“LINUS ERA UN MIO DIPENDENTE” – CLAUDIO CECCHETTO SVELENA SULL’ATTUALE DIRETTORE ARTISTICO DI “RADIO DEEJAY”, CHE FONDO’ LUI NEL 1982 E CHE VENNE COMPRATA, NEL 1995, DAL GRUPPO L’ESPRESSO DI DE BENEDETTI: “COMINCIARONO A CAMBIARE LE REGOLE DEL GIOCO. LA LORO MISSION ERA FARE UN SACCO DI PUBBLICITÀ E FATTURARE” - "A QUELLE CONDIZIONI NON POTEVO RIMANERE. LINUS DECISE DI RESTARE, SCELSE DI STARE DALLA PARTE DEL PIÙ FORTE"

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Estratto dell’articolo di Enea Conti per www.corriere.it

 

albertino claudio cecchetto linus albertino claudio cecchetto linus

Lo scontro tra Claudio Cecchetto e Linus, rispettivamente il fondatore di Radio Deejay nel 1982 e l'attuale direttore attuale artistico dell’emittente, è esploso in diretta.

 

Precisamente quando, nella trasmissione «Deejay chiama Italia», condotta in tandem con Nicola Savino, Linus ha definito «poco interessante» il docufilm sulla carriera di Claudio Cecchetto andato in onda il 20 dicembre su Rai1 - «People from Cecchetto», così si chiama - che passa in rassegna tutti i talenti da lui scoperti in passato, diventati ora volti noti del panorama musicale e televisivo italiano. […]

claudio cecchetto linus claudio cecchetto linus

 

Claudio Cecchetto, come ha reagito quando ha ascoltato le parole di Linus?

«A tutti i genitori auguro di avere un figlio come il mio. Le parole di Jody non sono una difesa d’ufficio: quando ho letto quello che ha scritto sono stato fiero e orgoglioso di essere suo padre. Lui crede per davvero a quello che dice.

 

E immagino che qualche genitore, in qualche modo, mi abbia invidiato. Se i miei figli, perché anche Leonardo è in gamba esattamente come Jody, sono cresciuti bene dico anche che il merito maggiore è di Mapi Danna, mia moglie, la loro madre».

 

linus claudio cecchetto jovanotti linus claudio cecchetto jovanotti

Nel 1995 la «sua» Radio Deejay viene acquisita dal Gruppo L’Espresso ovvero da De Benedetti. E cambiano un sacco di cose.

«Linus era arrivato nel 1984. L’ho assunto io e lo sottolineo. Linus era un mio dipendente. Nel 1995 arrivò il Gruppo L’Espresso con Carlo De Benedetti. Di fatto erano i miei antagonisti. Quando acquisirono al 50% la Radio, cominciarono a cambiare le regole del gioco. La mia mission era duplice, guidare la radio numero uno in Italia da una parte, scoprire e lanciare talenti dall’altra, ma nel complesso era di matrice artistica.

 

JODY CECCHETTO JODY CECCHETTO

Quella dell’Espresso, ovvero dei miei antagonisti, era fare un sacco pubblicità e fatturare. Radio Deejay era la mia radio fondata con i miei soldi, era ovvio che a quelle condizioni non potevo restare. In questo quadro come capita spesso quando cambiano le proprietà Linus decise di restare, divenne dipendente del Gruppo L’Espresso. Scelse di stare dalla parte del più forte. Ma non voglio alimentare un dualismo inesistente ancora oggi dico che i miei antagonisti erano L’Espresso e De Benedetti». […]

 

Linus ha alluso al fatto che il documentario «People from Cecchetto» abbia avuto un basso share. Lei come la pensa?

«Ma chissenefrega degli ascolti. Per me è stato come vincere l’Oscar, ero in prima serata su Rai 1. Quando sono entrato in Rai c’era l’indice di gradimento e non l’Auditel. L’indice di gradimento per me è ancora il metro di giudizio più valido. E quello del documentario è stato molto alto. […]».

 

claudio cecchetto claudio cecchetto

Quindi era un documentario anche sulle origini di Radio Deejay?

«La Deejay’s Gang, che fondai io in radio, era un laboratorio di idee. Gerry Scotti, Jovanotti e Fiorello si scambiavano pareri, opinioni e visioni all’inizio della loro carriera. Il documentario era soprattutto su questo gruppo di persone che, come dicevo, hanno fatto strada e anche oggi contano tanto. Quindi a Linus dico che ha sminuito tutta questa gente fantastica. E c’è un altro motivo per cui dico che l’Auditel per me non conta».

 

Cioè?

«Sa qual è uno dei complimenti che più mi sono piaciuti e che ho ricevuto in questi giorni?».

 

Prego.

«Non cito il nome della persona che me li ha fatti ma riporto le esatte parole. “Claudio la cosa più bella del documentario è questa: non sembrava la Rai"». […]

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