«Gli italiani siano diventati egoisti. Lo vedi da come va in politica. Io sono stata in Africa per aiutare e mi fanno sentire una mosca bianca. Ci si è rinserrati in casa e non apriamo le finestre sul mondo».
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