Dagorecensione a N.Ammaniti “La vita intima”, Einaudi
Le paginate sui giornali, vabbé, quello è uno scambio di amicizia come il Premio Strega al Veronesi di turno. Ma quando l’ho visto una sera al Tg1 delle 20 a presentare il suo libro mi sono detto: “Caspita, devo guardarci dentro. Se il marketing della fu Einaudi è riuscito a imporre a dei giornalisti che non ne hanno nemmeno letto una riga una intervista di 45 secondi al figlio del celebre psichiatra Massimo Ammaniti sul suo nuovo libro, bisogna vederlo!”. Ci abbiamo tentato per voi, non siamo arrivati alla fine e abbiamo saltato qualche pagina. A ogni riga la nostra vita interiore o intima (anche noi ne abbiamo una) diceva: ma perché stai a perdere tempo con ‘sta roba qui?
Comunque, il romanzo “La vita intima” è questo: Maria Cristina, 42 anni, ex modella ha ovviamente una giovinezza di tragedie che le consente di presentarsi con la consueta lagna con la quale oggi ogni donna si presenta sui giornali. Faccio qualche esempio da ieri: Chiara Ferragni: “Noi donne lasciate sole durante il parto, anch’io ho rischiato”;
Beatrice Rana, 29 anni star della musica classica alla Scala: “Per farmi conoscere sono dovuta andare in Canada, crescere al sud implica avere minore accesso”; Anonima: “Trent’anni fa Domingo infilò la sua mano nella tasca posteriore dei miei pantaloni”, che memoria, signora mia!
Le tragedie di Maria Cristina sono queste: la madre è morta quando era ancora bambina, un fratello è morto durante un’immersione in Grecia e in primo marito (uno scrittore, ma va là!) è pure lui morto durante un incidente stradale. Al netto di tutte queste esequie, però, la “sfortunata” Maria Cristina non vende pesce all’ortomercato bensì è la moglie del primo ministro, un po’ in crisi con il suo partito, una specie di Pd diciamo. Ha poi una figlia adolescente Irene, il proletario amico d’infanzia Luciano (“tondo e irsuto come un panda”) e vagonate di parrucchieri (hair scluptor o hair stylist, boh), ristoratori, yoga center, hospitality e varia vita da pariolina che Alberto Sordi c’avrebbe fatto ridere mentre Ammaniti cerca la discrasia (si dice così, no?) tra questo apparire della first lady e, poverina, la sua vita interiore. In effetti il mondo è pieno di questi hair scluptor e vari venditori di fuffa che nemmeno nel paese dei balocchi di Pinocchio se n’era vista “così tanta, ch'io non avrei mai creduto che morte tanta n'avesse disfatta”: ma questo è T.S .Eliot e lo capiscono tutti che non è Ammaniti!
Veniamo al dunque: il video revenge porn che l’amico Nicola Sarti fa ritrovare a Maria Cristina. La scena è questa: Nicola si allunga tra lenzuola sporche, con scatole di wafer in giro, costumi bagnati, carte della pizza e vaschette di gelato nel letto. Sistema l’obiettivo per riprendere Maria Cristina “nuda, piatta come una tavola”. Il passo è fondamentale per la Weltanschauung ideologica, perché da giovane Maria Cristina è “piatta come una tavola”, ma più avanti con gli anni deve essersi rifatta le tette perché Ammaniti scrive: “Lo stringe appena temendo che avverta la consistenza sintetica del seno”. Ma continuiamo con la scena porno-soft.
Prima della porno-ripresa si passano la birra “come per infondersi coraggio”. Poi si rotolano tra le lenzuola in quella “penombra asfittica”, lei gli passa le dita tra i capelli e lui, frettoloso, “gettando sguardi in macchina, le spinge la mano verso l’inguine. Lei la lascia un po’ lí, come dimenticata, poi gli prende l’uccello in mano e comincia a masturbarlo. Il pene fatica a crescere e il volto di Nicola Sarti appare e scompare dietro le scapole magre di Maria Cristina, che offre la schiena e le sue intimità all’obiettivo.
Lui le sussurra qualcosa di incomprensibile indicando la telecamera, facendole segno di girarsi. Maria Cristina è scossa da una risatina nervosa, come indecisa, poi si mette in piedi sul materasso, il collo piegato per non sbattere contro la tuga, si gira, pianta per un istante gli occhi dentro la macchina, si abbassa e si accoccola su di lui nascondendolo. Adesso nell’inquadratura ci sono le piante dei piedi sporche di briciole, le cosce e il pene finalmente eretto di Nicola Sarti.
Maria Cristina si passa i capelli dietro l’orecchio per non nascondersi all’obiettivo e guardando in macchina glielo prende in bocca”. Di tutta questa scena la parola che mi ha colpito è stata tuga, che è un termine nautico, che non c’entra niente con il resto del linguaggio. La tuga in una imbarcazione è la parte rialzata rispetto al piano di coperta al fine di aumentare l’altezza in cabina. Ma se uno usa il termine tuga, allora, anziché “prenderlo in bocca” avrebbe dovuto scrivere, che so, “esegue una fellatio, ovvero una pratica di sesso orale che consiste nella stimolazione del pene tramite la bocca”.
Tutto il testo è scritto con un lessico oscillante tra parlato banale, termine copiato da Wikipedia e termini tecnici e zeppo di metafore che fanno ridere. Prendiamo a pag.41: “Lentamente, come una libellula che si libera dell’esuvia, Maria Cristina allunga le gambe sopra il piumone e spalanca le braccia cercando di fare il punto sulle sue condizioni di salute. Lo stomaco non male, ma ha gli elettrodi di Frankenstein avvitati nelle tempie”. Dicasi esuvia (Ammaniti l’avrà cercato come noi su Wikipedia) “lo strato superficiale del tegumento, che durante la muta di alcuni animali si stacca sotto forma di membrana”: ma si può usare un termine così in un romanzo?
Quanto al resto dev’essere un omaggio a Mary Shelley. Andiamo avanti: “Un essere ovoidale si affaccia dalla porta. Le spalle sono così spioventi che la testa pare avvitata direttamente sulle scapole. I capelli prosperano come un cespo di scarola. La barba dura come nylon si arrampica oltre gli zigomi”: ma che comparativi anatomici sono? I capelli come un “cesto” di scarola? Forse ceppo di scarola. Il nylon, più che duro è resistente. Le scapole stanno dietro. Ma… Ancora: “Si tira su i pantaloni. Le chiappe, invecchiando, hanno traslocato nel ventre adagiato come un marsupio sul pube”: le chiappe cadenti possono andare a coprire il ventre? Su, un minimo di anatomia. E poi, si sta parlando di un uomo: il marsupio è solo delle femmine di mammiferi. Vabbé l’omaggio al gender fluid ma…
Parlando della giornalista Mariella Reitner (una specie di Fallaci) la descrive così: “vista al naturale la donna sembra un orcio pugliese dotato di vita. Non supera il metro e sessanta, una dermatite seborroica le copre la schiena e le braccia e sessant’anni di abusi di grassi saturi, zuccheri, alcol l’hanno erosa come il pilone di un molo, la pelle ha un colorito malsano”. Anche qui c’è il reato di abuso di metafora: “dermatite seborroica” è un termine da esame dermatologico, l’orcio pugliese non ha una sua forma univoca tale da far identificare la figura della giornalista che vuol descrivere e su un pilone in acqua si depositano microrganismi e alghe… come si fa ricondurre questa immagine a quella di una donna che ha assunto molti zuccheri?
Quando poi siamo arrivati al premier che avrebbe una amante chiamata Gilardoni, ma è una voce messa in giro da uno che non è stato nominato ministro…vabbé, ho lasciato perdere e sono tornato alla realtà. Su queste cose ci informa quotidianamente Dagospia che è meglio di un romanzo di Ammaniti.
niccolo ammaniti LO PSICHIATRA MASSIMO AMMANITI NICCOLO AMMANITI